Al Museo Pignatelli le fotografie semantiche di Elisa Sighicelli

A Napoli dal 29 maggio un nuova mostra dell'artista torinese

MAG 22, 2019 -

Milano, 22 mag. (askanews) – Mercoledì 29 maggio sarà inaugurata al Museo Pignatelli di Napoli la mostra di Elisa Sighicelli “Storie di Pietròfori e Rasomanti”. L’esposizione, curata da Denise Maria Pagano è promossa dal Polo Museale della Campania e da Incontri Internazionali d’Arte. Il Museo Pignatelli è tra le rarissime case-museo di Napoli e si connota dal 2010 anche come Villa Pignatelli-Casa della fotografia: uno spazio aperto e qualificato ad accogliere manifestazioni, eventi e incontri che favoriscano il confronto sui temi della fotografia come espressione culturale, promuovendo la riscoperta di un patrimonio storico ancora poco noto, la conoscenza di autori e tendenze della fotografia contemporanea a livello internazionale.

La mostra di Elisa Sighicelli, artista torinese classe 1968 che lavora tra il Piemonte e New York, costituisce un passo importante nella parabola rigorosa e defilata di una artista italiana molto apprezzata a livello internazionale, capace di riflettere a ogni passo sui più cruciali temi della storia dell’arte di ogni tempo: la rappresentazione, le ambiguità del vedere e l’impossibilità di non vedersi, e il ruolo della fotografia – oggetto, soggetto, strumento, metafora – in un processo che pone domande fondanti.

Le fotografie di “Storie di Pietròfori e Rasomanti” costituiscono il nuovo e secondo episodio della ‘trilogia sugli spazi’ dopo Palazzo Madama a Torino e prima dell’intervento al Castello di Rivoli su Villa Cerruti – un terzetto di perlustrazioni che mirano a pensare l’architettura come la ‘quarta parete’ della fotografia, ossia un modo di mettere in questione i limiti del mettere in scena le immagini nello spazio costruito. E la quarta parete, come l’ape fantasma di Emily Dickinson, punge sempre e sempre va affrontata, anche se non si fa trovare con facilità.

In mostra a Napoli trentacinque opere, quasi interamente realizzate per l’occasione, che si dispiegano lungo otto sale della villa e sono tutte accomunate dal ruolo della fotografia come materiale, prima che come medium. L’immagine fotografica diventa così un telo di raso insieme scintillante e opaco, travertino poroso e tridimensionale, marmo profondo e luminescente. Sono tutte fotografie stampate su materiali specifici, illusioni ben temperate lungo l’asse del microcosmo fisico della storia dell’arte – in potente accordo categorico con l’atmosfera della villa stessa, dei suoi rimandi storici, dei suoi spiriti nascosti, delle sue analogie perpetue, delle sue icone. Ogni opera sembra intessuta della materia che rappresenta, ma l’occhio non deve farsi tradire dai sensi: sono tutte, invariabilmente, fotografie.

“Nelle fotografie di Villa Pignatelli – ha spiegato Sighicelli – ho focalizzato la mia attenzione su alcuni dettagli della collezione del Museo e della decorazione interna della Villa. Ma c’è anche una fuga verso l’esterno, aldilà delle mura dell’edificio, con forme e materiali provenienti dal mondo dell’estetica classica, romana e rinascimentale: una delle chiavi di lettura del mio lavoro è infatti la corrispondenza tra il soggetto delle fotografie e il supporto su cui sono stampate. In un mondo contemporaneo di immagini virtuali, mi interessa restituire la composita tattilità delle immagini e la loro tangibilità in uno spazio reale”.