Per PMI italiane la Cina è vista come mercato di sbocco

Rapporto: ormai non più fabbrica del mondo in cui esternalizzare

FEB 23, 2021 -

Roma, 23 feb. (askanews) – Per le piccole e medie imprese italiane che investono in Cina, quella che fino a poco tempo fa era vista come la “fabbrica del mondo” verso la quale esternalizzare le produzioni sta diventando sempre più un attraente mercato di sbocco per le proprie merci. Lo rivela uno studio realizzato sulle PMI italiane dal Centro studi per l’impresa della Fondazione Italia Cina (Cesif) che è stato presentato oggi.

Il rapporto, intitolato “Il ruolo delle PMI nelle relazioni fra Italia e Cina: analisi di scenario e indicazioni di soci e imprese”, è basato su un sondaggio tra 180 PMI italiane che hanno investito in Cina. “Sono queste le aziende che hanno maggior bisogno di aiuto” per avere un ruolo nel mercato più dinamico del mondo, ha spiegato il presidente della Fondazione Italia Cina Mario Boselli. “I grandi non hanno bisogno di aiuto, ma la filiera sottostante sì”, ha continuato. “Questa ricerca – ha proseguito – ha avuto lo scopo di capire quali sono i loro bisogni reali”.

La Cina è il paese che è “uscito per primo dalla pandemia” ed è stato l’unico paese al mondo tra quelli importanti in crescita. “Oggi si deve andare in Cina, anche se non è sempre semplice”, ha detto ancora Boselli.

Li Bin, il ministro consigliere per l’Economia e Commercio dell’Ambasciata della Repubblica popolare cinese a Roma, ha ricordato che “la Cina è entrata in una nuova fase di sviluppo e continuerà a creare un innovativo modello di sviluppo”, che consentirà alla “cooperazione sino-italiana” di offrire “sempre maggiori opportunità in tanti settore, come la digital economy, la medicina e la salute, le energie verdi e la tutela ambientale”. Ha inoltre ricordato il ruolo “speciale” di Cina e Italia ai due estremi della Via della Seta, accennando all’iniziativa Belt and Road.

Le piccole e medie imprese italiane hanno avuto un’interscambio commerciale nel 2018 con l’Asia orientale qualcosa come 47,2 miliardi di euro, pari al 58,1 per cento del totale dell’interscambio italiano nella regione. Le esportazioni delle PMI italiane in Asia orientale hanno raggiunto i 19 miliardi di euro. L’export delle PMI verso la Cina è di 6,5 miliardi di euro, mentre l’import è di 20,2 miliardi di euro.

Il sondaggio rivela che le motivazioni che portano le PMI italiane in Cina sono cambiate. Il 76,34% del campione infatti dichiara di intendere “mercato di sbocco” come opzione principale della presenza in Cina, seguita dal 12,2% dell’indicazione della Repubblica popolare cinese come “sede produttiva delocalizzata” e dall’11,45% come “hub regionale”.

“Tra le imprese che hanno risposto al questionario, la Cina è sempre più vista come un mercato di sbocco e di consumo e sempre meno come fabbrica del mondo”, ha spiegato Marco Bettin, direttore operativo della Fondazione Italia Cina.

Le principali difficoltà individuate dalle PMI che operano in Cina sono legate al rispetto della proprietà intellettuale, alla lingua e all’individuazione di un partner.

Le raccomandazioni espresse dal rapporto per l’Italia sono quelle di migliorare la presenza digitale delle PMI, favorirne l’accompagnamento nel mercato cinese, il matching con partner cinesi, rafforzare il bagaglio di competenze linguistiche culturali delle imprese, oltre a favorire una migliore competitività del sistema e un coordinamento a livello europeo.

Per la Cina i suggerimenti sono una migliore tutela della proprietà intellettuale, la creazione di piattaforme di matchmaking tra i partner, rafforzare la declinazione per le imprese dell’Iniziativa Belt and Road e favorire gli investimenti italiani.