Dopo 2 anni Covid +15% export agroalimentare, boom in Corea e Cina

Rispettivamente +60% e +46%. Dati Forum Agrifood Monitori Nomisma

FEB 22, 2022 -

Agroalimentare Roma, 22 feb. (askanews) – Non solo l’export agroalimentare italiano non è stato frenato dal Covid, ma dopo due anni di pandemia ha messo a segno una crescita vicina al 15% rispetto al 2019, arrivando così a sfondare il muro dei 50 miliardi di euro. E la crescita dell’export agroalimentare made in Italy, in paesi come la Corea del Sud e la Cina, ha toccato addirittura il 60% e il 46% rispettivamente. Salumi, ortofrutta e pasta sono i prodotti del Made in Italy che nel 2021 evidenziano l’incremento maggiore rispetto al periodo pre-pandemico. A fare un bilancio sulle esportazioni agroalimentari italiane dopo due anni di pandemia è il sesto Forum Agrifood Monitor realizzato da Nomisma in collaborazione con Crif, che si è tenuto oggi dalla sede di Bologna in versione digitale. L’export agroalimentare italiano ha registrato, nel 2020 e nel 2021, performance superiori a quelle dei nostri diretti competitor come Francia e Germania, che sono rimaste sotto il 10% (rispettivamente +8% e +5%). “Il 2021 sarà ricordato come un anno straordinario per l’export agroalimentare italiano, grazie ad una crescita che ha coinvolto tutti i prodotti, portando così ad incrementi nella quota di mercato dell’Italia in molti mercati mondiali alla luce di performance superiori a quelle dei nostri diretti competitor”, ha spiegato Denis Pantini, responsabile agroalimentare di Nomisma. Tra i principali mercati di sbocco dell’agroalimentare italiano, Stati Uniti e Canada fanno registrare un aumento a valori del 20% rispetto alla situazione pre-pandemica (2019), in Germania il nostro export cresce del 15%, mentre le variazioni più alte si toccano in Corea del Sud (+60%) e Cina (+46%), sebbene in quest’ultimo paese la nostra quota di mercato continui a rimanere marginale (meno del 2% sul valore delle importazioni agroalimentari totali del paese asiatico). E, a sorpresa, anche nel Regno Unito post Brexit gli acquisti di prodotti alimentari italiani non sono diminuiti, portando ad una crescita della nostra quota di mercato, che dal 5,6% è arrivata oggi al 6,3%, in un trend di riduzione delle importazioni totali di food&beverage. Dopo un 2021 da record, il difficile viene ora, sottolinea Nomisma. Oltre alle tensioni geopolitiche in corso tra diversi paesi nel mondo, le tensioni inflattive che permangono nei costi energetici, di trasporto e delle commodity mettono a rischio il vantaggio competitivo conquistato dalle imprese alimentari italiane nell’ultimo anno.