Ismea: calo export e consumi, rallenta lattiero-caseario italiano

Aumentano costi produzione latte e cala redditività allevatori

GIU 8, 2021 -

Latte Roma, 8 giu. (askanews) – Bene i primi due mesi del 2021 per il mercato nazionale del comparto lattiero-caseario, ma nei mesi di marzo e aprile si è registrato un rallentamento. La brusca frenata delle esportazioni e il ripiegamento dei consumi domestici stanno infatti imprimendo un’intonazione negativa alle quotazioni dei principali formaggi nazionali, deteriorando di conseguenza anche la situazione remunerativa degli allevatori. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto di Ismea sull’andamento del comparto lattiero-caseario in Italia e nel mondo. In particolare, dopo il -8,6% registrato nel confronto tra il 2020 e il 2019, l’indice Ismea dei prezzi all’origine dei prodotti lattiero caseari ha mostrato complessivamente una crescita del 2,2% nel periodo gennaio-aprile 2021 rispetto allo scorso anno, principalmente come conseguenza di un graduale recupero dei listini dei formaggi duri (+8,9% rispetto al primo quadrimestre 2020) e del burro (+8,4%), cui si è contrapposto il -2,4% mediamente registrato dai prezzi del latte alla stalla per le consegne effettuate sul territorio nazionale. Scendendo nel dettaglio delle quotazioni all’ingrosso dei principali prodotti guida del mercato nazionale, sia per il Parmigiano Reggiano che per il Grana Padano, arrivati rispettivamente a 10,52 euro/kg e 7,16 euro/kg nel mese di aprile, è evidente la crescita – a due cifre nel primo caso – rispetto ai livelli di prezzo di un anno fa. Per entrambe le Dop, tuttavia, dopo lo slancio di inizio anno si ravvisa una battuta d’arresto in corrispondenza di un arretramento dell’export e di una tardiva ripresa dei consumi fuori casa (con le riaperture disposte dal Governo a fine aprile). Per altri formaggi della tradizione, come il Gorgonzola e il Provolone, si riscontra una relativa stabilità, mentre sul fronte delle materie grasse si registra una forte spinta al rialzo per i listini del burro grazie alla domanda sostenuta e alla ridotta disponibilità a livello comunitario. Per quanto riguarda la fase a monte delle filiera, i contratti di somministrazione del latte in Lombardia, che rappresenta la regione con la maggiore produzione in Italia e il punto di riferimento per le trattative tra allevatori e industrie di trasformazione a livello nazionale, hanno individuato per il 2021 un livello base per il prezzo del latte crudo a 35,5 centesimi al litro, indicizzato per il 30% al prezzo del Grana Padano e per il 70% al prezzo medio ponderato del latte alla stalla UE-27. In termini assoluti, il prezzo mediamente percepito dagli allevatori lombardi nei primi quattro mesi del 2021 è risultato di poco inferiore a quello di un anno fa – in pieno lockdown – ma con ben 4 centesimi/litro in meno rispetto al primo quadrimestre 2019. La redditività degli allevamenti nazionali, spiega Ismea, resta ancora su livelli di criticità, non solo dal lato dei ricavi ma anche sul fronte dei costi di produzione come evidenziato dall’Indice Ismea dei prezzi degli input produttivi, che per l’allevamento bovino da latte registra un incremento del 4,3% rispetto al periodo gennaio-aprile 2020 da ascrivere esclusivamente all’aumento dei prezzi dei mangimi (+7%), mais e soia in primis. I prezzi degli alimenti zootecnici sono cresciuti sensibilmente dalla fine dell’estate, arrivando a toccare livelli tra i più alti degli ultimi dieci anni, e non accennano ad arrestarsi: i prezzi della soia sono passati da una media di 374 €/ton di settembre 2020 a 664 €/ton di aprile (+78%); il mais è aumentato da una media nazionale di 172 €/ton dello scorso settembre a 233 €/ton raggiunti ad aprile (+36%)2 . Nei primi due mesi del 2021 si registra anche una brusca frenata per l’export italiano di formaggi e latticini con un pesante cedimento nel mercato extra UE. Soprattutto in UK e USA ll progressivo calo della domanda estera è legato alle chiusure del food service e il generalizzato clima di sfiducia internazionale: