Istruttoria Antitrust su Google: abuso dati per pubblicità online

Mercato raccolta spot digitali in 2019 valeva oltre 3,3 mld

OTT 28, 2020 -

Roma, 28 ott. (askanews) – Istruttori dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato nei confronti di Google per abuso di posizione dominante nell’utilizzo dei dati degli utenti per la pubblicità digitale. La società, controllata da Alphabet, “avrebbe violato – secondo l’Autorità – l’articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea per quanto riguarda la disponibilità e l’utilizzo dei dati per l’elaborazione delle campagne pubblicitarie di display advertising, lo spazio che editori e proprietari di siti web mettono a disposizione per l’esposizione di contenuti pubblicitari”.

“Nel cruciale mercato della pubblicità online, che Google controlla anche grazie alla sua posizione dominante su larga parte della filiera digitale”, l’Autorità contesta alla società l’utilizzo “discriminatorio dell’enorme mole di dati raccolti attraverso le proprie applicazioni, impedendo agli operatori concorrenti nei mercati della raccolta pubblicitaria online di poter competere in modo efficace”, scrive l’Antitrus.

“In particolare – secondo l’Authority – Google sembrerebbe aver posto in essere una condotta di discriminazione interna-esterna, rifiutandosi di fornire le chiavi di decriptazione dell’If Google ed escludendo i pixel di tracciamento di terze parti”.

“Allo stesso tempo avrebbe utilizzato elementi traccianti che consentono di rendere i propri servizi di intermediazione pubblicitaria in grado di raggiungere una capacità di targhettizzazione che alcuni concorrenti altrettanto efficienti non sono in grado di replicare”, spiega l’Antitrust.

Occorre considerare che la raccolta pubblicitaria online nel 2019 ha registrato in Italia un valore di oltre 3,3 miliardi, che rappresenta attualmente il 22% delle risorse del settore dei media, e il solo display advertising un fatturato superiore a 1,2 miliardi. Per importanza, la raccolta pubblicitaria online costituisce, in termini di valore, la seconda fonte di ricavi del settore dei media.

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