Banche eurozona mostrano tenuta nell’ultimo stress test Eba-Bce

Coefficiente Cet1 resterebbe sopra il 10% in scenario avverso

LUG 30, 2021 -

Banche Roma, 30 lug. (askanews) – Il sistema bancario dell’area euro ha dimostrato la sua capacità i tenuta di fronte allo “scenario molto avverso” previsto nell’ultimo stress test condotto da Eba e Vigilanza della Bce. Un triennio di ulteriori difficoltà, in cui le maggiori banche europee “brucerebbero” 265 miliardi di capitale, vedendo l’esposizione al rischio lievitare di 868 miliardi, ma nonostante questi scossoni manterrebbero complessivamente un coefficiente patrimoniale prudenziale (Cet1) superiore al 10%. Il dato emerge dai calcoli condotti dall’Autorità bancaria europea su 50 banche che rappresentano il 70% degli attivi del settore, tra cui le 5 maggiori italiane (Bpm, Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Mps e UniCredit). Ovviamente la simulazione prendeva in considerazione come scenario negativo quello di un innestarsi di nuovi shock sulla crisi Covid. Gli stress test si basano infatti su due binari: da un lato c’è lo scenario previsionale di base, dall’altro lo “scenario avverso”, pessimistico, che serve appunto a calcolare quali sarebbero i danni a carico del sistema bancario. Questo scenario, che la stessa autorità specifica essere più grave di quello dello stress test del 2018, prevede un ulteriore calo del Pil (dopo quello già avvenuto nel 2020) per 3,6 punti percentuali nell’Unione europea sul triennio sotto esame (2021-2023), con una dinamica particlarmente grave sul primo anno. A differenza di quanto avvenuto in crisi precedenti, le banche europee hanno affrontato quella attuale con una posizione di solidità più forte, tanto che a fine 2020 il coefficiente patrimoniale Cet1 era salito al 15%. Nello scenario di base questa voce si rafforzerebbe ulteriormente, portandosi al 15,8% a fine periodo (2023). Nello scenario avverso, invece, si verificherebbero pesanti ricadute facendo calare il Cet1 al 10,2%, secondo i calcoli dell’Eba, con una perdita pari a 485 punti base. Complessivamente, nello scenario avverso da un lato le banche perderebbero 265 miliardi di euro di capitale, dall’altro l’ammontare totale di esposizione al rischio lieviterebbe di 868 miliardi. Ancora una volta Bce e Eba hanno voluto puntualizzare che queste simulazioni non intendono “promuovere o bocciare” le banche e non prevedono soglie per determinare il superamento o meno dell’esercizio. Ma poi loro stesse usano la parola “test” e al di là della retorica i dati parlano da soli. Generalmente le banche italiane hanno mostrato performance in linea con la media europea. Secondo i disaggregati forniti dall’Eba, Intesa Sanpaolo vedrebbe il coefficiente patrimoniale Cet1 “fully loaded” passare dal 14,04% di fine 2020 al 9,38%, nello “scenario avverso” a fine 2023. A UniCredit la voce passerebbe dal 15,14% si fine 2020 al 9,22% a fine 2023. A Mediobanca dal 14,51% di fine 2020 al 9,73% a fine 2023. Poi ci sta Bpm, che partiva da un livello leggermente più basso: 13,23% a fine 2020 e in cui il Cet1 fully loaded si limerebbe al 7,01% a fine 2023. Infine c’è il caso fuori scala: Monte dei Paschi di Siena, su cui UniCredit ha avviato trattative con il Mef per l’inglobamento, e in cui il Cet1 da un già bassino 9,86% di fine 2020 sprofonderebbe al meno 0,10% a fine 2023. Su questo la stessa banca senese ha voluto precisare che la simulazione dell’Eba è stata effettuata applicando “un’ipotesi di bilancio statico a dicembre 2020, e pertanto non tiene conto delle future strategie aziendali e delle azioni gestionali”. Non rappresenta una previsione degli utili mentre le molteplici misure e strategie in cantiere potranno sostenere i livelli di Cet1. Tornando al quadro generale, la Bce ha rilevato come sebbene all’inizio dell’esercizio le banche godessero di uno stato di salute migliore rispetto a tre anni fa, la riduzione di capitale registrata a livello di sistema è stata maggiore poiché lo scenario ipotizzato era più sfavorevole rispetto a quello adottato per la prova di stress 2018. Per un sottoinsieme di banche, poi, il secondo dei principali fattori che hanno determinato la riduzione di capitale è stato il rischio di mercato. La completa rivalutazione necessaria su molti prodotti finanziari ha costituito da sola la principale determinante del rischio di mercato. Le banche interessate sono state in particolare quelle di maggiori dimensioni, in quanto più esposte agli shock azionari e dei differenziali di credito. Un terzo tra i maggiori fattori di peggioramento è stato rappresentato dalla limitata capacità di generare reddito in condizioni economiche sfavorevoli, poiché nello scenario avverso le banche hanno fronteggiato una diminuzione significativa del margine di interesse, del reddito netto da provvigioni e commissioni e degli utili da negoziazione. In conclusione: il rischio di credito, il rischio di mercato e la capacità di generare reddito sono tre temi cruciali all’attenzione degli esperti di Vigilanza bancaria della Bce.