Crisi morde ortofrutta bio: calo dell’8% ma meno del convenzionale (-14%)

Dati diffusi da presidente Cso Italy. Nel 2021 consumate 339mila ton

NOV 2, 2022 -

Milano, 2 nov. (askanews) – I consumi di frutta e verdura bio tengono meglio rispetto a quelli del comparto convenzionale ma i cali imposti dalla crisi in questo 2022 iniziano a essere un campanello d’allarme per i produttori. A tracciare il quadro è Paolo Bruni, presidente Cso Italy, in occasione di un evento su opportunità e criticità sul mercato del biologico organizzato da Made in Nature, progetto cofinanziato dall’Unione europea e da Cso Italy per promuovere la cultura dell’ortofrutta e del biologico in particolare in Italia, Francia, Germania e Danimarca con una dotazione finanziaria 2,2 milioni per il triennio 2022-2025. “Se mi avessero chiesto come stanno andando i consumi bio all’inizio di quest’anno avrei risposto con convinzione che stanno sostanzialmente andando bene e tenendo abbastanza nonostante gli ultimi due anni: c’è stato un lieve calo nel 2020-21 di 1-2 punti percentuali ma nel settore convenzionale dell’ortofrutta in quegli stessi anni c’è stato un calo 8-10% – ha spiegato Bruni – Oggi però non posso più fare questo ragionamento perchè nel 2022 c’è stato anche nel bio un calo sostanziale che si differenzia in positivo rispetto ai consumi del convenzionale ma anche il bio ha fatto -8%, rispetto al -14% del convenzionale. Meno peggio sicuramente, ma i morsi di questa crisi che sta investendo l’Europa si stanno sentendo purtroppo anche nel biologico”. A livello europeo nel 2021 la Danimarca si è confermata al primo posto nella classifica dei consumi di frutta e verdura biologica con una spesa pro-capite bio che arriva al 13%. I tedeschi ne hanno consumate circa 811mila tonnellate con consumi saliti del 46% dal 2017 al 2021, l’Italia 339mila, il mercato francese invece registra una crescita come quella del convenzionale al +4,9%. “Queste tendenze mostrano un Nord Europa più solido e strutturato rispetto all’Europa orientale e meridionale. Uno scostamento che trova ragione nelle differenze retributive delle diverse nazioni – ha detto Paolo De Castro, membro della Commissione per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale presso il Parlamento Europeo – Stiamo vivendo una fase congiunturale molto particolare in cui si assiste a un boom dei discount, legato alla crisi energetica e al conseguente aumento dei prezzi. Guardando con un occhio più lungo il biologico è comunque destinato a crescere, anche grazie alla nuova Pac che entrerà in vigore a breve e che mira a fornire un sostegno più mirato alle imprese, anche alle più piccole”. Al progetto Made in Nature partecipano anche aziende leader del mercato italiano come Apofruit Italia, Brio, Canova, Ceradini, Conserve Italia e Orogel Fresco, aziende che vedono in una ampliamento dell’offerta di ortofrutta bio una strada da percorrere per cogliere le opportunità di questo mercato, nonostante il rallentamento in corso. Nel merito della attuale congiuntura Vincenzo Finelli, direttore generale di Orogel Fresco, ha sottolineato che “E’ necessario aumentate le superfici coltivate per incrementare l’offerta ma rimangono comunque le difficoltà legate alla contrazione mercato in risposta all’aumento generalizzato dei costi, sia per i produttori che per i consumatori. Sicuramente uno degli obiettivi da perseguire è quello di differenziare l’offerta, anche in base al prezzo, in modo da dare più scelta ai consumatori”. Sulla stessa lunghezza d’onda Paolo Pari, direttore marketing di Canova che nonostante il decremento dei consumi osserva per questo mercato “delle potenzialità inespresse che possono essere risolte con una riorganizzazione dell’offerta, attraverso la creazione di una scala prezzi di prodotti, come succede nel convenzionale. Se rimaniamo concentrati su una sola tipologia, riduciamo la possibilità di scelta in funzione della capacità di spesa del consumatore” Un quadro della situazione europea lo traccia la responsabile marketing estero di Conserve Italia, Sandra Sangiuolo, la quale dal suo “osservatorio” registra “una domanda crescente da parte di paesi come la Polonia o la Romania, ma il livello del reddito medio, al momento, non ci permette di fare un affondo e sviluppare il mercato. I Paesi scandinavi sono da sempre quelli più ricettivi ed evoluti, diverso invece il discorso per il Regno Unito. Una ricerca condotta da Nielsen mostra come gli inglesi non abbiano grande fiducia nel bio ma sono un mercato con un buon potenziale. In Germania invece il consumatore è estremamente attento al prezzo, non per niente è la patria del discount, ma con grande attenzione al bio, per il quale sono disposti anche a spendere di più. Infine la Francia, che è il mercato sul quale abbiamo maggiormente concentrato i nostri sforzi a livello europeo e che risponde in maniera molto positiva”. “Ci troviamo davanti a una situazione molto complessa – ha constatato Bruni – l’auspicio è che ci sia un riequilibrio tra la sostenibilità dei costi e dei ricavi. La forte convinzione che il consumatore ha dimostrato in questi anni verso il biologico riesce a reggere anche rispetto al momento di difficoltà ma è necessario uno sforzo congiunto per rendere i prodotti bio compatibili con le tasche dei consumatori, anche ampliando la gamma dell’offerta differenziandola in base alle diverse possibilità”. E’ chiaro che lo sviluppo del biologico è insito nel più ampio tema della transizione ecologica che va fatta “con gli agricoltori non contro gli agricoltori – ha avvertito De Castro – Sicuramente è stato utile sospendere gli obblighi di messa a riposo del 5% della superficie, così da sostenere le produzioni e ridurre le importazioni extra UE. Ma ora è urgente lavorare sulla proposta di riduzione del 50% medio, entro il 2030, dell’utilizzo di fitofarmaci: se questa è la strada che si intende perseguire, bisogna dare agli agricoltori un’alternativa, mettendo a punto un piano che consenta di usare pratiche sostenibili e riconoscendo il merito al comparto: l’Italia per esempio è il Paese europeo che più ha ridotto l’uso di fitofarmaci”.