Alibaba e i rischi di maxi esodo di società cinesi da Wall Street

FT: scontro su norme contabili, chiede quotazione primaria a Hong Kong

AGO 2, 2022 -

Usa-Cina Roma, 2 ago. (askanews) – Delisting di massa da Wall Street di compagnie cinesi e ri-quotazione sulla borsa di Hong Kong: è lo scenario che sulla scia di quanto sta effettuando il gigante dell’e-commerce cinese Alibaba, potrebbe riguardare altre 200 società del Dragone, in fuga se non cacciate dal mercato azionario statunitense a causa di nuovi obblighi contabili su cui si è aperto un nuovo contenzioso con Pechino. Ne scrive il Financial Times proprio nei giorni in cui le relazioni Usa-Cina tornano a surriscaldarsi a causa del viaggio della presidente della camera Usa, Nancy Pelosi, a Taiwan. Una visita di Stato a cui peraltro i media globali hanno riservato la massima visibilità, mentre i democratici statunitensi sono in affanno con la perdita di consensi in vista delle elezioni Mid Term, con la popolarità dell’amministrazione Biden ai minimi termini. Alibaba ha fatto domanda per avere la quotazione primaria a Hong Kong. E come diverse società cinesi in situaizoni analoghe e si ritroverà quotata unicamente su quel mercato se e quando verrà costretta al delisting da Wall Street, sulla base del diverbio sugli obblighi di rendicontazione presso la Public Company Accounting Oversight Board. Una nuova normativa, approvata nel 2021 impone ispezioni triennali sui registri contabili su tutte le società quotate, anche quelle che hanno parte dei loro titoli trattati su altri mercati. E il congresso Usa potrebbe impartire una accelerazione supplementare su questi obblighi, anticipandoli di un anno, che significherebbe effettuare le ispezioni entro dicembre. In assenza di possibilità di effettuare queste ispezioni le società cinesi inadempienti verrebbero estromesse dall’azionario Usa. Le tensioni geopolitiche di questi mesi rendono improbabile un via libera delle autorità cinesi a questo tipo di revisione, soprattutto in base a questo tipo di approccio che rompe il quadro regolatorio che, di fatto, per gli ultimi 20 anni, ha consentito alle società cinesi di raccogliere capitale negli Usa. In assenza di soluzioni, rileva il FT, società con una capitalizzazione cumulata di 1.400 miliardi di dollari non potrebbero più attingere al più grande mercato finanziario globale. La Cina potrebbe cercare una scappatoia sui mercati europei, in particolare a luglio ha approntato uno schema di collegamenti con il mercato azionario della Svizzera, che consentirebbe a società quotate a Shenzhen o Shanghai di richiedere una quotazione secondaria sul mercato elvetico. Hong Kong infatti non basterebbe a colmare l’eventuale messa al bando da Wall Street. Le trattative con Washington vanno avanti ma al momento non si vedono spiragli. Secondo il quotidiano, che cita fonti finanziarie anonime, Pechino sarebbe anche disponibile a concessioni e soluzioni tecniche per venire incontro alle regole Usa, ma senza spingersi al punto da far sembrare di avere capitolato a livello politico piegandosi a regole imposte dagli Usa. Intanto la possibile accelerazione del Congresso (guidato da Nacy Pelosi) non è altro che benzina sul fuoco.