questo ha cronicizzato la sofferenza dell’export italiano nei primi due mesi del 2021, evidenziando un -8,4%% in volume e -9,3% in valore nel confronto con i primi due mesi dell’anno precedente, con un lieve ma preoccupante calo sul fronte dei prezzi medi in uscita (-1,0%). La dinamica negativa ha riguardato tutti i prodotti storicamente più esportati: Grana Padano e Parmigiano Reggiano (-16,7% in volume e -14,1% in valore), Gorgonzola (-10,7% in volume e -8,8% in valore), mozzarella (-4,6% in volume e -5,5% in valore) e formaggi grattugiati (-5,7% in volume e -6,5% in valore). Le perdite hanno interessato i principali mercati di sbocco comunitari (-6,1% in volume e -7,5% in valore), ma fuori dai confini UE la contrazione è stata molto intensa con una vera e propria frenata per le due principali destinazioni, Regno Unito e Stati Uniti che hanno totalizzato rispettivamente -35% e -21% in volume (-30% e -23% in valore). In Italia, dopo il balzo del 2020, per la spesa di latte e derivati ritorna il segno negativo (-3,8% nel primo quadrimestre 2021) Sulla scia di quanto verificatosi per l’intero comparto alimentare a seguito del diffondersi dell’emergenza Covid, nel corso del 2020 la spesa degli italiani è risultata in netto rialzo anche per i prodotti lattiero caseari (+8,2% rispetto al 2019). Nonostante il prolungarsi anche nel 2021 di alcuni fenomeni sempre legati alla pandemia, come lo smartworking, la chiusura di bar e ristoranti e l’attività didattica a distanza, la pulsione all’acquisto delle famiglie si è allentata e la spesa per latte e derivati ha evidenziato una variazione del -3,8% rispetto ai primi quattro mesi dello scorso anno in cui si era verificato il primo lockdown. In dettaglio, le flessioni più rilevanti si registrano per il latte Uht (-8,5% in valore) che era stato un po’ il prodotto emblema della corsa all’accaparramento di alimenti a lunga scadenza nel corso del 2020. In forte calo anche la spesa per il burro (-19,7%), che nel 2020 era stato particolarmente favorito dalla tendenza alla preparazione di dolci casalinghi. Arretra anche la spesa per i formaggi (-2,2%), interessando tutti i vari segmenti merceologici, con la sola eccezione dei freschi principalmente rappresentati dalla mozzarella. In lieve calo anche la spesa per lo yogurt (-0,7%), ma la categoria è in continua evoluzione e sta trovando una nuova spinta nei prodotti proteici e di elevata qualità nutrizionale. Fatta eccezione per il latte fresco, che si conferma il segmento più critico e strutturalmente in calo, sembrerebbe che nel post-Covid, gli italiani abbiano mantenuto una certa affezione soprattutto per i formaggi e il latte delattosato. Nel primo trimestre 2021, anche come conseguenza degli effetti di calendario che inlcudono le festività pasquali, gli ordinativi per le imprese dell’industria lattiero casearia sono leggermente aumentati, ma i ritardi nelle riaperture del canale Horeca e il rallentamento delle vendite all’estero a causa del perdurare dell’emergenza Covid hanno contribuito ad aumentare il livello degli stock di magazzino. Nel complesso la fiducia degli operatori della fase della trasformazione, lievemente positiva come indicato dall’Indice Ismea per l’industria lattiero casearia, risulta proiettata soprattutto verso i prossimi mesi, quando con l’auspicato ritorno alla “normalità” e soprattutto con la ripresa dei flussi turistici dovrebbe realizzarsi un nuovo slancio della domanda. Per quanto riguarda, invece, gli allevatori, nonostante le buone propsettive per i prossimi due-tre anni anche in considerazione della ripresa della domanda su scala mondiale, permane un senso di sfiducia per gli affari correnti. La tensione sui mercati dei cereali e dei semi oleosi potrebbe, infatti, rimanere sostenuta anche nei prossimi mesi, visto il calo degli stock mondiali, la forte accelerazione delle importazioni cinesi, l’aumento dei costi di trasporto e le misure commerciali adottate da alcuni dei principali paesi esportatori, e ciò potrebbe significativamente compromettere la redditività e la produttività delle stalle.