Auto, cresce la fame di chip: ritardi in produzione fino a 6 mesi

Fitch -1 mln auto in I trim. 30 settimane di attesa per on demand

MAR 8, 2021 -

Milano, 8 mar. (askanews) – L’impatto è top secret difficile da quantificare perché interessa soprattutto alcuni optional, ma il dossier chip è sul tavolo dei numeri uno del mondo dell’auto. A confermarlo l’Ad di Stellantis, Carlos Tavares, durante la conference call sui conti 2020: “vedo due ostacoli nel 2021, le materie prime e i chip. Stiamo cercando alternative per compensare i fornitori in difficoltà”. Pochi giorni prima il numero uno di Renault, Luca De Meo, aveva parlato di una “lotta quotidiana” per accaparrarsi i chip. In campo sono scesi anche i governi della Germania e degli Stati Uniti per chiedere un intervento al ministro dell’Economia di Taiwan, Wang Mei-Hua, dove ha sede la Tsmc che produce circa il 50% dei “microcontrollori” (altri big sono Infineon, Stm, Nxp, Renesas), i minuscoli chip utilizzati per gestire funzioni complesse, come radar, Adas, sensori, airbag e sistemi di infotainment. La crisi è stata innescata dall’improvviso rimbalzo delle vendite globali di auto alla fine dello scorso e dal boom di domanda di elettronica (Pc, smartphone, Tv, console di gioco) causa Covid e lockdown. Per fare un esempio la Ps5 presentata prima di Natale è andata esaurita in pochi giorni e ad oggi non è ancora disponibile.

“Tsmc sta accelerando la produzione di prodotti per l’automotive. Sebbene la nostra capacitĂ  sia pienamente utilizzata con la domanda di ogni settore, Tsmc sta riallocando la capacitĂ  di produzione di â€wafer’ per supportare l’industria auto mondiale”, ha detto il Ceo di Tsmc, C.C. Wei. L’industria auto genera il 3% del fatturato di Tsmc, ma il peso crescerĂ  per soddisfare la fame di chip. Per questo Tsmc il un maxi investimento fra 25 e 28 miliardi di dollari per aumentare la capacitĂ  produttiva di chip a Taiwan e costruire uno stabilimento nuovo a Phoenix, in Arizona. Anche Stm che rifornisce colossi come Bosch e Continental ha deciso di investire quest’anno fino a 1,8-2 miliardi di cui 1,1-1,2 mld per nuova capacitĂ  di chip (ad Agrate, Catania, Crolles, Singapore), ma il problema è trovare le macchine che producono chip che sono realizzate da pochi grossi player, a loro volta alle prese con un picco di domanda. Una volta acquistata la macchina, secondo Stm, ci vorranno circa 6 mesi per produrre i primi chip. Bosch intanto ha annunciato di aver prodotto il primo “wafer” con processo interamente automatizzato nel suo stabilimento di Dresda dove ha investito 1 miliardo e che andrĂ  a regime per fine anno.

Le strategie messe in campo dalle case auto per affrontare il problema sono diverse, ma mirano a un unico obiettivo: limitare l’impatto sulla produzione che già oggi per alcuni allestimenti è in ritardo di 30 settimane, con tempi di consegna per l’on-demand che possono superare i 6 mesi. E gli effetti della crisi potrebbero farsi sentire per tutto il primo semestre. Secondo di Iht Markit e Fitch Ratings solo nei primi tre mesi dell’anno potrebbero andare in fumo un milione (230mila negli Stati Uniti -5%, e 270mila in Cina) e la crisi potrebbe estendersi a tutto il primo semestre. Il Ceo di Stm, Jean-Marc Chery ha fornito una stima di 2 milioni di auto perse nel 2021. Secondo Alixpartners l’impatto sarà di circa 61 miliardi di dollari sull’industria e all’appello a fine anno potrebbero mancare fra 1,5 e 5 milioni di auto. Nel 2020 nel mondo si sono vendute circa 64 milioni di auto (-20%) Alcuni gruppi hanno già fornito stime dell’impatto a inizio febbraio su conti e produzione con stop che arrivano fino al 20%, ma un quadro più chiaro si avrà con le prossime trimestrali. E la domanda per macchine elettrificate, digitali e connesse è in costante crescita: nel 2023 “rappresenteranno circa il 30% della produzione globale rispetto all’8% di oggi, ha detto ad Askanews Francesco Papi, Partner PwC Strategy & Italia interpellato da Askanews.

