Le parole e le espressioni in giro per il mondo quando si parla di soldi

Il glossario messo a punto da Babbel per la Giornata mondiale del risparmio

OTT 18, 2022 -

Roma, 18 ott. (askanews) – Con l’inverno ormai alle porte e il prezzo di elettricità e gas alle stelle, i risparmiatori di tutto il mondo si trovano a dover prestare particolare attenzione alle spese. Eppure, sebbene le questioni finanziarie riguardino tutti e tutte, non sempre è facile discuterne: sono infatti molti i tabù che emergono quando si tratta di soldi, sia in Italia che altrove, e numerosi gli eufemismi e le espressioni gergali che popolano le conversazioni in merito. In occasione del World Savings Day, che si celebra il 31 ottobre, gli esperti di Babbel, azienda per l’apprendimento delle lingue, hanno individuato alcuni dei colloquialismi e delle espressioni idiomatiche che si sentono ripetere più di frequente in giro per il mondo quando si parla di soldi, con l’intento di favorire la comprensione reciproca ed evitare l’insorgere di spiacevoli fraintendimenti. ‘È molto facile incappare in qualche malinteso quando si parla di soldi, specialmente in una lingua diversa dalla nostra, non solo perché si tratta di un argomento delicato e addirittura tabù in molte società, ma anche perché esistono numerosi termini specifici, anche slang, che possono rendere difficile la comunicazione’, ha commentato Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Editor di Babbel a proposito del glossario elaborato dagli esperti di Babbel. Descrivere lo status finanziario proprio o altrui: negli Stati Uniti è considerato scortese, e quasi offensivo, chiedere ai propri amici quanto guadagnino, mentre in Danimarca una sorta di tacita legge morale (la legge di Jante) impedisce a chi è benestante di vantarsene in pubblico. Anche in Italia ‘fare i conti in tasca’ a qualcun altro non è certo ben visto. Eppure sono molte le espressioni di uso comune, spesso di origine popolare, con le quali non è inusuale descrivere lo status finanziario di qualcun altro – o le sue attitudini in fatto di spese e acquisti. Eccone alcune: ‘Auf den Hund kommen’: nei paesi germanofoni si dice che ‘è giunto al cane’ chi è rimasto privo di denaro o chi, in generale, sta attraversando un periodo particolarmente difficile. L’origine di questa espressione è molto dibattuta, ma potrebbe ricollegarsi alla presenza, in fondo ad alcuni bauli di manifattura tedesca usati un tempo per il trasporto e la conservazione di beni alimentari, di un’incisione rappresentante un cane; chi finiva le scorte, dunque, ‘giungeva al cane’. ‘Essere al verde’: secondo alcuni lessicologi, questa strana espressione italiana, che significa ‘essere senza un soldo’, affonderebbe le sue radici nell’antica usanza medievale di fare indossare a chi andava in bancarotta un berretto di colore verde, come segno di pubblico scherno, mentre altri sostengono derivi dalla ‘sala verde’ di un noto caffè padovano, dove ci si poteva accomodare senza consumare. ‘Être dans le rouge’: letteralmente ‘essere nel rosso’, questo modo di dire francese, che sembra in qualche modo richiamare l’italiano ‘essere al verde’, sarebbe per l’appunto connesso al simbolismo legato al colore rosso e, in particolare, alla consuetudine di segnare in questa tonalità i numeri negativi negli antichi libretti di conti e nei vecchi registratori di cassa. ‘Avere le mani bucate’: secondo questa espressione italiana di uso comune, chi ha le mani bucate spende in maniera incontrollata e sregolata, come se, appunto, non fosse in grado di trattenere le monete, avendo dei fori incisi nelle mani. ‘Gastar dinero como si fuera agua’: in Spagna si dice che ‘spende il denaro come se fosse acqua’ chi, non dando il giusto valore al denaro, lo elargisce senza criterio. ‘Flexare’: questo anglicismo, particolarmente amato dai trapper italiani, deriva dal verbo inglese to flex, letteralmente ‘flettere’; tale termine, usato in origine per descrivere il gesto di flettere i muscoli, è divenuto ormai metafora comune dell’ostentazione della propria ricchezza (anche in inglese). Anche monete, banconote e somme di denaro hanno i propri nomignoli. Se non si è a conoscenza del verbo flexare potrebbero sembrare più familiari termini come ‘deca’, che nel gergo giovanile degli anni ’90 indicava la banconota da diecimila lire, ‘carta’, usato per descrivere quella da mille, o ‘testóne’, con cui si designava scherzosamente la cifra di un milione di lire. Con l’introduzione dell’euro molti di questi lessemi sono naturalmente caduti in disuso, anche se alcuni, come il romanesco ‘piotta’, hanno superato la prova del tempo, subendo un processo di risemantizzazione (da centomila lire a cento euro). In altri Paesi, specialmente al di fuori dell’Eurozona, permangono invece alcuni nomignoli curiosi: Lax: in Svezia viene chiamata scherzosamente ‘salmone’ la banconota da 1000 corone, a causa del suo caratteristico colore aranciato. Diego, Juana e Miguelito: in Messico ‘Diego, Giovanna e Michelino’ non sono tre simpatici personaggi di un cartone animato, bensì, rispettivamente, la moneta da 10 e i biglietti da 200 e 1000 pesos. In Argentina, invece, quest’ultimo viene chiamato Luca. Beer tokens: nei tradizionali pub inglesi (e solo in questo contesto) può capitare di sentire nominare i cosiddetti ‘blue