Crisi Evergrande: potrebbe diventare la Lehman Brothers cinese

Uno smottamento inarrestabile: che faranno le autoritĂ  di Pechino?

SET 21, 2021 -

Cina Roma, 21 set. (askanews) – Evergrande potrebbe diventare la nuova Lehman Brothers della Cina. E’ una prospettiva cupa quella che circonda il gruppo di sviluppo immobiliare più indebitato di Cina, le cui difficoltà fanno temere un effetto domino nella finanza cinese con conseguenze che già si vedono sui mercati azionari in tutto il mondo. A fare il paragone tra Evergrande e Lehman Brothers, la banca il cui fallimento fu il simbolico innesco della crisi del 2008-2009 è il giornale economico cinese Caixin, che ricorda come da due mesi centinaia di picocli investitori continuino ogni giorno a protestare: temono di perdere i loro risparmi. Ne hanno ben donde. Secondo quanto oggi riferisce il Financial Times, Evergrande ha ammesso di aver utilizzato miliardi di euro raccolti attraverso prodotti finanziari venduti agli investitori retail per finanziare i propri debiti e per ripagare gli investitori più importanti. Evergrande ha sempre fatto largo uso di questi prodotti, incitando gli acquirenti di case a sottoscriverli. I manager spingevano i loro subotfinati a investire e talvolta i fornitori ricevevano questi titoli al posto die pagamenti cash. Secondo il FT questi prodotti, troppo sofisticati per i normali investitori retail, sono stati acquistati da 80mila persone e ammontano a qualcosa come 40 miliardi di yuan (5,3 miliardi di euro). Ora che il gruppo è sull’orlo del default, con una “tremenda pressione” sul fronte della liquidità, come ha detto la stessa compagnia la scorsa settimana in una comunicazione alla Borsa di Hong Kong, questi investitori tremano. A poco servono le rassicurazioni del nmero uno del gruppo Hui Ka Yan, il quale in un messaggio ai dipendenti in cui li ha invitati a essere certi che l’azienda “supererà il suo momento più buio”. E, per cercare di dare un segnale concreto, la scorsa settimana il gruppo ha rivelato che la moglie del fondatore, Ding Yumei, ha investito qualche milione di euro in questi prodotti. Non sembra aver ottenuto il risultato sperato. D’altronde, parliamo di una compagnia a concreto rischio default, segnalato anche dai declassamenti del credito da parte delle agenzie di rating, che ha un indebitamento attorno a 2mila miliardi di yuan (262,6 miliardi di euro). In un comunicato alla Borsa di Hong Kong, Evergrande la scorsa settimana ha ammesso di avere serie difficoltà nelle vendite di immobili, scese da 71,6 miliardi di yuan (9,4 miliardi di euro) di giugno a 38,1 miliardi di yuan (5 miliardi di euro) di agosto. Non solo: la compagnia ha dichiarato di attendersi anche per settembre – mese che tradizionalemente porta a un picco di vendite – un “significativo proseguimento nel calo dei contratti di vendita, con un conseguente continuo deterioramento della raccolta di liquidità del gruppo che porrà sotto grave pressione il cash-flow e la liquidità”. Una bancarotta di Evergrande – secondo Caixin – sarebbe “uno tsunami finanziario” che secondo gli analisti interpellati dal giornale cinese crerebbe “la Lehman Broghers cinese”. Parliamo di un gruppo che occupa 200mila persone, le cui passività equivalgono al 2 per cento del Pil cinese. Ha 800 grandi progetti in costruzione, metà dei quali al momento sono bloccati dalla mancanza di liquidità. Migliaia di compagnie tra fornitori e clienti dipendono di fatto da Evergrande, quindi a rischio sono ogni anno poco meno di 4 milioni di posti di lavoro. In un’analisi Standard&Poor’s ha affermato di ritenere improbabile che il governo cinese intervenga per salvare questo gigante. Ma Caixin vede Evergrande come un gruppo “too-big-to-fail”. Il ruolo del governo di Pechino, finora, è stato attivo nello sviluppo della crisi Evergrande. Già dal 2017 il presidente Xi Jinping ha inteso dare una strigliata a un business – quello immobiliare – praticamente fuori controllo, dichiarando che “le case servono per viverci, non per fare speculazione”. E gli enti regolatori – come hanno fatto di in diversi settori economici – si sono mossi e recentemente hanno imposta delle linee guida stringenti, che si basano sulle “Tre linee rosse” relative al rapporto tra l’indebitamento, il capitale, il valore delle azioni e la liquidità. Se la compagnia supera anche una sola di queste tre linee rosse, il regolatore può ordinare azioni per alleggerire l’indebitamento. Evergrande le ha superate tutte e tre. S&P prevede che il governo potrebbe intervenire soltanto nel caso in cui la crisi Evergrande abbia effetti di più ampia portata, con un contagio che ponga rischi sistemici. In realtà, sembra più che un’ipotesi e il settore – che per Fitch rappresenta il 14 per cento del Pil cinese – sta già vivendo la crisi. Secondo quanto ha segnalato Nikkei Asia, la metà dei default dei bond in Cina è rappresentato da compagnie del settore immobiliare e gli incagli tra i prestiti nel settore immobiliare per le cinque più grandi banche cinesi sono cresciuti del 30 per cento, raggiungendo i 97 miliardi di yuan (12,8 miliardi di euro). Così le stesse banche sono diventate piuttosto restie a prestare denaro al comparto. Solo Evergrande deve denaro a più di 128 banche e 121 istituzioni non bancarie. Ieri la Guangzhou R&F, per esempio, ha visto il valore dei suoi titoli al 58 per cento del loro valore nominale, mentre all’inizio del mese era al 72 per cento, e oggi Fitch ha rivisto a negativo il suo outlook. Fantasia Group, dal canto suo, ha i suoi titoli a un livello bassissimo e ha difficoltà nel rifinanziare il debito e S&P Global Ratings l’ha piazzato sotto outlook negativo. Il conglomerato Baoneng – un gigante con base a Shenzhen che controlla 40 compagnie nell’immobiliare, logistica, microfinanza, educazione, sanità, oltre a 40 centri commerciali in Cina e una grande casa di produzione per le auto elettriche – ha qualcosa come 200 miliardi di yuan (26,2 miliardi di euro) di debiti. Ma oggi su tutti a creare ansia è Evergrande. Dopo che le autorità cinesi hanno ordinato di abbassare la pressione debitoria, Evergrande sta mettendo sul mercato alcuni asset. Recentemente si è anche parlato di una vendita in vista per il suo ramo auto elettrica. Il grupppo ha comunque annunciato di aver ingaggiato la Houlihan Lokey cinese e la Admiralty Harbour Capital, società di consulenza dovranno “verificare la struttura del capitale del gruppo, valutarne la liquidità ed esplorare tutte le possibili soluzioni per alleggerire l’attuale questione della liquidità e raggiungere una soluzione ottimale per tutti gli stakeholder il prima possible”.