Due italiani su 3 pronti a pagare di più i beni davvero sostenibili

Indagine Ipsos in apertura del Salone della Csr e dell'Innovazione sociale

OTT 3, 2022 -

Milano, 3 ott. (askanews) – Italiani sempre più sensibili verso la sostenibilità, e soprattutto sempre più disponibili ad impegnarsi in prima persona e a proprie spese su queste tematiche: in dieci anni la consapevolezza della popolazione del nostro paese sui concetti temi e impegni legati alla sostenibilità è infatti cresciuta in modo esponenziale, passando dall’8 al 37 per cento; e quasi 2 italiani su 3 (il 68%) si dichiarano pronti a spendere di più per un prodotto sostenibile. A dirlo è la nuova ricerca Ipsos “Dieci anni di Csr: un bilancio sul futuro”, realizzata per Il Salone della CSR e dell’innovazione sociale e presentata oggi a Milano in apertura della manifestazione, che celebra quest’anno il suo decennale. L’indagine mostra come in questi dieci anni le persone siano diventate più attente al proprio comportamento e a quello delle aziende, diventando così un importante forza di pressione sulle imprese : non solo il il 68% è propenso a spendere di più per un prodotto sostenibile, ma quasi la metà della popolazione vorrebbe fare di più per comprendere se un’azienda è realmente impegnata nella sostenibilità, ben il 48% rispetto al 38% del 2018. Secondo il campione degli intervistati, con il 53% delle risposte, “nel prossimo decennio saranno i consumatori a contribuire di più allo sviluppo della CSR con le proprie preferenze di acquisto”. La previsione è confermata anche dal mondo delle imprese: un’azienda su due (49%) si dichiara fiduciosa e sostiene che ci sono ancora ampi spazi di miglioramento. Cosa vuol dire essere un’azienda sostenibile oggi? E cosa si attendono i consumatori? L’indagine Ipsos presentata oggi a Il Salone della Csr e dell’innovazione sociale dimostra che le aziende sono passate da un approccio alla sostenibilità destrutturato e occasionale ad uno sempre più sistemico, strutturato e strategico. Basti pensare che dieci anni fa, per definire la Corporate Social Responsibility si usavano le parole Responsabilità, Ambiente e Solidarietà, mentre oggi vengono espressi concetti molto più specifici e precisi come Esg (Environmental, Social, Governance), Climate Change, Diversity & Inclusion. In un decennio è maturata soprattutto la consapevolezza dei dirigenti aziendali (59%), che ha portato alla creazione di divisioni nelle aziende dedicate alla responsabilità sociale. Tutto questo ha permesso alle imprese di definire il proprio impegno nella sostenibilità in maniera che viene considerata più comprensibile al pubblico (+14% rispetto a 10 anni fa). Anche per rispondere alle richieste sempre più specifiche dei consumatori, in particolare quelli più virtuosi, che oggi valutano, nella scelta dei prodotti che acquistano, al primo posto l’impatto ambientale dei prodotti stessi (55%), a cui si aggiungono il rispetto dei lavoratori e delle leggi (22%) e dall’eticità percepita dell’azienda (21%). La sfida è ancora aperta però: secondo gli italiani, oggi, solo il 34% delle aziende nazionali si comporta in modo davvero responsabile. “In questi anni la sostenibilità è passata da un tema di nicchia, per pochi, ad un elemento di diffuso ineresse. – dice Andrea Alemanno, Principal di Ipsos Strategy3 – E le aziende hanno compreso che essere responsabili è qualcosa di più che comportarsi bene, rispettare le leggi, condividere il valore generato. Siamo comunque ancora in una fase iniziale, dove ingenuità ed errori esistono e tutto sommato vanno capiti. Per il futuro è comunque necessaria una maturazione, e questa non può che nascere da miglioramenti continui e soprattutto dal confronto con altre realtà. La Csr del futuro deve essere pensata come un vantaggio sociale e collettivo, non solo come un vantaggio competitivo”. Come si pongono gli italiani rispetto