La Tempesta di Alessandro Serra: i silenzi e la messa in scena

A Moncalieri in prima nazionale per il Teatro Stabile di Torino

MAR 19, 2022 -

Teatro Torino, 19 mar. (askanews) – “La Tempesta” di Shakespeare è uno dei grandi classici del teatro, e in certo senso anche del metateatro, caro al genio del Bardo. E’ anche un viaggio nel cuore umano, nei territori del potere e dell’odio, ma pure del perdono e della rinascita. Senza dimenticare una relazione decisiva, anche a livello di messa in scena, con il soprannaturale. In tutte queste direzioni si muove anche la versione del regista Alessandro Serra, che debutta in prima nazionale per il Teatro Stabile di Torino alle Fonderie Limone di Moncalieri. Ma la produzione brilla soprattutto per quella che, se parlassimo di cinema, sarebbe la fotografia. Luci, quinte, costruzione della scena con un quadrato di legno che definisce e risolve la gestione dello spazio scenico con la precisione e la grazia di un dipinto. E la sensazione di trovarsi di fonte, per citare la musica, ai “quadri di un’esposizione” è forte, gratificante ed emozionante. La messa in scena non smette di sorprendere dall’inizio alla fine, regalando rimandi all’arte contemporanea che passano da Marina Abramovic alla Vergine degli Stracci di Pistoletto, per arrivare, nei momenti più visionari, a ricordare il lavoro, notevolissimo, del duo belga Jos De Gruyter e Harald Thys, celebre per le marionette a grandezza naturale. E in questo contesto gioca un ruolo decisivo anche la danza, che scandisce i passaggi della trama, attraverso la figura – forse la più riuscita dell’intero spettacolo – dello spirito Ariel, interpretato da Chiara Michelini. A conferma di ciò il fatto che i momenti migliori, quelli che danno la cifra della rilettura di Serra, sono quelli senza dialoghi, (senza voler essere iconoclasti) quelli senza Shakespeare, o, per lo meno, con meno presenza della parola totalizzante del capocomico di Stratford-upon-Evon. Qui a emergere, con una chiarezza che in certi punti mozza il fiato, è la perfezione della composizione, lo straordinario modo nel quale gli attori occupano il quadrato di scena, il potere evocativo di ogni gesto e la forza sovrannaturale della presenza, quando questa assume, nella costruzione attoriale, la piena consapevolezza. Verrebbe da dire di unità di luogo e di tempo, se non fosse filologicamente impreciso. Ma questa imprecisione, che genera evidenza, a noi appare la cifra migliore dello spettacolo, la sua capacità di fare passi avanti rispetto a un testo che, di suo, ha già ovviamente fatto la storia del teatro. La sensazione è che ciò che conta e che lascia il segno in questa Tempesta stia oltre il teatro, in una dimensione più grande, quella, per citare ancora Ariel, dello spirito del teatro. E il cerimoniere di questo rito che unisce attori e pubblico è certamente il Prospero di Marco Sgrosso, formale e distante quanto basta per collocarsi con dignità sul terreno intermedio, quello, appunto della magia e, di conseguenza del metateatro. Senza eccedere e senza perdere il contegno. Nello stesso modo passano le interpretazioni dei nobili naufraghi, alle prese con brame di potere e paure e pentimenti, mentre sono più deboli, perché si allontanano dal silenzio mirabile di certi momenti chiave, le parti grottesche e la figure di Caliban e dei suoi sodali-giullari (figure decisive per il teatro di Shakespeare nel Seicento, lo sappiamo), capaci comunque, nel meraviglioso finale corale di riscattarsi e, anzi, far dimenticare il clamore vernacolare eccessivo di qualche passaggio ridondante. Alla fine resta, naturalmente, anche la lezione morale dello spettacolo, simboleggiata dalla rinuncia di Prospero alla vendetta. Una rinuncia che innesca il vero cambiamento e che prende anche le forme dei corpi di Miranda e Ferdinando, rispettivamente interpretati da Fabio Barone e Maria Irene Minelli. Capaci di rigenerare il mondo, anzi, quasi di ricrearlo, diverso e possibile. Oltre al Teatro Stabile di Torino lo spettacolo di Serra è prodotto da Teatro Nazionale di Roma, ERT e Sardegna Teatro. Resta in scena a Moncalieri fino al 3 aprile, per poi passare a Reggio Emilia e a Roma. (Leonardo Merlini)