Commodity agricole e prezzi, confronto alla Conference 2021 Igc

400 delegati, per Italia Areté su prospettive frumento e grano duro

GIU 17, 2021 -

Agricoltura Roma, 17 giu. (askanews) – Quattrocento delegati provenienti da tutti i continenti all’evento internazionale più importante nel mondo per discutere dei trend attuali e prospettici delle commodity agricole: IGC – International Grains Council Conference 2021. L’unico player italiano presente Areté, società di analisi economiche e business intelligence specializzata sull’agrifood, nota per i modelli previsionali applicati ai mercati delle materie prime, con cui serve alcune delle più importanti realtà italiane del settore. A questa conferenza Areté è stata invitata per parlare delle prospettive di frumento duro e legumi. “I mercati delle commodity agri-food sono attraversati da un generale stato di volatilità e tensione dei prezzi dovuto in larga misura alla ripartenza, in alcuni frangenti impetuosa, dei consumi Cinesi – spiega Filippo Bertuzzi, Senior Analyst, Areté – I mercati agri-food che più di altri hanno mostrato queste ripercussioni sono cereali, semi oleosi ed oli vegetali. Ma le tensioni sono presenti anche in altri comparti come latte e derivati, zucchero (nelle quotazioni internazionali dei mercati finanziari), caffè e legumi”. Rispetto al caffè allo zucchero al cacao alle uova il mercato della frutta secca ha subito meno oscillazioni di prezzo, complici stock ancora elevati e Outlook sulle produzioni spesso positivi. “Tuttavia, occorre fare attenzione – continua Bertuzzi – perché anche in questi casi (parliamo di mandorle, nocciole, pistacchi, uva passa) la ripartenza dei consumi può innescare rialzi di prezzo improvvisi. In generale, tutti questi mercati che non hanno ancora mostrato rialzi importanti, potrebbero rivelarsi bombe ad orologeria nei prossimi mesi”. Oggi si sta assistendo alla ripartenza della domanda globale. A guidare è la Cina. Nel primo trimestre Pechino ha acquistato all’estero (in gran parte dagli Usa con la risoluzione della guerra dei dazi) 6,7 milioni di tonnellate di mais, più del quintuplo rispetto allo stesso periodo del 2020. Il boom si spiega con le carenze che si stanno verificando sul mercato domestico: le scorte strategiche sono esaurite, proprio mentre la domanda è tornata a decollare grazie all’ormai completa ricostituzione degli allevamenti di maiali dopo la febbre suina. La Cina ha anche raddoppiato le importazioni di grano e ovviamente ha aumentato anche quelle di semi di soia. In ripresa anche i consumi in Europa ed USA, complici le campagne vaccinali e l’allentamento delle misure di restrizione. Domanda delle commodity maggiormente legate al consumo out of house (come mandorle, anacardi, zucchero, pistacchi) in leggero recupero. Non ancora evidente la ripartenza dei consumi su alcuni mercati (cacao, nocciole, uova, caffè), ma la svolta potrebbe essere vicina. Sul mercato nazionale le tensioni di prezzo si sono scaricate in maniera diretta per tutte le principali materie prime quotate sulle piazze nazionali. Per il comparto dei cereali e della soia, i prezzi sono ai massimi storici. Il mais da settembre 2020 a giugno 2021, in circa 8 mesi, è aumentato di quasi il 60% raggiungendo livelli di prezzo che non venivano registrati dal 2012. Il frumento tenero dai minimi di luglio 2020 è aumentato di oltre il 30%, superando la soglia dei 240 €/t, cosa che non succedeva dal 2013. La soia è cresciuta da ottobre 2020 a giugno 2021, in appena 8 mesi, di oltre l’80%. In questo caso sono prezzi superiori di oltre il 30% rispetto al picco massimo registrato negli ultimi 10 anni. In questo contesto solo il frumento duro rappresenta una piccola eccezione. Pur restando a prezzi generalmente alti, a ridosso dei 300 €/t, gli aumenti recenti sono relativamente contenuti (+4% da ottobre 2020) e siamo ben lontani dai picchi massimi raggiunti nel 2014 (circa 400 €/t) e nel 2008 (oltre i 500 €/t). “In prospettiva le produzioni daranno gradualmente maggior equilibrio ai mercati – asserisce Bertuzzi- Tuttavia, con prezzi che, seppur in riduzione rispetto ai picchi registrati, resteranno sostenuti. Lo shock impiegherà tempo a riassorbirsi, e i mercati continueranno ad essere ostaggio di una forte volatilità che continuerà a dare filo da torcere a tutti gli operatori della filiera. Volatilità ed alti prezzi delle materie prime significano sia difficoltà per i trasformatori di materie prime in prodotti alimentari di difendere i propri margini che, inevitabilmente, anche aumenti di prezzo al consumo dei prodotti finiti, come confermato dall’acceso dibattito legato ai timori di un aumento tendenziale dell’inflazione dovuto proprio a questo fenomeno. Se da un lato il trend lato prezzi è generalizzato, nel caso del food questo fenomeno si è accompagnato anche ad una focalizzazione dei consumatori su prodotti di maggior qualità, con tracciamento dell’origine delle materie prime. Il caso della pasta è uno di quelli dove la crescente attenzione al 100% made in Italy sia per la produzione della pasta e per l’origine del grano duro è stata particolarmente evidente. Questa attenzione si è accompagnata anche ad una crescente attenzione verso brand di nicchia, formati speciali e prodotti di qualità. Questi trend si sono innestati in un 2020 che ha visto consumi molto forti di pasta in concomitanza col lockdown, con aumenti della produzione dell’11% sull’anno precedente nonostante i blocchi e le restrizioni del settore horeca. Il dato annuale, tuttavia, nasconde la forte domanda che, nelle settimane di maggior preoccupazione per il dilagare della pandemia fra marzo ed aprile 2020 ha raggiunto aumenti del +40% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per contro il 2021 è previsto tornare ai livelli pre-Covid, ovvero in linea con i dati del 2019.