La Bce tiene il punto sull’inflazione e conferma fine Pepp a marzo

Lagarde: il caro vita salirà ancora ma poi invertirà la rotta

OTT 28, 2021 -

Bce Roma, 28 ott. (askanews) – Bce quasi sotto assedio sull’inflazione. L’istituzione di Francoforte ha confermato l’impostazione fortemente espansiva della politica monetaria, così come l’aspettiva di un calmieramento del caro vita il prossimo anno e di un ritorno a valori inferiori a quelli obiettivo (2%), che però difficilmente si concilia con il quadro attuale, che vede una crescita dei prezzi sempre più in accelerazione nell’area euro. Nella conferenza stampa al termine del Consiglio direttivo, la presidente Christine Lagarde ha anche precisato che si attende che l’attuale piano di acquisti di titoli straordinario, il Pepp, deciso contro la crisi Covid, si chiuda alla scadenza prevista di fine marzo 2020. Sul come si procederà dopo, ha aggiunto, le decisioni verranno prese al Consiglio di metà dicembre. La Bce si trova di fronte al dilemma di una fase di difficile gestione. Da un lato la ripresa più forte del previsto, che pure di recente ha mostrato una qualche moderazione, sta contribuendo a esacerbare le pressioni al rialzo sui prezzi, contro i quali solitamente la banca centrale interviene con decisioni o quantomeno annunci tendenzialmente restrittivi. Dall’altro, però, sembra esserci il timore che qualunque segnale in tal senso potrebbe compromettere un quadro di recupero che resta delicato e soggetto a rischi al ribasso. E a riprova della sensibilità del tema, la reazione sui titoli di Stato agli annunci sulla conferma dello stop al Pepp a fine marzo è stata evidente. In serata i rendimenti dei Btp decennali risultano in rialzo all’1,03% e lo spread, il differenziale rispetto ai tassi dei Bund è salito a 116 punti base. Il tutto tenendo presente l’aspettativa, appunto, che il prossimo anno la fiammata inflazionistica andrà svanendo. Ma si tratta di una ipotesi che la Bce fatica a sostenere quando il caro vita medio dell’area euro ha raggiunto il 3,4% a settembre, peraltro con casi anche più marcati: in Germania ha raggiunto il 4,5% a ottobre e in Spagna addirittura il 5,5%. E infatti l’argomento è stato quello maggiormente oggetto di domante. Intanto resta tutto invariato sulla politica monetaria. Oltre alla dotazione del Pepp – e anche qui, sul che fare se a scadenza avanzerà qualcosa, posto che di 1.850 miliardi previsti ne sono stati usati 1.459, si deciderà a dicembre – la Bce ha anche ribadito la tolleranza su “un periodo transitorio” in cui il caro vita si collochi “moderatamente al di sopra” dell’obiettivo del 2%. E che continua ad attendersi che i tassi di interesse di riferimento (che essa stessa stabilisce in piena autonomia) “si mantengano su livelli pari o inferiori a quelli attuali finché non vedrà l’inflazione raggiungere il 2% ben prima della fine del suo orizzonte di proiezione e in maniera durevole per il resto dell’orizzonte di proiezione”. Tassi che così restano inchiodati ai minimi storici nell’area euro: la Bce ha confermato a zero il livello sulle operazioni di rifinanziamento principali, allo 0,25% il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale e al meno 0,50% il tasso sui depositi presso la banca centrale stessa. Alla Bce “ci attendiamo altri rialzi dell’inflazione quest’anno, ma poi una moderazione il prossimo”, ha spiegato Lagarde. Il rialzo riflette una combinazione di tre fattori: i prezzi dell’energia, il fatto che la domanda da riaperture supera l’offerta, e, terzo, degli effetti di base dovuti al taglio dell’Iva in Germania (quello effettuato durante i primi mesi di crisi da lockdown). “Ci attendiamo – ha detto ancora Lagarde – che l’influenza di tutti e tre questi fattori si allenti o vada a calare nel paragone su base annua” il prossimo anno. E “continuiamo ad attenderci che l’inflazione sul medio termine resti al di sotto del nostro obiettivo del 2%”. Nel frattempo l’area euro “continua a riprendersi con forza, anche che se lo slancio della ripresa si è in qualche misura moderato”, ha notato. Ma restano rischi al ribasso e le carenze di materie prime e beni che spingono l’inflazione stanno anche “frenando alcuni settori”. Infine, il caso delle improvvise dimissioni del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann. Ribandendo la stima e il suo dispiacere, Lagarde ha affermato che in nessuna occasione, a lei o altri membri del Consiglio direttivo, il banchiere centrale tedesco ha trasmesso “frustrazione”, come gli è stata attribuita da alcune ricostruzioni di stampa tedesche, per la conduzione della politica monetaria. Weidmann “ha detto che 10 anni sono tanti e che non è un momento sbagliato per voltare pagina. E poi ha parlato di motivi personali”, ha aggiunto Lagarde. Quanto alle ipotesi di un meccanismo di voto ponderato nella Bce, a seconda del peso economico dei Paesi “è un tema interessante ma non è nei trattati Ue e certamente non sta alla Bce cambiarli o dare pareri. Ma rilevo che se ogni Paese ha una voce, ed è ascoltato e rispettato, certamente alcuni membri giocano un ruolo più attivo – ha detto – sulla politica monetaria”. (di Roberto Vozzi).