Ue, concluso il progetto BETKOSOL guidato dalla LUISS University

Il Prof. Aldo Sandulli illustra i risultati del lavoro ad askanews

LUG 26, 2022 -

Ue Roma, 26 lug. (askanews) – Nel gennaio 2021 askanews aveva intervistato Aldo Sandulli, professore ordinario di diritto amministrativo all’Università Luiss di Roma a capo del progetto di ricerca BETKOSOL – finanziato dall’Unione Europea – volto a individuare efficaci strumenti di contrasto alla corruzione e alla frode sui finanziamenti europei. Allora il progetto stava partendo. Giunto ora alla sua conclusione, askanews intervista nuovamente il Prof. Sandulli per un resoconto del lavoro svolto e dei risultati conseguiti. 1) BETKOSOL: cosa vuol dire l’acronimo del Progetto di ricerca di cui lei è stato Principal Investigator? Better Knowledge for Better Solutions. Nella complessa realtà in cui viviamo, soprattutto all’indomani della crisi pandemica, solo lo studio approfondito dei fenomeni, ad esempio la ricostruzione dello stato dell’arte, permette, poi, di governarli (e auspicabilmente verso stabilità, ripresa e solidarietà). Questo vale oggi, e a maggior ragione, per la protezione degli interessi finanziari nazionali ed europei. Si è così avviato il progetto BETKOSOL, ufficialmente il 1° gennaio 2021, per poi rapidamente concludersi il 30 giugno 2022. Un periodo relativamente breve ma denso di eventi per il futuro dell’Europa. Ci siamo inseriti, come gruppo di ricerca, in uno spazio-tempo privilegiato per l’osservazione. Un grazie speciale all’OLAF (l’Ufficio europeo anti-frode) e, quindi, alla Commissione europea per averci finanziato. 2) Quali difficoltà avete incontrato? Beh, sicuramente studiare processi istituzionali e normativi così complessi ha necessitato di un dialogo tra diverse discipline giuridiche e non solo, perché abbiamo avuto anche una importante ruolo giocato dalla ricerca empirica. Quando sono in ballo diversi approcci, non è mai facile. La call a cui abbiamo partecipato era però chiara: studiare la protezione dell’interesse finanziario dell’Unione europea. L’unità dell’oggetto ci ha aiutato a coordinarci, anche tra studiosi provenienti da paesi membri diversi. 3) Chi ha partecipato alla ricerca? Il progetto è stato guidato dalla LUISS University. Diversi altri partner sono stati parte del progetto: principalmente l’Università di Gent (Belgio) e l’Università di Toru? (Polonia). Il team di ricerca ha visto la collaborazione di studiosi provenienti da Italia, Polonia, Belgio e Germania. Inoltre, il progetto ha coinvolto durante le attività di ricerca e disseminazione dei risultati istituzioni europee e nazionali, studenti e rappresentanti della società civile (ad esempio, le associazioni di categoria). 4) Può spiegarmi meglio la metodologia da voi adottata? Il progetto ha adottato un approccio comparativo interdisciplinare, incentrato sulla dualità tra diritto amministrativo e diritto penale. Il gruppo di ricerca ha quindi lavorato in diverse aree teoriche ed empiriche, concentrandosi sul livello UE e su quattro paesi: Belgio, Germania, Italia e Polonia. La scelta dei paesi da studiare non è stata casuale ma si è basata su considerazioni legate alla forma di governo o alla natura dei loro rapporti con le istituzioni europee. Pensi solo alle difficoltà della Polonia: blocco sulle condizionalità relative alla rule of law e, solo alla fine del progetto, l’approvazione del suo piano nazionale di ripresa e resilienza. Si può dire che abbia poi recuperato il ‘ritardo’ tutto insieme, visto che a luglio 2022 non solo ha superato questo scoglio ma ha anche all’attivo la firma dell’accordo di partenariato sui fondi strutturali. Su quest’ultimo punto l’Italia, invece, è ancora indietro: si vedrà questo cosa comporterà in futuro, per un eventuale disallineamento tra fondi strutturali e PNRR. All’epoca dell’application (in piena pandemia, e anzi ringrazio il mio team per il grande lavoro) non era facile prevederlo, ma sicuramente la scelta dei casi si è rivelata paradigmatica delle difficoltà che l’UE, e con essa alcuni Stati membri, stanno affrontando lungo il percorso dell’integrazione. Quest’ultimo processo è in buona parte da leggersi, oggi, sotto la luce delle ‘risorse’ che, oltre che spese, dovranno essere ‘ben spese’. 5) Accennava prima ad una ricerca empirica. Di cosa si è trattato esattamente? Dunque, come le dicevo, abbiamo lavorato sullo stato dell’arte. Questo è stato lo sforzo teorico iniziale, da cui abbiamo tratto molti spunti e nodi critici. Su di essi, avevamo bisogno del punto di vista degli ‘addetti ai lavori’ (autorità anti-corruzione, procuratori, uffici preposti alla gestione dei fondi europei, ecc.). Abbiamo quindi condotto delle interviste semi-strutturate o, con un lessico improprio, dei dialoghi. Ad esempio, abbiamo chiesto agli intervistati se avevano percepito delle differenze nel loro modo di lavorare durante e dopo la fase più critica della pandemia. Risposte interessanti, ma non anticipo troppo, i risultati sono disponibili sul sito BETKOSOL. 