beer tokens’ e ‘brown beer tokens’, letteralmente ‘gettoni da birra blu’ e ‘gettoni da birra marroni’. Altro non sono che la banconota da cinque e da dieci pounds, rispettivamente di colore blu e marrone, appunto. Restano invece in uso, anche in Italia, alcuni termini indicanti i soldi in quanto entità generica. Sono molti, ad esempio, i lessemi entrati nell’italiano di oggi per estensione del significato specifico a quello generico, come nel caso di ‘grana’, in origine il nome di una moneta napoletana e siciliana, ‘baiocchi’, monete d’argento diffuse nel Meridione nel XVI secolo e ‘svanziche’ (usato oggi in modo ironico), comuni nel Regno Lombardo-Veneto dell’Ottocento. In altre lingue, e particolarmente nello slang, alcune delle parole che significano ‘soldi, denaro’ provengono, invece, da campi semantici ben più distanti: già dagli anni ’30, nello slang statunitense avere ‘bread’ o ‘dough’, ‘pane’ o ‘impasto’, significa godere di un certo benessere economico. Viene poi chiamata ‘breadwinner’ la persona da cui dipende maggiormente il reddito della famiglia, con un’espressione che richiama l’italiano ‘portare a casa il pane’. In Germania, invece, si dice che possiede ‘carbone’, ‘Kohle’, chi si trova in una situazione finanziaria favorevole; l’espressione ebbe origine nel XIX secolo, quando il carbone divenne un elemento essenziale dell’economia tedesca. Dividere il conto al ristorante; sarà capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di trovarsi in imbarazzo di fronte al conto, non sapendo chi debba pagare cosa (ad esempio, si paga ‘alla romana’ o ‘alla genovese’?). Ma tale sensazione di imbarazzo può venire esasperata se ci si ritrova in un contesto internazionale o in un Paese estero, dove certe consuetudini possono risultare scortesi. Per questo motivo, gli esperti di Babbel hanno raccolto alcuni termini da conoscere per salvaguardare l’armonia a tavola: ‘Going Dutch’: come in una suddivisione ‘alla genovese’, i commensali inglesi che decidono di ‘fare l’olandese’ pagano ognuno esattamente per ciò che ha consumato; secondo l’Oxford English Dictionary, tale espressione, usata in maniera dispregiativa, affonderebbe le sue radici nella rivalità e nell’inimicizia tra inglesi e olandesi nel XVII secolo, durante il periodo delle guerre anglo-olandesi. ‘Pagar a la catalana’: in Catalogna, invece, la suddivisione in parti commisurate al consumo individuale è una pratica considerata del tutto normale; non è dunque da considerarsi altrettanto offensivo se in Spagna si sente dire che qualcuno ‘paga alla catalana’. ‘Hesab? Alman usulü ödemek’ in Turchia, Englizy in Egitto: la frase corrispondente in turco può essere tradotta come ‘pagare il conto alla tedesca’ (anche abbreviata in ‘Alman usûlü’), mentre in quella diffusa in Egitto, dove la divisione del conto è considerato un gesto profondamente maleducato, sono gli inglesi ad essere chiamati in causa. In alcuni paesi asiatici, invece, la consuetudine di pagare ognuno per sé è talmente diffuso da essersi guadagnata addirittura degli acronimi, come nelle Filippine (KKB) o in Indonesia (BSS), entrambe abbreviazioni di frasi traducibili come ‘paga per te stesso’. In alcuni paesi del Centro e del Sud America invece risuonano, a fine pasto, frasi in rima e cantilene, oppure vengono rievocate antiche tradizioni contadine. ‘Hacer una vaca’: in Messico e Chile una pratica previdente vuole che i commensali versino, in anticipo, la propria quota in una cassa comune, alla quale si attinge nel momento del saldo del conto. L’espressione ‘fare una mucca’ deriverebbe dai periodi di transumanza: quando i contadini portavano il bestiame del padrone al pascolo in alta quota, spesso vi rimanevano per molto tempo e si trovavano costretti a sacrificare una mucca per potersi nutrire. Al ritorno, però, i pastori mettevano insieme i soldi per risarcire il padrone e permettergli di comprare un’altra mucca. ‘A la ley de Cristo, cada quien con su pisto’: questa rima guatemalteca è traducibile letteralmente con ‘per la legge di Cristo, ognuno con il suo pisto’, uno stufato a base di verdure tipico del luogo, la cui menzione in questo contesto vale come sinonimo di pasto. ‘Ley de Esparta, cada quien paga lo que se harta’: ai salvadoregni, invece sta a cuore la giurisprudenza spartana: ‘legge di Sparta, ognuno paga per ciò che mangia’. E, infine, per i frequentatori di TikTok: ecco cosa significa ‘my money don’t jiggle jiggle, it folds’ Il pezzo rap ‘Jiggle Jiggle’ fu creato nel 2000, quando, durante una trasmissione radio, il giornalista Louis Theroux sfidò i rapper Mello T, Master P and Q-T-Pie in una ‘rap battle’, uno scontro a suon di rime e barre. Nel brano, remixato nel 2022 dal duo Duke & Jones e diventato virale su TikTok, si ironizza su alcuni dei simboli del benessere economico spesso citati nei testi rap. Ma è soprattutto il ritornello a risultare di difficile comprensione a coloro a cui non è familiare il linguaggio rap. Tuttavia, l’incipit del refrain del brano di Louis Theroux ‘my money don’t jiggle jiggle, it folds’, è presto spiegato: giocando sul topos proprio del mondo del rap dell’ostentazione del denaro, il giornalista comunica che i suoi soldi non vengono sballottati da una parte all’altra, ma si piegano – ossia, essendo ricco, ha in tasca banconote, e non monetine.