Banche regionali Usa nella tempesta dopo il caso Svb

Crolli in Borsa nonostante garanzie allargate a tutti i depositi

MAR 13, 2023 -

Roma, 13 mar. (askanews) – Turbolenze e forte volatilità a Wall Street, dove una tempesta ha travolto l’intero comparto bancario, innescata dal fallimento della Silicon Valley Bank seguito a ruota dal dissesto di un altro istituto regionale, la Signature Bank. Due colpi a stretto giro che hanno costretto le autorità, il Tesoro e la Federal Reserve, ad annunciare frettolosamente misure di emergenza per garantire tutti i correntisti, ampliando una copertura che prima sarebbe stata molto più limitata. Ma nonostante le rassicurazioni la vicenda continua a trascinarsi su diverse altre banche Usa finora poco note all’estero, mentre inevitabilmente è finita anche sul tavolo dei ministri delle Finanze dell’area euro, che si sono prodigati in rassicurazioni sull’assenza di contagio in Europa mentre i titoli di molti gruppi bancari Ue hanno segnato a loro volta cali. Sui titoli bancari statunitensi prosegue una dinamica di marcata volatilità e forti pressioni al ribasso. Le più in affanno sono altre banche regionali, con crolli drammatici che si sono solo in parte ridotti nel pomeriggio, come la First Republic Bancorp (-54%), la Western Alliance Corp (-45%), Key Corp (-27%), PacWest (-21%) e la Zions Bankcorporation (-22%). Alcuni dei maggiori titoli del comparto bancario Usa registrano ribassi comunque consistenti, ma meno estremi: -5,09% per Bank of America e -7,24% per Citigroup. La vicenda è ancora da definire nella sua portata e nelle sue effettive cause. Le prime ricostruzioni sembrano indicare che la Silicon Valley Bank sia rimasta vittima delle ricadute indirette della manovra restrittiva portata avanti dalla Federal Reserve, combinata con il moltiplicarsi di dissesti nel segmento dei cripto asset negli ultimi mesi. Questa particolare banca è infatti una sorta di concentratore di conti correnti sia di startup (secondo alcune ricostruzioni di stampa addirittura una di queste aziende su due di tutti gli Usa avrebbe un conto presso la Svb) sia del Venture Capital che sostiene proprio queste avventure imprenditoriali. Realtà spesso molto esposte e sensibili ai criptoasset. Ai prelievi dai conti effettuati nelle settimane scorse da diverse startup dopo il caso Ftx la banca ha risposto vendendo quello che era in grado di vendere rapidamente per reperire liquidità. Ma quando si sono create ulteriori pressioni con un nuovo fallimento di un cripto player (Silvergrade) ha cercato di reperire nuovi fondi annunciando un aumento di capitale, puntando a raccogliere oltre 2 miliardi, ed è scattata una spirale incontrollabile. Sempre secondo le ricostruzioni finora circolate, su cui mancano ancora conferme a livello ufficiale, sia gli operatori di Venture Capital, consapevoli delle esposizioni delle startup, sia molte di queste realtà avrebbero deciso di ritirare di corsa i depositi, per non incappare in un fallimento bancario su cui si sarebbero ritrovati non tutelati, tanto da far defluire oltre 40 miliardi di dollari dai conti Svb nella sola giornata di giovedì. Dopo il contagio alla Signature Bank, domenica a tarda serata è stata diramata una dichiarazione congiunta del segretario al Tesoro Usa, Janet Yellen – che poche ore prima aveva affermato che non vi sarebbero stati salvataggi pubblici – e del presidente della Federal Reserve, Jay Powell – che pochi giorni fa al Congresso aveva assicurato che il sistema bancario Usa era solido e ben capitalizzato – con cui di fatto veniva esteso a tutti i correntisti la piena garanzia dei depositi. Fino a quel momento era stabilito che gli unici che si sarebbero visti pienamente tutelare i depositi erano i correntisti individuali per ammontare massimo di 250.000 