Amnesty: Mosca complice di rimpatrio forzato rifugiati uzbeki

Rientrati in Uzbekistan sono stati torturati per confessare

APR 22, 2016 -

Roma, 22 apr. (askanews) – In un rapporto diffuso oggi eintitolato “Corsia preferenziale per la tortura: sequestri erimpatri forzati dalla Russia all’Uzbekistan”, AmnestyInternational ha denunciato la collaborazione tra le autoritàrusse e quelle uzbeke in centinaia di casi di rimpatrio forzato,nonostante il rischio evidente che una volta rientrate inUzbekistan queste persone – come poi accaduto – sarebbero statetorturate.

Nei rari casi in cui la Russia ha negato l’estradizione, alleforze di sicurezza uzbeke è stato comunque dato via libera persequestrare in territorio russo persone su cui pendeva un mandatodi cattura. “Le autorità russe non stanno semplicemente chiudendoun occhio di fronte alla tortura e all’ingiustizia in Uzbekistan,ma vi stanno prestando aiuto”, ha dichiarato John Dalhuisen,direttore di Amnesty International per l’Europa e l’Asia centrale.

“La Russia deve mettere fine a questi sequestri e alleespulsioni che violano gli obblighi del paese in materia didiritti umani e deve assicurare che nessuno a rischio di subiretortura sia rimandato in Uzbekistan. Su questo paese deve essereesercitato ogni tipo di pressione per fermare l’uso della torturae assicurare che i processi siano equi e rispettino pienamentegli standard internazionali”, ha affermato Dalhuisen.

Le autorità dell’Uzbekistan invocano abitualmente “la lotta alterrorismo” e il contrasto ad attività “contro lo stato” pergiustificare la violenta persecuzione degli oppositori politici,così come delle voci critiche e di presunti membri osimpatizzanti dei gruppi islamisti. Chiunque entri in contattocol sistema di giustizia penale uzbeco rischia di esseretorturato.

Nel 2013 le autorità russe avevano negato la richiesta diestradizione da parte dell’Uzbekistan di Mirsobir Khamidkariev,un produttore cinematografico e uomo d’affari accusato di averfondato un gruppo islamista illegale dopo che a un incontropubblico qualcuno lo aveva sentito bisbigliare di essered’accordo sul fatto che le donne dovessero indossare il velo.

Tuttavia, nel giugno 2014, Khamidkariev è stato sequestrato etenuto in isolamento totale a Mosca prima di essere consegnatodagli agenti dei servizi di sicurezza russi a quelli uzbeki chehanno poi provveduto al rimpatrio. Una volta in patria, le forzedi sicurezza uzbeke hanno picchiato Khamidkariev per ottenere lasua “confessione”. L’uomo ha perso sei denti e ha avuto duecostole rotte prima di essere posto per diverse settimane incella di punizione dove è stato appeso a una trave a testa in giùe ripetutamente picchiato. Sulla base della sua “confessione”, èstato accusato di estremismo e condannato a otto anni diprigione. Il suo rilascio è previsto nel 2022.

Amnesty International ha riscontrato molti altri casi diprocessi iniqui terminati con lunghe condanne da scontare incondizioni di prigionia crudeli, inumane e degradanti. Negliultimi tre anni, la Corte europea dei diritti umani ha emessoalmeno 17 condanne per trasferimento forzati dalla Russia versol’Uzbekistan.

E’ prassi comune, da parte delle autorità uzbeke, intimidire eminacciare le famiglie per incriminare i loro parenti o perottenere informazioni su dove si trovino. Nel gennaio 2016, ArturAvakian è stato detenuto e torturato per quattro settimane – manie piedi legati, scariche elettriche ai lobi delle orecchie – finoa quando non ha incolpato suo fratello Aramais Avakian, unallevatore di pesci, di atti di terrorismo.

Questi è stato quindi arrestato e, dopo quasi cinque mesi diprigione, condannato a sette anni di carcere per reati diterrorismo. Entrato nell’aula di tribunale in barella, hadenunciato di essere stato torturato fino a quando non ha”confessato” di essere un simpatizzante del gruppo armato “Statoislamico”.

La famiglia e gli amici di Aramais Avakian credono che l’uomosia stato preso di mira perché le autorità volevano prenderepossesso del suo rinomato allevamento di pesci. Spesso, i parentidei detenuti hanno paura di chiedere aiuto agli avvocati o alleorganizzazioni per i diritti umani perché le forze di sicurezzaminacciano di rendere le condizioni di detenzione dei loro cariancora peggiori.

“Le autorità uzbeke sono disposte a tutto per ottenere ilrimpatrio dei loro cittadini affinché affrontino la ‘giustizia’e le autorità russe paiono ben intenzionate ad assecondarle”, hacommentato Dalhuisen. “Sia le autorità uzbeke che quelle russedevono porre immediatamente fine alle torture e ai sequestri eassicurare i responsabili di queste ripugnanti violazioni deidiritti umani alla giustizia”.