Coca Cola: sugar e plastic tax devastanti, stop agli investimenti

A rischio lo stabilimento di Marcianise, previsto -10% sui consumi

DIC 20, 2019 -

Milano, 19 dic. (askanews) – Un aumento dei prezzi previsto tra il 15 e il 20% a fronte di un calo dei consumi del 10%. La possibilità di chiudere lo stabilimento di Marcianise in Campania e il blocco degli investimenti. Coca-Cola HBC Italia corre ai ripari e valuta le possibili misure da introdurre con l’arrivo della sugar tax e della plastic tax. Queste due nuove misure “per noi sono 160 milioni di euro di nuove tasse di cui 140 della sugar tax e all’incirca 20 per la plastic tax” spiega Giangiacomo Pierini, Public affair & communication director di Coca-Cola HBC Italia, che con i suoi 2.000 dipendenti produce, confeziona e vende il 95% del volume totale delle bevande del marchio in Italia.

“In questa fase stiamo analizzando l’impatto e le conseguenze. Una tassa di questo tipo, che non distingue tra i prodotti, che colpisce il 70% dei nostri volumi e il 100% dei nostri prodotti ha un impatto devastante – prosegue Pierini – Sicuramente ci sarà un aumento dei prezzi perchè ovviamente non possiamo assorbire interamente questi rincari. Essendo la nostra una industria di volumi, abbiamo piccoli margini su grandi volumi e dunque l’impatto è pesante”. L’aumento dei prezzi “temiamo sarà in media tra il 15-20% a fronte di un calo ulteriore dei consumi che potrebbe essere del 10%”, ma le due tasse impongono anche “una revisione dei costi”, spiega il manager.

Attualmente Coca-Cola HBC Italia è il principale produttore e distributore di bevande del Paese, con 3 stabilimenti (uno in Veneto a Nogara, uno in Campania a Marcianise, uno in Abruzzo a Oricola) dedicati alla produzione di soft drinks e un impianto d’imbottigliamento di acque in Basilicata. “Il tema della chiusura della fabbrica di Marcianise è sul tavolo – afferma Pierini – anche perchè noi ci aspettiamo un calo dei volumi del 10%, con i rincari dovuti alle due tasse”. Perchè proprio Marcianise è una questione di efficienza aziendale. “Se i volumi dovessero calare in queste quantità, la sostenibilità di un sistema che si fonda su tre stabilimenti dedicati alle bevande gassate, dove nessuno dei tre è saturo, è sul piatto e lo stabilimento di Marcianise è quello più svantaggiato. Quello veneto è il più grande: 30 milioni di euro investiti nel 2019 per una linea cosiddetta asettica, dedicata alle bevande vegetali, isotoniche e i tè freddi, con l’8% della produzione esportato e una posizione, quella di Verona, centrale nei rapporti tra nord e sud. Per di più di fianco abbiamo una fabbrica di lattine che quindi ci fornisce lattine a chilometro zero. E’ una fabbrica grande che esporta e non è satura per cui può assorbire produzioni fatte in altre parti d’Italia. Poi abbiamo l’Abruzzo dove lo stabilimento fa solo plastica, dunque è quello che tecnicamente sarebbe più penalizzato e che anche lui non è saturo e non può essere riconvertito quindi o lo chiudi o fa plastica. Il terzo stabilimento di Marcianise invece è uno stabilimento che fa tutto, tranne i nuovi prodotti asettici, in misura più piccola, non esporta e ha costi logistici più ampi. Quindi in un’ottica di ottimizzazione della filiera, se non riusciamo a sostenere i costi, la chiusura della fabbrica non può essere esclusa”.

In Italia il calo dei consumi per il settore è abbastanza costante: le bevande gassate negli ultimi 10 anni hanno perso il 25% dei volumi. “Ci sono due fenomeni da considerare: l’Italia è tra i più bassi consumatori in Europa da sempre – spiega ancora il manager – per cui siamo un mercato piccolo e in calo in cui i consumatori non si sono spostati alle bevande senza zucchero, o meglio l’hanno fatto di meno: non c’è stata ad esempio la sostituzione tra la Coca Cola classica e la zero. E tra l’altro questa tassazione non distingue prodotti con o senza zucchero”.

Sotto la lente stiamo c’è anche “tutto l’approvvigionamento in Italia degli agrumi: Fanta da quando è nata nel 1955 in Italia usa solo arance siciliane, e quella è una scelta di gusto e di coerenza. Dal 1927 Coca Cola produce in Italia e ha l’87% di fornitori italiani”. Un impatto, dunque, che potrebbe riguardare tutta la filiera a monte. Oltre all’azienda che “nel 2020 aveva programmato 49 milioni di euro che sono stati fermati da subito perchè una cosa che la politica tende a sottovalutare è l’effetto annuncio, nel senso che nel momento in cui è stata annunciata questa doppia tassazione abbiamo fermato tutti gli investimenti previsti per capire dove si va a finire”. Cosa che, lamenta Pierini, non è chiara anche perchè “ci sono problemi legati ai meccanismi con cui i decreti attuativi andranno nel dettaglio: la tassa, per esempio non colpisce i prodotti esportati ma quelli importati”.

In qualità di vicepresidente di Assobibe, l’associazione di categoria, Pierini ha ribadito la richiesta di “un incontro con la presidenza del Consiglio che non c’è ancora stato. Capisco che le priorità siano altre ma forse a gennaio vedersi è opportuno”.