Aumento dell’offerta di petrolio con il contagocce dall’Opec+

Cartello punta dito su "sottoinvestimenti" (cioè su politiche green)

AGO 3, 2022 -

Petrolio Roma, 3 ago. (askanews) – Aumento dell’offerta con il contagocce da parte degli esportatori di petrolio. Hanno concordato 100.000 barili di greggio al giorno in più a partire da settembre, una soluzione apparentemente di compromesso con cui si è concluso il vertice dell’Opec “Plus”, il cartello allargato ad alcuni dei maggiori produttori non allineati, a cominciare dalla Russia. Un aumento molto modesto, ma comunque un gesto di buona volontà rispetto alle pressanti richieste che sono continuate a piovere nelle ultime settimane, da Stati Uniti ed Europa, per cercare di calmierare le quotazioni. Una mossa che consente a coloro su cui si erano concentrare le pressioni, in particolare l’Arabia Saudita, di poter dire di aver fatto qualcosa. Anche se è tutto tutto da verificare quanto effettivamente le forniture saliranno, visto che già sui rialzi dei mesi passati – molto più consistenti e che dovevano bilanciare i precedenti tagli dell’offerta operati per contenere il crollo delle quotazioni dovuto a lockdown e misure anti Covid – l’attuazione di diversi Stati membri è stata solo parziale. I dati effettivi sull’offerta di greggio sono difficili da monitorare. La decisione potrebbe riflettere la mediazione tra coloro che si erano fatti carico di favorire un aumento, come Riad, e le resistenze di altri paesi, tra cui probabilmente la Russia. I prezzi hanno reagito con una dinamica particolarmente volatile con ripetute altalene. Il barile di Brent, il greggio di riferimento del Mare del Nord nel pomeriggio torna a calare marginalmente a 100,17 dollari. Il West Texas Intermediate cerde circa lo 0,5% a 93,97 dollari. I livelli delle quotazioni risentono anche di tutte le problematiche che si sono create attorno alle forniture di greggio della Russia a seguito delle sanzioni operate da Usa, Gran Bretagna e Unione Europea in risposta all’invasione dell’Ucraina. Sanzioni su cui non sono state trovate grandi sponde nei paesi emergenti e in molti Stati in via di sviluppo. Nel comunicato diffuso al termine della riunione, i paesi dell’Opec+ avvertono che la forte limitazione sulle capacità produttive supplementari “richiede di utilizzarla con grande cautela in risposta a problemi sugli approvvigionamenti”. E non mancano di puntare il dito contro “i cronici sotto investimenti” nel settore petrolifero che – è sottointeso – imputano in ampia misura alle politiche energetiche e “green” dei paesi consumatori: “hanno ridotto le capacità di aumentare l’offerta in tutta la catena di valore”, è l’accusa. La prossima riunione del cartello, presieduto dal neo eletto Haitham Al Ghais, del Kuwait, dopo la recente improvvisa scomparsa di Mohammed Barkindo, si terrà il 5 settembre. Al di là delle considerazioni di natura diplomatica e geopolitica, i produttori potrebbero aver voluto mostrare una parziale disponibilità a fermare l’impennata dei prezzi data la prospettiva di recessione in molti paesi consumatori. Perché questo scenario ovviamente potrebbe implicare cali della domanda e quindi del loro stesso fatturato dall’export di greggio.