Commercio, iBanFirst lancia la campagna “Make Trade, not War”

Campagna di sensibilizzazione per combattere il protezionismo e favorire il commercio

DIC 1, 2022 -

Roma, 1 dic. (askanews) – In uno scenario sempre più dominato da conflitti e problemi economici, lo sviluppo del commercio e degli scambi internazionali rappresenta una soluzione ideale per mantenere un equilibrio di pace tra Paesi. Nasce da questa premessa, si legge in una nota, la nuova campagna “Make Trade, not War” promossa da iBanFirst, fornitore di servizi finanziari che offre alle PMI soluzioni su misura per la gestione di incassi e pagamenti in valuta estera. L’iniziativa mira a sensibilizzare l’opinione pubblica e la business community attorno all’importanza degli scambi internazionali per ostacolare il protezionismo e favorire il commercio. “Make Trade, not War” riprende l’idea sviluppata dai filosofi illuministi come Montesqieu nel 18esimo secolo secondo cui la pace fosse la conseguenza naturale del commercio e creasse un’interdipendenza tra nazioni, rendendo la guerra più dispendiosa e quindi futile. La campagna, realizzato in ambito PR e social, è stata avvalorata con uno studio commissionato a BVA Doxa che ha esaminato il sentiment in merito alla nozione di libero scambio e rapporti commerciali con gli altri Paesi: il 94% degli italiani ritiene che gli scambi internazionali rappresentino un fattore altamente positivo, mentre soltanto il 4% li ritiene un qualcosa di negativo e il 2% un qualcosa di assolutamente nocivo per il proprio Paese. Lo studio è stato condotto su un campione di oltre 5000 persone con più di 18 anni, di cui 1003 in Italia, nel periodo compreso dal 20 al 25 ottobre 2022. Tra i Paesi coinvolti anche Francia, Germania, Inghilterra e Paesi Bassi. C’è un filo conduttore che lega le più grandi crisi mondiali degli ultimi tempi, dalla crisi finanziaria del 2008 a quella scaturita dal Covid nel 2020: l’aumento del protezionismo. Il Fondo Monetario Internazionale ritiene che dal 2008 l’intervento statale sia cresciuto notevolmente a discapito del commercio internazionale. Questa tendenza protezionistica, sempre secondo il FMI, deriva da una combinazione di populismo crescente in Occidente, crisi geopolitiche ed economiche e cambiamenti climatici. Scenario rafforzato dal conflitto in Ucraina, dalle continue tensioni sui problemi energetici e sulle materie prime, e dal pericolo inflazione. Favorire gli scambi tra Paesi rappresenta una possibile soluzione per contrastare il protezionismo. La soluzione ideale sarebbe riformare la globalizzazione e il commercio internazionale per affrontare le sfide di oggi: disordini geopolitici e cambiamenti climatici. A tal fine, il commercio internazionale dovrebbe essere riconfigurato sulla base di tre messaggi chiave: Impatto zero: il commercio internazionale vuole durare e crescere, deve adottare una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra come limite alle sue operazioni, sia attraverso il progresso tecnologico che attraverso cambiamenti nelle pratiche. Resilienza alle crisi: La crisi di Covid e la guerra in Ucraina hanno dimostrato quanto sia importante che il commercio internazionale resista meglio alle crisi e sia in grado di coordinare le catene del valore regionali e di garantire le forniture di cibo, medicinali e tecnologia. Inclusione sociale: Per essere accettato dalla popolazione mondiale, il commercio internazionale deve affrontare le sfide dell’equità e dell’inclusione per ridurre i suoi effetti negativi. “Abbiamo realizzato la campagna Make Trade, not War per sottolineare un messaggio di speranza e positività. Dietro al commercio internazionale ci sono i nostri clienti, uomini e donne che ogni giorno si sforzano di ridurre l’impronta ambientale e promuovono le competenze locali a livello globale – ha spiegato Michele Sansone, Country Manager di iBanFirst per l’Italia – Siamo convinti che il commercio e il libero scambio possono essere messi in discussione e che vadano reinventati, ma al tempo stesso che costituiscano un indiscutibile progresso negli ultimi decenni nel creare legami tra i Paesi. Per questo diventa necessario preservarli”.