Draghi: riforme lavoro più facili che toccare interessi protetti

La ricetta a 3 livelli dal presidente della Bce su produttività

GIU 9, 2016 -

Roma, 9 giu. (askanews) – In “molti Paesi” dell’area euro, per rilanciare la produttività durante la crisi dei debiti si è trovato “più facile” fare riforme sul mercato del lavoro, che pure a volte risultavano controverse, piuttosto che intervenire sugli “interessi protetti”. Lo ha rilevato il presidente della Bce, Mario Draghi durante l’intervento annuale in memoria dell’economista italiano Tommaso Padoa-Schioppa al Forum economico di Bruxelles.

Un lungo intervento in buona parte dedicato ai problemi del mercato del lavoro, in particolare l’eccessiva disoccupazione accompagnata da sotto occupazione in diversi paesi, e della produttività a rilento, con l’ulteriore complicazione del previsto invecchiamento della popolazione europea. Draghi ha indicato delle possibili soluzioni, ma è innanzitutto partito con alcune constatazioni su quanto avvenuto negli ultimi anni.

“Aumentare la produttività è difficile. Richiede un insieme di riforme che solitamente si scontrano con forti resistenze degli interessi protetti. Questa è la ragione per cui durante la crisi molti Paesi hanno trovato più facile riformare i mercati del lavoro, piuttosto che altre aree. E infatti – ha rilevato Draghi – i ripetuti tentativi avviati da inizio secolo di fare dell’Europa ‘l’economia più dinamica e competitiva al mondo’ hanno prodotto solo magri risultati”.

Ora però il problema della produttività non può essere ulteriormente rinviato. Bisogna a gire a livello di imprese per favorire innovazione e tecniche gestionali efficaci, e a livello di sistema affinché “le risorse vengano riallocate nelle aziende più produttive, da quelle meno produttive”.

E questo, secondo Draghi, a sua volta richiede un approccio su tre livelli: primo, rimuovere le barriere alla conoscenza; secondo, economie di scala adeguate con un sistema che consenta alle aziende sane di crescere e, terzo, migliorare il capitale umano investendo sulla formazione, per rendere la crescita non solo più forte “ma più inclusiva”, ha concluso.