dollari. Inizialmente, infatti, la linea delle autorità sembrava essere quella di confermare questa soglia e di lasciar finire tutti gli altri nel calderone di una procedura fallimentare. Ma quando una seconda banca è finita in dissesto e in questo modo si è aperta la prospettiva di una reazione a catena che avrebbe visto fallimenti di imprese titolari di conti correnti, altre fughe di correntisti da altre banche, che sarebbero state a loro volta costrette a svendere attivi per reperire liquidità, Tesoro e Fed hanno deciso di alzare lo scudo, per tentare di spezzare il circolo vizioso e convincere i titolari di conti correnti a non fare mosse precipitose. Il provvedimento è stato accompagnato dalla assicurazione che “nessuna perdita verrà pagata dai contribuenti”. Tesi oggi ribadita dal presidente Usa, Joe Biden. Intanto, tuttavia, la Fed ha dovuto rendere disponibili 25 miliardi di dollari tramite un suo fondo di stabilizzazione, pur affermando che si tratta di garanzie che non ritiene dovranno essere utilizzate. Già la gestione non proprio lineare della crisi è passibile di sollevare dubbi. La stampa più vicina alla componente Repubblicana ha poi rapidamente puntato il dito contro il fatto che si procede a un aiuto generalizzato perché, è l’accusa, molte di queste startup californiane, che dispongono di milioni non garantiti sui conti Svb, sarebbero anche finanziatori rilevanti delle campagne elettorali di esponenti Democratici. La mossa, poi, ovviamente va nella direzione diametralmente opposta alla stretta monetaria combinata alla riduzione del bilancio che la Fed sta portando avanti da mesi. E i tentativi di stabilizzazione e recupero degli indici generali a Wall Street sembrerebbero proprio collegati all’aspettativa che questa vicenda provochi una inversione di rotta, o quantomeno una pausa, della Fed sulla manovra restrittiva. Il rialzo dei tassi atteso la prossima settimana potrebbe essere rimesso in discussione. Questo repentino cambio di prospettive si è riflesso con un brusco calmieramento dei tassi sui titoli del Tesoro Usa, che da poco sotto il 4% di mercoledì oggi sono crollati al 3,50%, segnano il ribasso più marcato dal 1987. Restano diversi interrogativi da chiarire sulla vicenda. Primo fra tutti quale sia la base dello stratosferico aumento proprio di depositi bancari alla Silicon Valley Bank: tra 2019 e 2021 sono più che triplicati fino a sfiorare 190 miliardi di dollari. Guardando all’intero comparto bancario, anche incorporando l’effetto di lockdown e delle restrizioni alle attività imposti a motivo del Covid, che hanno provocato un forte aumento del risparmio, la crescita media sullo stesso periodo è stata del 37%, secondo i dati della Autonomous Research citati dal Financial Times. Un altro elemento da valutare è l’anomala concentrazione di Venture Capital e di startup che hanno fatto sì che la stragrande maggioranza dei conti correnti a Svb non fosse garantita: addirittura il 95%. Questo chiama in causa l’attività di vigilanza bancaria Usa, soprattutto ora che bisogna mettere in campo provvedimenti generalizzati. Per non menzionare la sgradevole circostanza che Svb, pur essendo la 16esima maggiore banca degli Stati Uniti non è stata sottoposta a stress test della Fed, né era soggetta ai requisiti prudenziali previsti dalle regole bancarie di Basilea. Quello che si è appena verificato potrebbe essere visto come il primo bank run digitale che per la sua natura ha colto impreparati i regolatori. E secondo l’ex analista capo sul settore bancario di Morgan Stanley, Oliver Wyman, potrebbe anche fornire elementi sui potenziali rischi che alcuni cripto asset ritenuti più sicuri, come le stablecoin potrebbero accusare in situazioni analoghe di improvvisi riscatti da parte degli investitori. (di Roberto Vozzi).