4) Qualche anteprima sui maggiori risultati? La ricerca condotta ha permesso di individuare tre principali nodi del complesso sistema di tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea. Il primo nodo attiene alla necessità di un migliore coordinamento tra i vari attori che, a livello europeo (Commissione, Consiglio, BEI, EPPO e OLAF in primis) o nazionale, popolano questo universo. I rapporti più problematici risultano essere quelli verticali, ovvero quelli intrattenuti tra l’ordinamento sovranazionale e i singoli ordinamenti nazionali. Al problema del coordinamento si affianca quello della sovrapposizione delle funzioni amministrative, tra cui l’antifrode, la lotta alla corruzione e il riciclaggio di denaro. Infine, resta ancora da sciogliere il nodo relativo ai controlli amministrativi e alle conseguenti sanzioni applicabili. I tempi per l’attuazione del PNRR, ad esempio, sono – come sappiamo – molto stretti. Un aiuto alle funzioni di controllo potrà allora venire dal processo di transizione digitale in atto e, in particolare, dai sistemi di intelligenza artificiale (IA) e di interoperabilità dei dati. 5) Un po’ di curiosità sulla conferma delle previsioni però rimane: ci sono stati dati che non vi aspettavate? È bene ricordare ancora che il progetto, dalla candidatura alla conferenza finale, si è svolto in un contesto di velocissimo mutamento. Non era quindi facile fare previsioni. Tuttavia, si può affermare come alcuni nodi critici individuati sin dall’inizio relativamente alla protezione degli interessi finanziari dell’UE si siano rivelati tali. Il riferimento è sicuramente ai casi studio, relativi ai fondi emergenziali come RescUE, SURE e i programmi di supporto alle PMI tramite la BEI e il FEIS. In questi settori, l’incidenza delle frodi è stata quasi sempre rilevante e i sistemi di controllo, a livello europeo come a livello nazionale, non sono sempre stati pronti a fronteggiarle. Tra i dati inaspettati, si può sicuramente annoverare un certo scarto tra il dato teorico e quello empirico. Se a livello potenziale tutti gli ordinamenti abbracciano il principio di assimilazione, come emerso dallo stato dell’arte, a livello pratico le istituzioni intervistate hanno evidenziato invece numerosi problemi applicativi e che rendono difficoltosa la protezione effettiva dell’interesse finanziario dell’Unione europea. 6) Sulle ricadute pratiche della ricerca cosa può dirmi? Alla principale ricaduta pratica ho già fatto cenno: consiste nell’aver offerto una ricostruzione sistematica di alcune tra le più recenti novità nel panorama della protezione degli interessi finanziari dell’UE. Il riferimento è, innanzitutto, all’istituzione dell’EPPO e ai problemi di coordinamento con le altre istituzioni deputate al controllo, in primis l’OLAF. In secondo luogo, si tratta dell’avvio del NGEU e, in particolare, del Recovery and Resilience Facility. Per entrambi i processi, la conoscenza dei contesti immediatamente precedenti al loro avvio è fondamentale per poter immaginare soluzioni pratiche ai problemi del futuro: da un lato, quindi, il ruolo e il funzionamento dell’OLAF e, dall’altro, la gestione dei fondi europei già esistenti prima dello scoppio della pandemia. Si tratta, per ricorrere all’acronimo con il quale ho reagito alla sua prima domanda, di better knowledge for better solutions. 7) Le istituzioni saranno in grado di farne tesoro? L’auspicio è che sì, ne facciano tesoro. Le raccomandazioni finali hanno cercato di dare indicazioni di policy basate sulla precedente ricostruzione sistemica dello stato dell’arte, aggiornandolo alla luce delle interviste e dei più recenti mutamenti (ad esempio, in Italia, rispetto alla prima fase di implementazione del PNRR). Alcuni suggerimenti sono di portata applicativa più immediata, ad esempio in termini di trasparenza e pubblicità, altri necessiterebbero di riforme organiche, di cui non è facile stimare gli esiti e i tempi. In particolare, il punto relativo al coordinamento tra le diverse istituzioni deputate al controllo a livello europeo, ma anche in Italia e Polonia, vorrebbe ispirare consapevolezza in quelle istituzioni che possono a loro volta coordinare l’eventuale processo di riforma e sistematizzazione dei controlli e quindi, in particolare, la Commissione europea.