Terremoto Evergrande, le scosse si allargano ai mercati globali

Ma in crisi e tutto il settore immobiliare cinese

SET 20, 2021 -

Cina Roma, 20 set. (askanews) – I mercati hanno avuto un assaggio di cosa rischia di diventare la crisi Evergrande, il più importante sviluppatore immobiliare cinese in pesante crisi debitoria e sotto una “terribile pressione” in quanto a liquidità, se dovesse tracimare. Un’eventualità tutt’altro che remota, visto che – come dicono osservatori – la vicenda del gruppo fondato da Hui Ka Yan è vista dagli osservatori come la punta di un iceberg. Diverse piazze internazionali – da Milano a New York – hanno oggi percepito le scosse telluriche di quanto sta accadendo a Shenzhen, dove ha sede il quartier generale della compagnia, assediato da giorni dai piccoli investitori arrabbiati e terrorizzati dal rischio di perdere i loro risparmi. La scorsa settimana, dopo che la compagnia aveva annunciato dati semestrali pessimi e ha denunciato una “tremenda pressione” sulla liquidità, due dei grandi alleati di Hui – Joseph Lau e la moglie Chan Hoi-wan – hanno venduto 138 milioni di azioni della compagnia in diverse tornate per un totale di 500 milioni di dollari di Hong Kong (54,5 milioni di euro). Una goccia, probabilmente, ma anche un segnale che ha la sua valenza simbolica. La piazza affari che più ha risentito della crisi Evergrande, ovviamente, è quella di Hong Kong dove il gigante cinese è quotato. Oggi l’indice Hang Seng ha chiuso a un -3,30 per cento, affondato proprio dal titolo Evergrande che ha perso il 10 per cento, assestandosi su un livello che è il più basso da oltre dieci anni a questa parte. Da inizio anno, i titoli Evergrande hanno perso l’80 per cento del loro valore. D’altronde, parliamo di una compagnia a concreto rischio default, segnalato anche dai declassamenti del credito da parte delle agenzie di rating, che ha un indebitamento attorno a 2mila miliardi di yuan (262,6 miliardi di euro). In un comunicato alla Borsa di Hong Kong, Evergrande la scorsa settimana ha ammesso di avere serie difficoltà nelle vendite di immobili, scese da 71,6 miliardi di yuan (9,4 miliardi di euro) di giugno a 38,1 miliardi di yuan (5 miliardi di euro) di agosto. Non solo: la compagnia ha dichiarato di attendersi anche per settembre – mese che tradizionalemente porta a un picco di vendite – un “significativo proseguimento nel calo dei contratti di vendita, con un conseguente continuo deterioramento della raccolta di liquidità del gruppo che porrà sotto grave pressione il cash-flow e la liquidità”. A peggiorare la crisi, secondo Evergrande, sono anche i media: “(…) gli articoli negativi dei media che si sono susseguiti hanno danneggiato la fiducia dei potenziali acquirenti di proprietà del gruppo”, ha segnalato la compagnia nel suo comunicato. Il gruppo paga lo scotto anche di essersi fortemente allargato durante il periodo delle vacche grasse con una campagna di acquisizioni che l’ha portato anche in altri settori, come quello dell’auto elettrica. Dopo che le autorità cinesi hanno ordinato di abbassare la pressione debitoria, Evergrande sta mettendo sul mercato alcuni asset. Recentemente si è anche parlato di una vendita in vista per il suo ramo auto elettrica. Il grupppo ha comunque annunciato di aver ingaggiato la Houlihan Lokey cinese e la Admiralty Harbour Capital, società di consulenza dovranno “verificare la struttura del capitale del gruppo, valutarne la liquidità ed esplorare tutte le possibili soluzioni per alleggerire l’attuale questione della liquidità e raggiungere una soluzione ottimale per tutti gli stakeholder il prima possible”. Tuttavia la sensazione degli osservatori – e dei mercati – è che il caso Evergrande sia solo quello più evidente. “E’ solo la punta dell’iceberg”, ha dichiarato Louis Tse di di Wealthy Securities, società di brokeraggio di Hong Kong parlando con il Financial Times, secondo il quale il motore della crisi di Evergrande e dell’intero settore immobiliare è la richiesta ripagare il debito da parte di strutture che, alla base, rischiano a loro volta di essere contagiate. A confermare questa tesi, per esempio, è il fatto che uno dei principali gruppi assicuratori della Cina, Ping An, che venerdì aveva perso il 3 per cento a Hong Kong, arrivando a scendere al -8 per cento. Oggi ha avuto perdite che sfiorano il 10 per cento. Ping An ha denunciato di avere un’esposizione rispetto al settore immobiliare per 8,3 miliardi di euro. Il settore immobiliare è stato per molti anni uno dei motori della crescita cinese. Secondo una stima di Fitch rappresenta il 14 per cento del Pil. Ma già dal 2017 il presidente Xi Jinping ha inteso dare una strigliata a un business praticamente fuori controllo, dichiarando che “le case servono per viverci, non per fare speculazione”. E gli enti regolatori – come hanno fatto di in diversi settori economici – si sono mossi e recentemente hanno imposta delle linee guida stringenti, che si basano sulle “Tre linee rosse” relative al rapporto tra l’indebitamento, il capitale, il valore delle azioni e la liquidità. Se la compagnia supera anche una sola di queste tre linee rosse, il regolatore può ordinare azioni per alleggerire l’indebitamento. Nella prima metà di quest’anno, secondo quanto segnala Nikkei Asia, la metà dei default dei bond in Cina è rappresentato da compagnie del settore immobiliare e gli incagli tra i prestiti nel settore immobiliare per le cinque più grandi banche cinesi sono cresciuti del 30 per cento, raggiungendo i 97 miliardi di yuan (12,8 miliardi di euro). Così le stesse banche sono diventate piuttosto restie a prestare denaro al comparto. Solo Evergrande deve denaro a più di 128 banche e 121 istituzioni non bancarie. Chiaramente, però, il problema non è solo Evergrande. “La parte peggiore della storia è che non solo China Evergrande sta crollando, ma anche altri costruttori cinesi stanno annegando nello tsunami”, ha segnalato Zhou Chuanyi di Lucror Analytics di Singapore al South China Morning Post. “Per compagnie con grandi quantità di debito in via di maturazione, un paio di mesi di mancanza di liquidità potrebbero essere devastanti”. Oggi la Guangzhou R&F, per esempio, vede il valore dei suoi titoli al 58 per cento del loro valore nominale, mentre all’inizio del mese era al 72 per cento, e oggi Fitch ha rivisto a negativo il suo outlook. Fantasia Group, dal canto suo, ha i suoi titoli a un livello bassissimo e ha difficoltà nel rifinanziare il debito e S&P Global Ratings l’ha piazzato sotto outlook negativo. Il conglomerato Baoneng – un gigante con base a Shenzhen che controlla 40 compagnie nell’immobiliare, logistica, microfinanza, educazione, sanità, oltre a 40 centri commerciali in Cina e una grande casa di produzione per le auto elettriche – ha qualcosa come 200 miliardi di yuan (26,2 miliardi di euro) di debiti.