Tensione tra Riad e Teheran dopo l’esecuzione dell’imam sciita al-Nimr

Giustiziato con l'accusa di terrorismo insieme ad altre 46 persone

GEN 2, 2016 -

Roma 2 gen. (askanews) – Sale la tensione tra Teheran e Riad dopo l’esecuzione in Arabia Saudita di 47 persone con l’accusa di terrorismo, tra cui l’imam sciita Nimr Baqer al-Nimr. Il governo iraniano ha infatti dichiarato che i sauditi pagheranno “un prezzo alto” per l’esecuzione dell’imam, e Riad ha replicato convocando il rappresentante diplomatico iraniano per protestare contro la dichiarazione giudicata “aggressiva”.A condannare l’esecuzione dell’imam, che nel 2011 aveva guidato le proteste nell’est del regno a guida sunnita, non è stato però solo l’Iran. La rabbia è esplosa anche in Iraq anche in Iraq. Da più parti è stata chiesta la chiusura dell’ambasciata saudita a Baghdad, riaperta dal 15 dicembre. Khalaf Abdelsamad, capo del blocco sciita nel Parlamentoiracheno, a cui appartengono anche il primo ministro Haideral-Abadi e il suo predecessore Nuri al-Maliki, ha dichiarato chel’Iraq deve fare qualcosa: “Abdelsamad invita il governo irachenoa chiudere l’ambasciata saudita, espellere l’ambasciatore egiustiziare i terroristi sauditi nelle prigioni irachene”, silegge in un comunicato del suo ufficio.Anche l’Unione Euopea, per voce di Federica Mogherini, si è detta seriamente preoccupata. “Il caso specifico di al-Nimr solleva delle serie preoccupazioni per la libertà di espressione e il rispetto dei diritti civili e politici fondamentali, che dovranno essere preservati in ogni caso, anche nella lotta contro il terrorismo”, ha dichiarato la responsabile della politica Estera dell’Ue.Amnesty International ha invece parlato di “regolamento di conti politici” in riferimento all’esecuzione dell’imam al-Nimr. “Le autorità saudite affermano di aver eseguito le condanne perpreservare la sicurezza, ma l’esecuzione di al-Nimr fa pensareche utilizzino le condanne a morte per regolare dei contipolitici, con la giustificazione della lotta al terrorismo” hacommentato Luther, sottolineando come si tratti di “un tentativodi far tacere le critiche contro il governo, in particolare inseno alla comunità sciita”.Nessuno tocchi Caino, Ong che si batte contro la pena di morte, ha ricordato a sua volta le 158 condanne alla pena capitale eseguite in Arabia Saudita nel 2015, affermando che si “tratta del primo Paese-boia al mondo, se si considera il numero degli abitanti”. L’esecuzione di massa di 47 prigionieri del 2 gennaioè “un fatto senza precedenti nella storia del Regno Saudita diper sé già mortifera e connotata dalla sistematica violazionedelle norme di diritto internazionale, a partire dai processigravemente iniqui, nel corso dei quali agli imputati spesso non è concesso di avere un avvocato e condanne a morte sono comminate a seguito di confessioni ottenute sotto tortura”.Int9