Carra (Uila): reddito cittadinanza danneggia agricoltura? Falso

Se si fanno proposte di lavoro adeguate le persone lavorano

SET 21, 2021 -

Agricoltura Roma, 21 set. (askanews) – “Se in agricoltura si propone alle persone di lavorare pagati secondo quanto previsto dal contratto si trovano sia gli italiani sia gli stranieri che vogliono lavorare. Bisogna però pagare senza aggirare i contratti di lavoro, anche dal punto di vista della previdenza. Se le cose sono fatte bene conviene lavorare, ma in Italia c’è un problema di offerta di lavoro inadeguata”. Lo spiega in una intervista ad Askanews Giorgio Carra, responsabile Lavoro e previdenza della Uila, in merito alle polemiche rispetto alla ipotesi che percepire il reddito di cittadinanza abbia “disincentivato” alcuni percettori dall’accettare un lavoro a termine nei campi, nei caseifici, nell’industria della trasformazione o in vista della vendemmia. Insomma, nelle attività agricole che vivono anche e soprattutto di lavori stagionali. Questa diminuzione della manodopera si registrerebbe soprattutto al Sud (secondo gli ultimi dati Inps, Campania e Sicilia sono le regioni con il maggior numero di percettori di reddito di cittadinanza, ndr.), ma già ad agosto l’assessore lombardo all’Agricoltura Rolfi aveva lanciato un allarme anche sul Nord Italia spiegando che chi percepisce un reddito di cittadinanza “rifiuta i contratti” e che le aziende sono in difficoltà. Carra spiega che è vero che “il ricorso al reddito di cittadinanza per i braccianti è superiore al Sud rispetto al Nord, sempre tenendo in considerazione che si tratta di una misura che ha requisiti familiari e non personali”. Non ci sono dati precisi al momento, ma secondo il responsabile Lavoro e previdenza della Uila “al Sud tra i circa 450.000 braccianti si potrebbe azzardare che il 25%, ovvero circa 100mila, hanno percepito il reddito di cittadinanza. Naturalmente in quota variabile e anche minima, di 50 o 100 euro al mese”. Secondo i dati Inps la media del reddito di cittadinanza percepita a luglio è stata di 579 euro. Una cifra che non giustificherebbe comunque un no “di fronte a un contratto”. Per Carra “il nodo è la proposta di lavoro adeguata: in agricoltura qualche distorsione si è creata sicuramente e ci sono cose da rivedere nel reddito di cittadinanza in direzione di una maggiore flessibilità, ma la prima distorsione è il continuo tentativo di eludere le norme contrattuali”. Insomma, sulla norma del reddito di cittadinanza “ci sono certamente da fare delle verifiche, ma dire che questa norma, che è una misura di coesione sociale, sta rovinando l’agricoltura italiana, è sbagliata”. Tra l’altro, i braccianti che, pur avendo lavorato almeno 50 giornate nell’anno di riferimento, possono percepire il bonus agricolo da 800 euro, vengono esclusi dal bonus se percepiscono anche solo una quota minima di reddito di cittadinanza. “Una grande ingiustizia da sanare, anche perchè non succede per altri tipi di bonus”, spiega Carra. Il bonus è stato quindi percepito da meno del 50% dei 900.000 braccianti italiani, visto che gli altri nel 2020 hanno lavorato meno di 50 giorni e “120.000 di loro addirittura dichiarano meno di 10 giornate lavorative svolte nel 2020, cosa non credibile”. Al momento, dice Carra ad Askanews, è in corso un dialogo con il Mipaaf per capire se sia possibile ‘spalmare’ il plafond non sfruttato del bonus agricolo tra chi ha percepito il reddito di cittadinanza, non distribuendo il bonus per intero, ma andando ad integrare sulla base di quanto percepito con il reddito di cittadinanza. “E’ stata fatta una richiesta per avere i dati dall’Inps e da parte del Mipaaf c’è una disponibilità a ragionare sulla cosa”. Un piccolo caso sul reddito di cittadinanza c’è, ed è quello dei richiedenti asilo con permesso umanitario. “Queste persone, in attesa di un permesso definitivo – spiega Carra – durante l’iter di verifica dei requisiti per il permesso umanitario possono lavorare regolarmente in Italia. Tutti costoro si sono inseriti in agricoltura e molti di loro hanno fatto domanda per il reddito di cittadinanza, ma senza avere i 10 anni di residenza in Italia”, che sono un requisito indispensabile.