“Inerti”, nel libro di Giangravè la Terra dei Fuochi di Sicilia

Il romanzo inchiesta della giornalista siciliana

MAG 12, 2016 -

Roma, 12 mag. (askanews) – La trentenne siciliana Gioia Lantieri perde il lavoro e decide di ritirarsi nel piccolo Paese dei genitori, Acremonte. Lì la storia della sua vita si intreccia con quella di vecchi amici e parenti e con quella di tanti, troppi, morti per cause sospette e volutamente ignorate. E’ la trama del primo romanzo della giornalista Barbara Giangravè, “Inerti”, edito da Autodafè e nato da un’inchiesta mai conclusa su presunti intombamenti di rifiuti tossici in Sicilia, che poggia le basi su un attento lavoro di ricerca che si unisce a una scrittura forte e piena di realismo a cui fanno da sfondo le dichiarazioni che il pentito di camorra Carmine Schiavone, cugino del più noto Sandokan, rilasciò all’autrice prima di morire. Una vera e propria “Terra dei fuochi” siciliana, sconosciuta e strisciante.

“Schiavone lo sentii nel 2014 quando vennere descretati i verbali delle sue confessioni – ha raccontato ad askanews Barbara Giangravè in tour in Italia per presentare il romanzo – e dopo aver letto i verbali sul traffico dei rifiuti in cui si faceva riferimento anche alla Sicilia lo contattai per capire meglio. Purtroppo non mi indicò i luoghi, perché, mi spiegò, la Camorra è vincente in Campania e perdente in Sicilia, ma mi disse che il traffico e l’intombamento di rifiuti in Sicilia era cominciato almeno 10 anni prima di quello in Campania”. Si tratta, quindi, degli anni Settanta. Le parole di Schiavone, che Giangravè ha raccolto quando già una prima stesura del libro era avvenuta, sono state “volutamente inserite nella postfazione”.

Nel romanzo della giornalista siciliana la cronaca, drammaticamente attuale, si unisce alla narrazione romanzata. Gioia si trasferisce nel paesino dei genitori, Acremonte, un luogo di fantasia, ma “che purtroppo potrebbe essere un comune qualsiasi della Sicilia o dell’Italia. Schiavone, infatti, in altre interviste, oltre alla Sicilia parlò anche di intombamenti in Liguria. Per cui Acremonte è l’emblema del malaffare italiano a 360 gradi – ha spiegato l’autrice – l’emblema di come questo Paese non si curi della cosa pubblica e usi la cosa pubblica per interesse privato”.

E se Acremonte è l’emblema dell’Italia, Gioia è l’emblema di una generazione, “la mia generazione, dei precari, di chi troppo spesso è costretto a fare le valigie e partire. La protagonista, nello specifico, fa una scelta controcorrente, non lascia la Sicilia per l’Italia o l’estero, ma si trasferisce dalla città a un paese di provincia”. Un personaggio in parte autobiografico: “La lettera di licenziamento che apre il romanzo, l’ho ricevuta davvero”, ha aggiunto la scrittrice, che è stata insignita, nel 2011, del titolo di Inspiring Woman of Italy per il suo attivismo antimafia.

E da questa lettera di licenziamento, “dalla rabbia di non poter portare a termine l’inchiesta sui rifiuti tossici, dalla mia professione, il giornalismo, e dalla voglia di raccontare una storia, viene fuori Inerti”, ha aggiunto Barbara secondo cui l’unica cosa certa di questa storia è che “non poteva esserci un lieto fine, perché non ho idea di quello che succederà in futuro, ma spero che finalmente se ne parli e lo scandalo venga fuori come è avvenuto in Campania”.