Eritrea: dall’Italia non vogliamo soldi, ma investimenti

Intervista al consigliere del presidente eritreo in visita a Roma

LUG 3, 2017 -

Roma, 3 lug. (askanews) – L’Eritrea non vuole “i soldi dell’Italia, non vuole assistenza, nè aiuti”, ma “investimenti italiani”, perchè “siamo sempre stati la via di ingresso per l’Italia nel Corno d’Africa e noi crediamo ci siamo moltissime opportunità per le aziende italiane, non solo di lavorare nel mercato eritreo, ma anche per insediarsi in Eritrea e poi espandersi nel Corno d’Africa e nei Paesi del Golfo”. E’ quanto ha detto ad askanews Yemane Gebreab, consigliere del Presidente eritreo, durante una visita a Roma.

Nel 2014, l’ex viceministro agli Esteri italiano Lapo Pistelli era stato in visita ad Asmara per “attivare un cammino di cooperazione su tutti i settori di reciproco interesse” a fronte del massiccio arrivo di migranti eritrei sulle coste italiane. Ma secondo le autorità eritree, una volta uscito di scena Pistelli, “si è fermato tutto”. Lo scorso ottobre il ministro degli Esteri eritreo, Osman Saleh Mohammed, aveva detto ad askanews: “Stiamo collaborando con l’Ue, con la Germania e altri Paesi europei, ma non con l’Italia … l’Italia non vuole collaborare con l’Eritrea e non sappiamo perchè”.

Per arginare la fuga dei propri giovani dal Paese, il governo eritreo ha puntato sulla creazione di occupazione, chiedendo su questo il sostegno dell’Europa. Nel gennaio 2016 l’Unione europea ha annunciato aiuti da 200 milioni di euro a favore dell’Eritrea nella lotta alla povertà e per lo sviluppo socio-economico del Paese, attraverso l’11esimo Fondo europeo di sviluppo (Fes) del periodo 2014-2020. Nel settembre 2016 le autorità eritree hanno firmato un protocollo di cooperazione con la Germania volto proprio a creare opportunità di lavoro per i giovani attraverso la formazione professionale; e nel dicembre 2016, attraverso il Fondo Africa creato a Malta nel 2015, l’Ue ha stanziato 13 milioni di euro, a cui Berlino ne ha aggiunti altri tre, per un progetto volto a sostenere lo sviluppo di piccole e medie imprese attraverso corsi di formazione dedicati ai giovani.

Se nel 2015 sono stati oltre 36.000 i migranti eritrei arrivati sulle coste italiane, dall’inizio del 2017 al 30 giugno scorso il ministero dell’Interno italiano ha registrato 2.690 eritrei. “I numeri di arrivi di eritrei stanno calando drasticamente grazie ai cambiamenti in atto all’interno del Paese – ha detto Yemane – ma per noi, che siamo un piccolo Paese, qualsiasi numero di eritrei voglia lasciare il Paese è troppo grande, anche se si tratta di piccoli numeri”. Se i numeri sono calati, ha aggiunto, è perchè “stiamo offrendo ai giovani corsi di formazione, la situazione lavorativa sta migliorando, l’economia sta crescendo e inoltre i giovani stanno prendendo consapevolezza della situazione in Europa. Prima pensavano che la vita in Europa fosse facile, che avrebbero avuto successo, ma ora sanno che la vita in Europa è difficile, che si trascorrono mesi e mesi in centri di accoglienza”.

“Noi vogliamo promuovere investimenti italiani in Eritrea, vogliamo che imprenditori italiani vengano a lavorare in Eritrea, vogliamo che gli italiani vengano a visitare l’Eritrea in numeri più consistenti, vogliamo che professionisti italiani vengano in Eritrea – ha detto Yemane – noi non siamo interessati ai soldi dell’Italia, non vogliamo assistenza, nè aiuti. Quello che vogliamo è sviluppare una partnership che faccia tornare l’Italia nel Corno d’Africa e nel Golfo in modo massiccio. E il punto di ingresso naturale per l’Italia è l’Eritrea. Questo è quello che stiamo cercando di promuovere in termini di idea, di modo di pensare. E non vogliamo parlare solo con il governo, ma anche con la società italiana, con il mondo imprenditoriale, con il mondo accademico”.

Yemane ha infatti ricordato i “rapporti molto stretti tra Italia ed Eritrea, rapporti storici, culturali, tecnologici”, sottolineando che il Paese del Corno d’Africa, colonia italiana fino alla II Guerra Mondiale, vuole “costruire rapporti tra i due popoli, tra i rispettivi mondi universitari, sviluppare ogni forma di cooperazione con l’Italia”. Ma secondo il consigliere del presidente eritreo, “in Italia non c’è ancora consapevolezza di quanto l’Eritrea possa essere importante per l’Italia. E fino a quando non ci sarà tale consapevolezza non credo che cambierà qualcosa” nei rapporti tra i due Paesi.