Domani la Corea del Sud al voto, finisce l’era Moon

Leggermente favorito il candidato conservatore

MAR 8, 2022 -

Sudcorea Roma, 8 mar. (askanews) – Mentre il mondo è col fiato sospeso per la guerra in Ucraina, uno dei più ricchi paesi dell’Asia orientale si trova a un bivio importante della sua recente storia politica. Domani la Corea del Sud va al voto alle presidenziali e chiude l’era di Moon Jae-in, il presidente progressista che ha acceso negli anni scorsi grandi speranze anche di chiudere lo storico conflitto con la Corea del Nord, ma che lascia un’eredità negativa che va al di là, probabilmente, dei suoi demeriti. Moon lascia la presidenza dopo cinque anni al potere. Quello che lascia al suo successore è un paese vincente sotto l’aspetto del soft-power, ma con un’economia in difficoltà, con un costo della vita alto per i normali cittadini, in affanno rispetto alle conseguenze della pandemia Covid-19, gestita meglio di molti altri paesi, ma con effetti economici piuttosto pesanti. Molti osservatori potrebbero essere stupiti, vista la buona stampa di cui Moon gode all’estero, del fatto che oggi il candidato conservatore, Yoon Suk-yeol, appare in vantaggio – sia pur di poco – sul candidato sostenuto da Moon, Lee Jae-myung. Su questo certo pesa il fatto che su Yoon è confluita la campagna del terzo candidato Ahn Cheol-soo, che ai sondaggi era dato al di sotto del 10 per cento. Secondo gli osservatori, ai programi degli attuali candidati guardano pochi elettori. A spingere al voto per i conservatori, sarebbe una volontà di cambiamento al potere dopo gli anni di Moon. Un voto disilluso, insomma. Yoon, un ex procuratore, ha puntato su temi conservatori, in alcuni punti reazionari, come per la sua ossessione nell’attaccare il “femminismo” e nel sostenere che il governo progressista ha favorito eccessivamente le giovani donne, non facendo granché per i giovani uomini. Ha anzi promesso che cancellerà il ministero dedicato alle questioni di genere e ha sostenuto che lavorerà per rovesciare il gender gap che – a suo dire – favorisce le donne sugli uomini. A suo favore, agli occhi dell’elettorato, depone il suo passato di procuratore al centro di aggressive inchieste contro la politica, su entrambi i fronti progressista e conservatore. In un paese dove la corruzione è costata il posto (e il carcere) solo pochi anni fa alla presidente e non è stato il primo caso, questa storia è un valore. Dal canto suo Lee è considerato un politico di professione. E’ stato governatore della regione in cui si trova la capitale, Seoul. Non è un candidato semplice da battere, è considerato ruvido e per nulla ipocrita e ha conquistato consensi sperimentando un reddito universale di base. S’è guardato bene dall’associare troppo la sua figura a quella del predecessore, ma anzi ha preso le distanze su un tema cruciale, come quello della casa: in Corea del Sud negli anni di Moon i prezzi delle case sono schizzati verso l’alto ed è diventato virtualmente impossibile per le famiglie della classe media acquistare l’abitazione. Famiglie, peraltro, impoverite nei due anni di pandemia, nonostante le politiche di stimolo portate avanti. Il candidato progressista, secondo un sondaggio Ipsos della scorsa settimana, è considerato dalla maggior parte dei sudcoreani quello più adatto a gestire l’economia. Ma il rischio, per lui, è che predonomini il voto di frustrazione e sia visto come un candidato in continuità rispetto a Moon.