Biorepack: le bioplastiche driver di sviluppo e sostenibilità

Il consorzio debutta ad Ecomondo

OTT 26, 2021 -

Ambiente Milano, 26 ott. (askanews) – Promuovere il riciclo delle bioplastiche compostabili operando di concerto con tutti i soggetti coinvolti: dai cittadini ai Comuni alle società di servizi fno ai gestori degli impianti di trattamento. Una sinergia che genera benefci per l’ambiente, il clima e l’economia. È la missione di Biorepack, il consorzio fondato da sei tra i principali produttori e trasformatori di bioplastiche in Italia e che arricchirà l’ampia platea degli ospiti di Ecomondo, l’evento di riferimento in Europa per la transizione ecologica e i nuovi modelli di economia circolare e rigenerativa in programma a Rimini dal 26 al 29 ottobre prossimi. “La partecipazione a questo evento rappresenta per noi un’occasione irrinunciabile per presentarci – ha dichiarato il presidente di Biorepack, Marco Versari – Vogliamo far conoscere il nostro lavoro e i nostri progetti a un pubblico vasto ed eterogeneo caratterizzato da una comune sensibilità nei confronti dei nuovi modelli di sviluppo sostenibile. Tra questi, la valorizzazione della frazione umida dei rifuti e delle bioplastiche compostabili rappresenta una strategia essenziale per il mantenimento della salute del suolo, una risorsa, quest’ultima, gravemente minacciata da inquinamento, cambiamenti climatici e sfruttamento indiscriminato”. Istituito a Roma il 26 novembre 2018, Biorepack è il primo consorzio al mondo nel settore del riciclo degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile certifcati UNI EN 13432, quelli cioè che possono essere riciclati assieme alla raccolta della frazione organica dei rifuti e trasformati in compost dopo trattamento industriale. Il suo obiettivo è quello di consentire alla fliera delle bioplastiche la migliore gestione del riciclo organico promuovendo l’adeguato conferimento dei manufatti da parte dei cittadini nella raccolta differenziata dell’umido domestico e la loro corretta etichettatura e riconoscibilità. Il loro riciclo organico consente di creare un terriccio fertile utile per combattere la desertifcazione e l’erosione del suoli e per ridurre le emissioni di gas serra, grazie alla maggiore capacità del terreno in salute di trattenere il carbonio. Il sistema europeo di responsabilità estesa del produttore (EPR) promosso da Biorepack consente alle bioplastiche certifcate di apportare un grande contributo su più livelli: i sacchetti consentono una raccolta efficiente e igienica del rifuto umido, massimizzando i quantitativi recuperati; gli imballaggi per uso alimentare permettono di limitare la produzione di rifuti indifferenziati poiché sono riciclabili direttamente con l’umido; la fliera economica crea sviluppo e occupazione in un Paese come l’Italia dove il settore appare estremamente dinamico. L’estrema dinamicità e i margini di crescita del settore bioplastiche sono stati certifcati dai dati diffusi da Plastic Consult: nel 2020 si contavano in Italia 278 aziende del comparto, contro le 143 del 2012, suddivise in produttori di chimica e intermedi di base, produttori e distributori di granuli, operatori di prima trasformazione, operatori di seconda trasformazione. Nello spazio di otto anni il numero di dipendenti delle imprese del settore è passato da 1.280 a 2.775 mentre il fatturato totale è salito da 367 a 815 milioni di euro con un tasso di crescita media annuale superiore al 10%. Negli ultimi anni, i Comuni italiani hanno intrapreso diverse iniziative volte a favorire il riciclo dei rifuti. Ad affiancarli sono Anci e Conai, che mettono a disposizione delle amministrazioni risorse economiche e materiali di comunicazione. Proprio nei giorni scorsi, le due entità hanno frmato insieme a Biorepack un allegato tecnico che disciplina i criteri di raccolta, trasporto e trattamento di questi materiali insieme alla frazione umida urbana. “Il Consorzio, i Comuni e i soggetti da loro delegati si impegneranno nella promozione della gestione dei rifuti di imballaggio in plastica biodegradabile e compostabile assieme all’umido urbano – sottolinea Gino Schiona, direttore generale di Biorepack – Gli obblighi riguardano anche la massimizzazione del successivo avvio a riciclo organico e la riduzione della presenza all’interno dell’umido urbano di matrici non compostabili. Queste ultime, infatti, penalizzano, e talvolta impediscono, il riciclo degli imballaggi compostabili, facendo aumentare i costi di trattamento a carico della collettività”. Sulla base dell’accordo, per i comuni e gli altri soggetti convenzionati, previste 4 fasce di corrispettivo economico: più sarà elevata la qualità della raccolta, maggiore sarà la cifra riconosciuta.