Safilo: nuovo incontro urgente per trovare accordo su esuberi

"La settimana prossima, prima di aprire la procedura di mobilità"

GEN 16, 2020 -

Roma, 16 gen. (askanews) – La Safilo ai sindacati “chiederà un incontro urgente la prossima settimana” per “provare ulteriormente ad addivenire a una positiva definizione della trattativa” sui 700 esuberi annunciati dall’azienda. Lo comunica la società, sottolineando che avanzerà la richiesta “prima di procedere con l’apertura della procedura di mobilità, già rimandata post incontro al ministero dal momento che era prevista per il 7 gennaio, così da poter avviare il percorso, garantire i tempi e rispettare il piano di risanamento, con l’obiettivo di poter assicurare le misure e i benefici di legge ai lavoratori e un futuro sostenibile ai siti produttivi in Italia”.

Il management di Safilo ha partecipato a Roma all’incontro promosso dal ministero dello sviluppo economico con i sindacati, cui hanno preso parte anche le istituzioni regionali e locali. Durante l’incontro, “nonostante la preziosa funzione di mediazione della task force del ministero, non è stato possibile raggiungere un’ipotesi di accordo”. Al centro della riunione “il piano di riorganizzazione e ristrutturazione annunciato il 10 dicembre dall’azienda, che ha l’obiettivo di garantire solidità e prospettiva di crescita su nuove basi al gruppo, alla luce dei cambiamenti strutturali del settore”.

La strategia di verticalizzazione del gruppo Lvmh “e il conseguente annuncio del ritiro delle licenze di occhiali di lusso a marchio Dior e Fendi prodotti nelle fabbriche italiane di Safilo, stanno determinando una situazione di sovracapacità produttiva industrialmente e finanziariamente insostenibile”. Inoltre, l’azienda “ha ribadito che nell’arco temporale di medio periodo non ci sono licenze del lusso disponibili in grado di assorbire tale sovracapacità produttiva italiana conseguente alla decisione del gruppo Lvmh”.

Il management “ha confermato ancora una volta ai sindacati che le proprie scelte non sono guidate da logiche di delocalizzazione produttiva, ma sono purtroppo la diretta conseguenza di decisioni altrui indipendenti dalla propria volontà e che comportano l’inevitabile chiusura dello stabilimento di Martignacco, 400 esuberi nel sito di Longarone e 50 presso la sede di Padova”. Se l’azienda non procedesse con gli interventi delineati nel piano “metterebbe a repentaglio anche il futuro degli stabilimenti di Longarone e Santa Maria di Sala”.