Una danza patrimonio Unesco: è la Moutya delle Seychelles

Ballo "improvvisato" creato da schiavi africani nel XVII secolo

GEN 11, 2022 -

Turismo Milano, 11 gen. (askanews) – Una danza diventa patrimonio immateriale dell’Unesco: si tratta della “moutya”, la sensuale danza delle Seychelles. La decisione è stata annunciata dall’ l’Unesco su Twitter: la moutya sia affianca così anche agli altri generi musicali già riconosciuti patrimonio Unesco, come il reggae, iscritto nell’elenco due anni fa. Forma di danza creata dagli schiavi africani e portata alle Seychelles nel XVIII secolo, originariamente veniva eseguita intorno ad un falò, nel buio della foresta nel cuore della notte: era nei fatti espressione di resistenza, che permetteva alle persone schiavizzate di condividere la loro sofferenza e cantare le difficoltà che dovevano affrontare, lontano dai loro padroni. Gli strumenti di base erano tamburi di pelle di capra, noci di cocco, triangoli di metallo, pentole e utensili da cucina e la coreografia era semplice e sensuale. I tamburi danno il ritmo e gli uomini tra la folla indicano i vari temi, di solito temi sociali, a cui le ballerine rispondono con toni acuti. Gli uomini e le donne iniziano quindi a ballare a un ritmo moderato che include l’ondeggiamento delle anche e lo scalpiccio dei piedi. I ballerini si avvicinano, ma non si toccano fisicamente, con gli uomini che allungano le braccia mentre le donne arruffano e agitano le gonne in risposta. Simile alle sue controparti dell’Oceano Indiano come la “sega” di Mauritius o la “maloya” dell’isola di Reunion, la “moutya” è stata promossa dalle autorità locali mentre cercavano di forgiare un’identità nazionale creola dopo l’indipendenza nel 1976. Malgrado sia una danza eseguita spontaneamente all’interno delle comunità, ha raggiunto lo status ufficiale nel tempo poiché la sua qualità di improvvisazione ha lasciato il posto a eventi organizzati rivolti ai turisti. Tuttavia nel corso degli anni era stata anche vietata dopo le ore 21 causa del rumore prodotto dai tamburi, divieto abrogato definitivamente nel 2018 quando il Dipartimento della Cultura ha intrapreso la sua missione per far valorizzare la ‘moutya’ come un elemento da inserire nella lista del patrimonio culturale immateriale per l’umanità dell’Unesco.