Marcello Vandelli torna a esporre a Roma alla Galleria della Tartaruga

La differenza tra l'arte e la vita è che l'arte è più sopportabile

AGO 2, 2021 -

Arte Roma, 2 ago. (askanews) – Torna a esporre a Roma il “maledetto angelico”, Marcello Vandelli. Dopo il successo ottenuto a Palazzo Velli, l’artista modenese è in mostra nella storica Galleria della Tartaruga in via Sistina, un luogo che negli anni ’60 e ’70 cambiò il rapporto tra l’arte e il suo pubblico. Definito dalla critica come uno degli esponenti più importanti del simbolismo pittorico italiano, si legge in una nota, Vandelli ha al suo attivo mostre nazionali e estere. Personaggio eclettico e del tutto singolare, dipinge al solo scopo di non annoiar sé stesso e le sue giornate sono incentrate sul lavoro svolto in un antico fienile, tra mille boccette di colore in una atmosfera che profuma di arte e di magia. Vittorio Sgarbi, parlando di lui, disse che ne avremmo sentito a lungo parlare. “Io colgo nel simbolismo di Marcello Vandelli una sfida che dubito conoscerà molti rivali e che consegnerà alla storia non solo l’artista ma il percorso di un uomo che volle e seppe mettersi in gioco…. al solo scopo di non annoiar sé stesso.” Ed infatti, in Vandelli, tutto ciò che è statico si deve assolutamente confutare e il suo ingegno artistico lo porta a osare nel ricercare nuovi stimoli e modalità espressive, con la consapevolezza di poter mandare in frantumi i rigidi schemi che regolano il vivere quotidiano. Vandelli è una artista contemporaneo che riporta su tela la quotidianità e le tematiche dell’umana esistenza, sperimentando un rivoluzionario orizzonte concettuale. “La differenza tra l’arte e la vita è che l’arte è più sopportabile”, sostiene il Maestro modenese. “Le mie intuizioni artistiche sono l’espressione di uno spirito tormentato che vuole esplodere in un grido liberatorio. Sono un’intensa esplosione di energia psichica che trova evidenza nella contrapposizione tra linee rette e curve, colori caldi e luminosi, freddi e cupi. Ossessionato dalle problematiche della vita e della morte, i pensieri si trasformano in parole, colori, forme, rappresentando la condizione esistenziale dell’uomo moderno, afflitto dalla solitudine, dall’incomunicabilità, dell’angoscia. Il malessere interiore conduce all’introspezione, alla chiusura e questa condizione, apparentemente negativa – conclude Vandelli – induce al ragionamento e alla conoscenza del sé. Lo spirito si eleva, emerge dall’abisso, rinasce. L’arte diventa il tramite verso la liberazione e la ritrovata consapevolezza”. E le sue opere, seppur contaminate dal simbolismo, non somigliano a nessuno degli artisti appartenuti al passato, Anzi, attraverso un intenso impatto cromatico, esprimono un nuovo concetto d’arte dove la componente autobiografica diventa universale. Nelle sue strofe pittoriche non si nasconde una storia, un tema, un’immagine e nel suo stile si racchiude un mondo fatto di ricordi e visioni, di geometrie spurie e di colori. Il suo carattere sempre innovatore e rivoluzionario non lo racchiude o limita in nessun-ismo. “Perché Vandelli – ammonisce Sgarbi – non è Schifano, non è Fontana, è semplice sé stesso”. Vandelli è un Universo a sé. E’ onirico più che descrittivo, narratore più che fotografo, ermetico più che esplicito. Non chiede di essere capito né vuol essere esaustivo ma propone delle sensazioni, delle esperienze e delle visioni. Ogni occhio deve osservare e ogni coscienza può interpretare.