I Leoni d’Oro speciali: la Biennale che vuole muovere il pensiero

A Venezia una cerimonia simbolo dell'importanza della cultura

SET 1, 2020 -

Venezia, 1 set. (askanews) – Le cerimonie sono riti e i riti evocano simboli. Per questo la consegna dei quattro Leoni d’Oro speciali della Biennale di Venezia alla memoria di altrettanti grandi intellettuali e curatori – Gregotti, Calvesi, Celant ed Enwezor, tutti scomparsi tra il 2019 e il 2020 – è stata qualcosa in più di un semplice momento istituzionale, è stato anche, come ha ricordato il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, il simbolo di un’Italia della cultura che non si è mai fermata e ora riprende possesso, seppur con regole diverse, anche dei propri spazi, come i Giardini della Biennale.

“Quello che è importante – ha aggiunto Franceschini dal palco – è che è stato possibile vedere anche nei giorni più complicati del lockdown è che la cultura è veramente una boccata d’ossigeno per tutto il mondo e per il nostro Paese”.

La pandemia, per il 2020, non ha permesso di allestire la Mostra internazionale di Architettura e il programma delle Biennali di Arte e Architettura è slittato di un anno. Ma questa pausa ha permesso all’istituzione veneziana di riflettere su se stessa, attraverso la mostra storica “Le Muse inquiete”, e ribadire, per bocca del presidente Roberto Cicutto, la volontà di difendere la complessità.

“La complessità – ha detto ad askanews – genera l’inquietudine, che è il motore della ricerca. Quindi siamo assolutamente tutti all’interno di questo passaggio di testimone tra stati d’animo che, tutto sommato, alla fine devono fare la stessa cosa: muovere il pensiero. E attraverso il pensiero creare l’arte, ma anche altre cose nel caso, per esempio di scienziati o professori. Comunque muoversi”.

Gli stessi Leoni d’Oro, consegnati ai familiari dei quattro ex curatori, rappresentano uno sguardo sulla storia della Biennale, sui momenti difficili, sulle contrapposizioni, ma anche sui grandi passi in avanti che sono stati compiuti, spesso partendo dalle situazioni difficili. E soprattutto vogliono rafforzare l’idea che le varie discipline, nella fattispecie Arti visive, Architettura, Danza, Musica, Teatro e Cinema, sono tutte parte, seppure in modi diversi, del modo di essere della Biennale di Venezia, quindi sono parti di una stessa cultura che ci alimenta. E lo ha ricordato, con un intervento commosso, Augusta Monferini, moglie di Maurizio Calvesi. “Io trovo che la danza o la musica – ha detto alla platea – sono materia che non si esaurisce in qualche mostra: sono elementi eterni e fondamentali per la nostra vita”.

Così come fondamentale è la cultura. In tutte le sue manifestazioni. A Venezia, dove magari sembra più facile dirlo, così come in una qualsiasi periferia del mondo, da cui sempre di più arrivano le voci di artisti, architetti, musicisti, attori, cineasti o danzatori.