Stoppani (Confcommercio): per imprese medicina è ritorno a normalità

Con il Covid -130 mld di consumi. Avanti con misure per liquidità

GIU 8, 2021 -

Coronavirus Roma, 8 giu. (askanews) – La crisi economica legata alla pandemia ha duramente colpito il settore del terziario. Sono andati in fumo consumi per 130 miliardi di euro e 1,5 milioni di posti di lavoro. Ora bisogna dare alle imprese la possibilità di ripartire e l’unica medicina è il ritorno alla normalità. Il percorso è lungo e, probabilmente, si chiuderà solo nel 2023. A sostenerlo è il vicepresidente vicario di Confcommercio e presidente della Fipe, Lino Enrico Stoppani, che, in un’intervista ad Askanews, chiede provvedimenti più coraggiosi sul fronte della liquidità, politiche attive per il lavoro e sgravi contributivi per trattenere manodopera in quei settori, come quello ricettivo, che hanno perso più occupati. Quanto alle discoteche, bisogna riaprirle anche per evitare che i flussi turistici vengano deviati verso Grecia, Spagna o Croazia. La pandemia da Covid-19 ha messo in ginocchio il tessuto produttivo del Paese. Qual è stato l’impatto sulle imprese da voi rappresentate? “Il settore del terziario di mercato ha avuto una flessione drammatica in termini di crollo dei fatturati. Parliamo di 130 miliardi di consumi in meno, di cui 107 miliardi, che sono circa l’83%, concentrati in quattro settori: il settore della moda, il settore dei trasporti, il settore del tempo libero e il settore degli alberghi e della ristorazione. Sono numeri spaventosi che riflettono, a loro volta, degli effetti trasversali sui livelli occupazionali. Su una perdita totale nel Paese di oltre 2 milioni di posti di lavori, 1,5 milioni sono stati persi nel terziario. E poi la cosa che più preoccupa è la mortalità delle imprese Parliamo di 110mila imprese di cui 88mila nel commercio e nei pubblici esercizi. Agli spaventosi danni economici si somma l’aumento del fenomeno dei negozi e degli uffici sfitti con un problema che saremo chiamati a gestire nei prossimi mesi e il conseguente effetto della desertificazione urbana. Infine, da non sottovalutare è il rischio dell’infiltrazione della malavita nei settori più deboli e più colpiti dalla crisi”. Come giudicate le ultime misure a sostegno delle imprese messe in campo dal governo Draghi? Cosa chiedete per il futuro? “Va dato atto e merito al premier Draghi, che io definisco un ‘moltiplicatore di qualità’, di aver centrato i suoi due grandi obiettivi di governo. Il primo era un avanzamento del piano di vaccinazioni e i numeri che leggiamo oggi sono assolutamente confortanti. L’altro era ultimare e presentare il Pnrr, cosa che è stata fatta con un piano di qualità in cui le mission italiane ed europee sono state ben declinate. Al di là di questa premessa siamo anche consapevoli che nessun intervento pubblico avrebbe potuto compensare i danni ingenti di natura economica causati dalla pandemia. Questo evidentemente ha lasciato delle piaghe spaventose nei nostri settori. Tra le piaghe c’è certamente il fardello del debito che rimane il vero grande problema che le nostre imprese saranno chiamate a gestire nei prossimi mesi e che richiede provvedimenti più coraggiosi sui temi della liquidità. Adesso, infine, bisogna dare alle imprese la possibilità di ripartire e l’unica medicina è il ritorno alla normalità”. Quanti maggiori guadagni stimate per il settore del commercio con la fine del coprifuoco e le progressive riaperture? “Il percorso vero la normalità, come ha detto il presidente Sangalli, sarà un percorso lungo che probabilmente si chiuderà solo nel 2023 e che è appena cominciato. Sul percorso verso la normalità, poi, pesano diverse incognite e tra le principali, sul settore del turismo, c’è l’incognita della domanda estera con l’anno 2020-21 sarà certamente di transizione. In un periodo pre-Covid la domanda estera sul turismo valeva un terzo della domanda complessiva e il 50% in termini di presenze. Per avviarsi verso una totale normalità va anche considerata la ripartenza di eventi, fiere, concerti, sport e discoteche. Fondamentale è accelerare sul passaporto vaccinale o sul Green pass che consente libertà di movimento”. Tra le incognite che rischiano di minare la ripresa c’è la mancanza di manodopera. Quanti lavoratori stagionali mancano all’appello? Quale la soluzione per risolvere il problema? “Quello della mancanza di manodopera era un problema prevedibile, è un effetto indiretto della crisi economica. Le aperture ad intermittenza di molte attività in determinati settori, penso al mondo del pubblico esercizio e della ristorazione, ha creato precarietà e mancanza di prospettive. L’assenza di certezze ha fatto sì che, alla prima occasione, molte persone abbiano cambiato settore di lavoro. Solo il settore del turismo ha perso 514mila unità di lavoro, ossia 350mila persone. Il dato più preoccupante è quello dei 115mila lavoratori a tempo indeterminato che hanno abbandonato il settore ricettivo. Ecco perchè sono necessarie politiche attive per il lavoro, andando oltre la discussione sul blocco dei licenziamenti o sul prolungamento degli ammortizzatori sociali. Bisogna parlare di riconversione professionale, di un superamento del mismatch tra domanda e offerta di lavoro, della formazione continua. Bisognerebbe poi prevedere per un settore come il nostro che sta perdendo occupati anche degli sgravi contributivi per un periodo determinato per trattenere manodopera”. E’ in programma oggi un incontro al ministero della Salute sulla riapertura in sicurezza delle discoteche. Quali i vostri suggerimenti al Governo? “C’è prima di tutto un problema economico. Le discoteche sono chiuse da 18 mesi e c’è un gravissimo problema di fatturati, di occupazione. Poi c’è la questione dell’intrattenimento come parte integrante dell’offerta turistica del nostro Paese perchè, tenendo chiuse le discoteche, rischiamo di deviare i flussi turistici verso quei paesi, come Grecia, Spagna e Croazia, che hanno questi locali aperti. Infine c’è un aspetto di natura sociale perchè con la chiusura delle discoteche è aumentato il fenomeno dell’abusivismo con eventi, come rave party, in luoghi non autorizzati e poi la voglia di aggregazione ha portato i giovani, nelle nostre città, a riunirsi in un modo spesso disordinato, incontrollato e spesso anche violento. Aprendo le discoteche si potrebbero risolvere questi problemi. Hanno riaperto le palestre, le piscine, gli stadi, mentre questo è l’unico settore che resta penalizzato”. (Di Maria Luigia Pilloni)