C’è però chi pensa serviranno mesi per tornare alla normalità. “La carenza di semiconduttori potrebbe ritardare la ripresa delle vendite di nuovi veicoli e della redditività del settore – hanno scritto gli analisti di Fitch Ratings – I produttori di automobili stanno riducendo la produzione e disattivando selettivamente gli impianti fino a quando la carenza non diminuirà, cosa che prevediamo richiederà diversi mesi”.

La mancanza di chip mette tutti sullo stesso piano: anche i nuovi player solo elettrici come Tesla e Nio hanno subito rallentamenti nel primo trimestre causa chip ma anche batterie, soprattutto negli Usa. Sullo sfondo spettatori attenti della partita sono i colossi dell’high-tech come Apple che i chip ha iniziato a produrseli da soli, ha tentato approcci smentiti con Nissan e Hyundai e ha rispolverato il Project Titan per produrre in casa l’auto autonoma e elettrica. Anche Google è al lavoro sull’auto a guida autonoma, ma intanto è già a bordo delle auto con Android Auto, come Apple con CarPlay. Anche la “vecchia” Industry dell’auto è partita all’attacco aprendo nuovi scenari di connettività: Volkswagen ha appena lanciato il piano Accelerate per realizzare nel 2026 con Trinity la “software care” a guida autonoma di livello 4. “L’evoluzione del settore dipenderà dalla capacità di fare partnership per produrre tecnologia e vendere servizi: questo è il vero valore aggiunto che ci sarà. Le sinergie sono necessarie per finanziare la ricerca e lo sviluppo della mobilità dei servizi e del nuovo concetto di Care As a Service”, ha spiegato asp Askanews, Luigi Giacomo Mascellaro, partner PwC Deals Italia.

Nelle scorse settimane il gruppo Daimler è stato costretto a sospendere la produzione, ora ripresa, in diversi stabilimenti a livello globale, anche in Germania. “E’ troppo presto per poter rilasciare dichiarazioni sugli impatti specifici”, ha detto il gruppo ad Askanews. Rallentamenti anche per GM e per Ford che a fronte di una flessione della produzione fino al 20% nel I trimestre, ha ridotto i turni di produzione e vede la crisi di chip proiettarsi “fino alla fine del secondo trimestre”, in particolare negli Stati Uniti. Negli Usa c’è anche un tema legato alla fornitura di batterie dopo il bando su alcuni prodotti della sudcoreana SKI, che rifornisce anche Volkswagen. Per il gruppo di Wolfsburg la crisi chip rischia di avere un impatto su “tutto il primo semestre” ha detto ad Askanews, e per questo il gruppo sta “monitorando la situazione per minimizzare l’impatto”. Meno colpita Bmw che interpellata dichiara di avere “un impatto sulla disponibilità di alcuni optional”.   Mercedes e Bmw stanno anche valutando di cambiare la logistica aumentando le scorte che oggi sono “just on time”. Ma per farlo occorrono magazzini adatti e comunque i chip hanno una scadenza.”Dobbiamo pensare ad aumentare le scorte, ma costano e quindi è l’ultima opzione che valuteremo”, ha detto Oliver Blume di Porsche al FT. “Se servono scorte, ci metteremo all’opera” ha detto il numero uno di Diamler, Ola Kallenius.

Anche in Asia dove risiedono i produttori di chip, la crisi si è sentita ma con impatti più contenuti. “Se non ci fosse stata la carenza di semiconduttori, l’utile operativo in questo anno fiscale sarebbe stato più alto dello scorso anno, assorbendo l’impatto del Covid-19. E’ un peccato”, ha detto Seiji Kuraishi, il vicepresidente esecutivo di Honda che ha alzato le stime di utile netto per l0’esercizio che termina a giugno del 2% a 4,4 miliardi di dollari. Qualche difficoltà anche per Nissan, mentre risultano poco impattate Hyundai e Toyota. La casa nipponica guidata da Akio Toyoda ha aumentato le stime di utile operativo per l’intero anno del 54% a 2 trilioni di yen (19 miliardi di dollari), e ha rassicurato che non subirà interruzioni significative per la carenza di chip. “Siamo colpiti dalla carenza di semiconduttori, ma per ora non registriamo grossi tagli alla produzione”, ha detto Kenta Kon, chief financial officer di Toyota. (Lorenzo Peiroleri)