Musica per le assenze: una colonna sonora per Maurizio Cattelan

Concerto in tre momenti nella mostra in Pirelli HangarBicocca

OTT 27, 2021 -

Arte Milano, 27 ott. (askanews) – Tre momenti musicali molto diversi per provare a fare risuonare ulteriormente la mostra, già di per sé estremamente potente, di Maurizio Cattelan in Pirelli HangarBicocca a Milano, “Breath Ghosts Blind”. Il direttore d’orchestra Ruben Jais ha scelto di eseguire brani che si collegassero al tema del ciclo della vita, dalla nascita alla morte, simbolicamente rappresentato dalla presenza della voce umana che, a mano a mano che ci si addentrava sia nella mostra sia nel percorso musicale andava affievolendosi, fino a essere del tutto assente al cospetto della scultura più imponente, il monolito nero Blind. Lo spettacolo, intitolato “Fragile”, si è aperto con due brani solo vocali eseguiti dalla Ensemble strumentale e vocale La Barocca, di William Byrd e Pierluigi da Palestrina. Accanto alle due sculture dell’uomo e del cane accucciati sono risuonate armonie rinascimentali, a loro modo rassicuranti, come se quello delle due statue bianchissime fosse solo un sonno. O perlomeno avesse la delicatezza di un sonno. La mostra di Cattelan, però, è tutta intera un monumento all’assenza, alla perdita, al vuoto che spesso ci connota più dei pieni. Così sotto lo sguardo gelido e giudicante delle migliaia di piccioni le navate dell’Hangar – uno degli spazi più definitivi del contemporaneo in Europa – hanno dovuto ancora una volta registrare l’assenza tecnica di opere al suolo, il proprio essere diventate un palco svuotato a uso del tribunale assoluto degli uccelli, ormai del tutto indifferenti (e quindi crudeli, secondo la nostra probabilmente miope lettura antropocentrica) a noi e alle nostre affannate vicende. E in questo vuoto si sono sparse le note della Cantata BWV 82 di Bach: quella voce in tedesco (la lingua di Kafka, di Musil e di Hannah Arendt, per dire) nel buio del concerto è sembrata un congedo, straziante e inappellabile nella sua dolcezza perduta. Anche in questo caso Jais ha diretto l’Ensemble La Barocca. Nel terzo momento, invece, è salita sulla scena l’Orchestra sinfonica di Milano Giuseppe Verdi che, per simboleggiare ancora di più l’allontanamento dall’umano e la perdita, si è collocata fuori dalla vista del pubblico, nascosta proprio da quel monolito nero che sostiene poi il famoso aereo. In queste condizioni di rarefazione, quasi fossimo già su una galassia diversa, irrimediabilmente lontani dal conosciuto, è stata eseguito un brano, “Fratres”, di Arvo Pärt, solo strumentale, minimalista e ossessivo come ci immaginiamo si addica a una situazione di post-tutto, di fine della storia, di unico e inevitabile compianto. Forse qui la struttura musicale, anche per un orecchio profano, ha trovato maggiore consonanza con l’ambiente, con la mostra nella sua totalità, con la forza dolente e la drammatica (e forse idiosincratica) consapevolezza della fragilità che innerva la ricerca di Maurizio Cattelan – visto nella penombra aggirarsi sorridente tra il pubblico a fine concerto – che tutto è tranne che una banalizzazione o una provocazione, come ancora si sente talvolta dire. (Leonardo Merlini)