Lo Stato in crisi – La pandemia, caos e domande per il futuro”.

Riflessione sul futuro a cura di Patrick Trancu. Editore Franco Angeli

APR 2, 2021 -

Roma, 2 apr. (askanews) – La Pandemia che oramai da oltre un anno colpisce il mondo ha messo in discussione tutta una serie di capisaldi sociali, istituzionali ed economici. Un fenomeno che ha colpito duramente, anche se non in egual misura, pressoché tutti i paesi sviluppati nei quali, va detto, le reazioni e gli effetti sono state diversi. Del caso italiano e di come tutto l’apparato istituzionale e normativo ha risposto alla crisi, si occupa un interessante volume edito da Franco Angeli dal titolo “Lo Stato in crisi – La pandemia, caos e domande per il futuro”. Il filo conduttore del libro è una domanda: nella gestione della pandemia da Covid-19, l’Italia poteva fare meglio? Il contributo multidisciplinare di 35 tra esperti e accademici fornisce al lettore gli strumenti necessari per ripensare agli eventi da una prospettiva diversa: quella della gestione di crisi.

Un settore in cui il curatore (e coautore) dell’opera, Patrick Trancu, gioca in casa poiché da oltre 20 anni affianca società multinazionali nella preparazione, gestione e recupero da situazioni critiche. “L’elemento di novità delle crisi del XXI secolo – spiega Trancu – risiede nella fragilità e nell’ipercomplessità della società contemporanea. Queste crisi sistemiche ci spingono in un universo caratterizzato dalla perdita di orientamento e di punti di riferimento nel quale appaiono evidenti anche i limiti del nostro sapere tecnico scientifico del momento”.

Dopo un’analisi di come lo Stato è organizzato per gestire situazioni emergenziali e critiche, il lavoro (iniziato a marzo 2020 e durato circa nove mesi) analizza nel dettaglio la gestione della crisi pandemica nella prima fase, limiti emersi, il ruolo di scienziati, esperti e giornalisti. Il messaggio è che il Covid-19 dovrebbe suonare come il campanello d’allarme per la prossima crisi in modo da non farsi trovare nuovamente impreparati prendendo coscienza che un ripensamento del sistema di gestione di crisi dello Stato non è più procrastinabile. “Non bisogna illudersi – spiega ancora Trancu – le crisi sistemiche saranno sempre più frequenti. Negli ultimi 20 anni ne abbiamo già affrontate quattro: l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre, la crisi finanziaria del 2007-2008, la crisi migratoria del 2013 e la crisi da Covid19. L’Italia è assolutamente impreparata per rispondere alla sfida della complessità delle crisi del XXI secolo. Esiste un problema di architettura del sistema di gestione di crisi, un contesto legislativo e normativo inadeguato – abbiamo uno stato di emergenza ma non uno di crisi – e una classe politica, di governo e un apparato burocratico assolutamente impreparati e incapaci di riflettere in contesti caotici e sconosciuti. Il Covid-19 deve suonare come un campanello di allarme. E’ urgente avviare una seria riflessione su come ripensare il sistema di gestione di crisi dello Stato e su come prepararsi per affrontare le crisi sistemiche di questo secolo”.

I fatti a livello nazionale (e internazionale) hanno dimostrato come la pandemia si sia trasformata rapidamente da emergenza sanitaria a crisi sistemica mettendo le nostre istituzioni alla prova sotto molteplici fronti. Una sorta di stress test, osservano gli autori, rispetto a temi cruciali come la capacità di ragionare in termini di complessità, la tenuta del sistema sanitari sociale ed economico, gli strumenti operativi e giuridici a disposizione, l’organizzazione e la catena di comando, l’articolazione di una comunicazione chiara ed efficace, la trasparenza del sistema di gestione e i rapporti con gli altri Paesi. E il quadro che ne emerge è un duro j’accuse nei confronti delle lacune e delle colpe delle nostre istituzioni e dei loro attori.

“A fronte degli enormi sacrifici richiesti agli italiani – affermano gli autori – la gestione della pandemia da parte delle nostre istituzioni è parsa a molti osservatori non essere all’altezza della sfida sanitaria, economica e sociale posta dagli eventi”. Sul banco degli imputati, in particolare, la comunicazione. “Nell’ottica di una comunicazione efficace – evidenziano gli autori – il rapporto tra istituzioni e cittadini si basa su due concetti fondamentali: la fiducia e la credibilità. La comunicazione di crisi delle istituzioni non può essere ostaggio della comunicazione politica e della propaganda. Solo attraverso la condivisione di determinati principi etici è possibile generare un circuito comunicativo virtuoso e solo se la comunicazione istituzionale e quella politica rimangono separate, ciascuna con i propri strumenti e obiettivi comunicativi”.

Il volume esamina poi quella che viene definita “l’improvvisazione del sistema di gestione della crisi pandemica”. E anche in questo caso il quadro è desolante Secondo gli autori, infatti, “la dichiarazione dello stato di emergenza il 31 gennaio porta alla costruzione di una catena di comando complessa e contorta costruita intorno alla protezione civile. Il governo e la presidenza del Consiglio scaricano la propria responsabilità sulla scienza, “delegando” le decisioni relative alla gestione pandemica agli scienziati del Comitato tecnico scientifico della protezione civile (Cts) che raccoglie principalmente personalità del mondo sanitario. Si ragiona quindi con i paraocchi affrontando la sola dimensione sanitaria della crisi anziché perseguire la logica del pensiero complesso che presuppone l’acquisizione di una visione d’insieme della crisi nelle sue diverse dimensioni e una gestione contemporanea o in parallelo delle diverse problematiche. I meccanismi e i centri decisionali della gestione di crisi risultano opachi, le tempistiche riflessive e decisionali in netto ritardo rispetto agli eventi, le catene di comando oscure e complesse, gli atti spesso inaccessibili”.

Per volontà degli autori i proventi del libro verranno devoluti alla Fondazione Theodora (https://it.theodora.org).