Tra Shakespeare, Welles e Melville: il Moby Dick di De Capitani

All'Elfo Puccini di Milano prima nazionale di grande intensità

GEN 12, 2022 -

Teatro Milano, 12 gen. (askanews) – La Balena bianca è forse il più grande mito della letteratura moderna e per potenza può competere anche con quelli dell’antichità. Ora il capolavoro di Melville, insieme al “Don Chisciotte” il romanzo che ha dato forma alla letteratura per come la pensiamo oggi, torna a teatro nella versione scritta da Orson Welles, “Moby Dick alla prova”, in un coproduzione del Teatro dell’Elfo di Milano e del Teatro Stabile di Torino. Sul palco e alla regia Elio De Capitani che, nella prima nazionale andata in scena all’Elfo Puccini di Milano davanti a una sala piena, ha ricreato, con scenografie semplici ma molto raffinate e inserti di canti e balli marinareschi, l’atmosfera del romanzo melvilleiano, che Welles ha saputo sintetizzare con la consueta brillantezza, rispettando e anzi esaltando i passi cruciali del libro. Che come tutti i romanzi-mondo va ben oltre la pagina scritta. Nello stesso modo va oltre lo spettacolo, che parte con un gioco di ruoli: in una compagnia che si appresta a provare il “Re Lear” di Shakespeare il capocomico, prima parte interpretata da De Capitani, decide, non prima di avere recitato un dialogo tra Lear (ancora De Capitani) e la figlia Cordelia (Giulia Viana), di passare a “Moby Dick”. E da qui prende peso la figura di Ishmael, il narratore, perfettamente impersonato da Angelo Di Genio, bravissimo nell’abbassare i toni della recitazione classica per trovare un registro contemporaneo, intenso ma non dissonante al tempo delle serie tv. Ecco, in due punti si sente la forza del ragionamento consapevole che ha dato forma a questo “Moby Dick”: il primo è proprio questo registro che sa essere diretto senza perdere la possanza dei toni universali di Welles e di Melville; il secondo è la capacità di De Capitani, che ovviamente è anche Achab e pure padre Mapple (parte che nel film di John Houston del 1956, con Gregory Peck nel ruolo del capitano della Pequod, era proprio quella di Orson Welles), è la capacità, si diceva, di non fagocitare lo spettacolo con la grandezza, a tratti incommensurabile, dei suoi personaggi. Anzi, attraverso di essi il regista riesce a dare luce agli altri, su tutti Ishmael, Starbuck, perfetto nell’interpretazione di Marco Bonadei, e anche il ragazzino nero Pip (ancora la Viana). C’è poi un terzo punto che qualifica lo spettacolo e la sua ambizione, ed è il gioco narrativo da cui tutto parte: la finzione nella finzione. Un espediente molto caro a Shakespeare, fondativo di un certo modo di pensare il teatro (e non dobbiamo stare a scomodare Pirandello) che qui prende soprattutto le fattezze del direttore di scena, una splendidamente burocratica Cristina Crippa, che insieme a Ishmael guida il racconto, lo indirizza verso l’inevitabile finale. In un crescendo di intensità, di voci collettive, di maschere che restituiscono la follia assoluta della Pequod e anche, come ci ha insegnato D.H. Lawrence, la visone della baleniera come un’immagine “dell’industria americana”. E in questo senso è forte anche l’interpretazione di Massimo Somaglio quando porta in scena l’armatore Peleg, colui che investe il proprio danaro nel folle volo di Achab. Il racconto procede con suggestioni visive che, nonostante l’invito fatto al pubblico di immaginare “balene, oceani e baleniere”, sono intense anche con la poca scenografia. Ma nel momento in cui sono dei tavoli di metallo, nudi e inquietanti oggetti da sala operatoria, a diventare le lance sulle quali i marinai si calano per la caccia alla Balena bianca, si capisce che è stato fatto uno scarto in avanti, che la finzione del proscenio ha preso il posto della realtà. Non occorre più immaginare, perché quelle sono davvero le lance di Stubb (Enzo Curcurù) e Flask (Michele Costabile) e quella che il ramponiere Tashtego (Alessandro Lussiana) ferisce è esattamente Moby Dick, lì, davanti a noi. E la grande balena, nel crescendo finale innescato dall’urlo della vedetta (Vincenzo Zampa) e dalla decisione di Strabuck di restare fedele ad Achab nonostante l’evidente tragedia a cui si sta andando incontro (cosa che fa probabilmente del primo ufficiale il vero eroe dello spettacolo e della Storia), la grande balena arriva davvero in scena con il suo biancore terrificante che tutto finisce con l’abbracciare. Lo spettacolo “Moby Dick alla prova”, che è musicato direttamente sul palco da Mario Arcari resta all’Elfo Puccini di Milano fino al 6 febbraio, poi andrà al Teatro Stabile di Torino. (Leonardo Merlini)