alla sostenibilità? Quanto si mettono in gioco per assumere comportamenti responsabili? Analizzando le risposte degli intervistati, l’indagine individua quattro tipologie di persone: i sostenitori, gli aperti, gli scettici e gli indifferenti. I primi sono i più virtuosi: credono nei valori della sostenibilità e agiscono di conseguenza. Dal 2018 al 2022 sono passati dal 20% al 23%, mentre al contrario gli indifferenti, che dimostrano scarso interesse al tema, sono scesi dal 17% al 14%. Ciò significa che la sostenibilità sta passando dall’essere elitaria, circoscritta, ad essere sempre più diffusa, mainstream. Emergono però anche delle complessità. Il numero degli aperti, ovvero le persone orientate verso comportamenti più responsabili, è sceso dal 50% al 41%, mentre sono passati dal 13% al 22% in quattro anni gli scettici, persone dubbiose che l’enfasi posta sulla sostenibilità nasconda solo finalità commerciali. Dietro questi dati si legge l’allarme che oggi lancia il Salone al pubblico nazionale: più si diffonde il sospetto di green e social washing, meno le persone saranno disposte a fidarsi. E a cambiare. Gender Gap, Climate Change, Sharing Economy, Carbon Neutrality, Energia Rinnovabile. Le parole chiave della CSR di oggi, individuate dalla ricerca Ipsos, tracciano anche le linee guida per il futuro. Secondo aziende e popolazione, i maggiori contributi positivi verranno dati nei prossimi 10 anni dalle istituzioni europee e sovranazionali (58% per le aziende e 39% per la popolazione), oltre che dai consumatori con le proprie scelte di consumo (61% e 53%) e dalle grandi imprese (54% e 52%). Le aziende, inoltre, hanno grandi aspettative per il ruolo che avrà il settore bancario/finanziario con gli investimenti in ESG (58%), mentre la popolazione scommette sull’impegno delle istituzioni pubbliche nazionali (47%), anche grazie ai fondi del PNRR. E se è vero che un’azione individuale concreta per la riduzione dei consumi di energia, gas e acqua è ritenuta necessaria, ben più della metà della popolazione italiana (58%) pensa che fra 20 anni saremo in grado di svilupparci rispettando ambiente e persone. La sostenibilità come pilastro dello sviluppo economico si conferma dunque come una partita in continua evoluzione, come è emerso anche in modo ampio e diffuso all’Università Bocconi durante l’edizione nazionale de Il Salone della CSR e dell’innovazione sociale. Da oggi fino al 5 ottobre si svolgono 102 incontri, con 410 relatori e 270 organizzazioni che approfondiscono con testimonianze dirette e confronti progetti e modelli di sostenibilità concreta. Secondo le aziende intervistate da Ipsos, il Salone è prima di tutto un luogo di diffusione delle conoscenze (per il 69% degli intervistati), ma anche di creazione di sistemi e di contatti (41 e 35 per cento), un’iniziativa a cui si devono lo sviluppo, la crescita e l’evoluzione dei principi della Corporate Social Responsibility (per il 24% dei rispondenti). “Il Salone è stato lo specchio, a volte anche parzialmente il motore, di cambiamenti significativi che hanno riguardato in particolare le imprese – commenta Rossella Sobrero, del Gruppo Promotore del Salone della CSR – Oggi possiamo dire che nelle strategie aziendali parole come competitività e sostenibilità sono sempre più spesso collegate. In questi anni è anche migliorato il dialogo tra i diversi attori sociali, che in molti casi ha innescato connessioni virtuose”. Il Salone della CSR e dell’innovazione sociale è promosso da Università Bocconi, Sustainability Makers, Fondazione Global Compact Network Italia, ASVIS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, Fondazione Sodalitas, Unioncamere, Koinètica. Grazie alla collaborazione con Bureau Veritas Italia, anche nel 2021 il Salone ha ottenuto la certificazione ISO 20121, norma internazionale che definisce i requisiti di gestione della sostenibilità degli eventi.