Accoglie in famiglia un senzatetto incontrato alla mensa dei poveri

Nancy Mastia: mi piacerebbe che questa storia diventasse un film

FEB 21, 2023 -

Roma, 21 feb. (askanews) – Quella di Nancy Mastia è la storia di come gli incontri possano cambiarti la vita, soprattutto quando, durante periodi più o meno tormentati, il destino ci mette davanti a persone che lasceranno un segno nella nostra esistenza. Dopo la separazione dal suo compagno, a ventinove anni, Nancy, una donna forte e coraggiosa, si ritrova a crescere i suoi tre figli da sola, in un paesino in provincia di Salerno. Per non cadere in depressione, prende una decisione importante. “In quel periodo – racconta – mi sentivo sola, avevo la necessità di stare con altre persone. Così lasciai il mio lavoro d’insegnante e, per rendermi utile, cominciai ad andare a cucinare alla mensa dei poveri della mia città. Portavo con me anche i miei bambini perché volevo insegnare loro l’umiltà, mostrandogli che c’erano persone che vivevano in stato di grande bisogno e che tutti potevamo fare qualcosa per gli altri, anche solo compiendo piccoli gesti”. Proprio arrivando alla mensa, un giorno, Nancy incrocia lo sguardo stanco di un uomo di una certa età seduto davanti all’ingresso e, prima di superare la soglia, istintivamente si volta verso di lui e gli chiede: “Scusi, lei come si chiama? Posso aiutarla?”. “Mimmo”, le rispose. In quell’istante accadde una magia e fra di loro nacque qualcosa di inspiegabile. “Per me lui è diventato subito ‘Zio Mimmo’ – ricorda commossa – e da quel momento iniziò subito una simpatia, istintiva. Anche i miei tre bimbi, due maschi e una femmina, si avvicinarono a lui, lo aiutarono ad alzarsi e avvertirono una sensazione inspiegabile di empatia e ‘vicinanza’”. E così, dopo vari incontri, Nancy prese un’altra decisione molto coraggiosa. “In quel periodo zio Mimmo viveva in una casa vicino alla mensa dei poveri, nella quale le persone senza fisa dimora dormivano, e dove spesso mi recavo a fare le pulizie. Portavo i bambini con me e, rendendomi conto dell’affetto che li univa a zio Mimmo, dopo un po’ di tempo gli proposi di venire a stare nell’appartamentino in cui abitavamo”. Un gesto spontaneo e venuto dal cuore, quello di Nancy che però ha dovuto affrontare non pochi ostacoli e pregiudizi. “La mia famiglia mi metteva in guardia e non capiva il perché avessi portato in casa uno sconosciuto. Ma io – spiega la donna – lo consideravo come una persona che conoscevo da sempre. Per i miei figli, poi, era diventato quasi un nonno: li andava a prendere a scuola, li viziava, li consolava quando li rimproveravo e gli dava dei preziosi consigli di vita”. Probabilmente i familiari di Nancy erano preoccupati perché di lui non si sapeva molto, se non che aveva lasciato tutto e preso il primo treno che lo aveva portato in quel piccolo comune del salernitano. “Quando lo portammo a casa – ricorda Nancy – andammo anche al mercato a comprargli dei pantaloni e delle camicie da fargli indossare. Lui si adattò subito a vivere con noi. Cominciò a cucinare e quando rispondeva al telefono fisso, con fare signorile, esclamava: “Pronto? Qui casa Mastia”, come se fosse un maggiordomo. Ma io lo rimproveravo dicendogli che doveva essere meno formale, rispondendo soltanto che Nancy non c’è ma potete riferire a me che sono lo zio. Gli facevo capire che doveva sentirsi come una persona di famiglia”. Nancy lo aiutò anche a trovare un lavoretto come segretario per tenerlo occupato e guadagnare qualcosa. Della sua storia invece si sapeva poco davvero, ma i modi e l’eleganza nel vestire, sempre con giacca e cravatta, facevano trasparire un passato di vita agiata e grande istruzione. “Ho anche provato a indagare ma non sono mai riuscita a sapere qualcosa di più di quello che lui raccontava”, ammette Nancy. Sembra che nel periodo in cui Maradona, giocava con il Napoli, Mimmo avesse conoscenze importanti, tanto è vero che quando la figlia di Nancy si ammalò e non trovavano un posto in ospedale per curarla, fu grazie a una telefonata fatta proprio da Mimmo che riuscirono a ricoverare della bambina. Ma lui non ha mai voluto dire nulla sulla sua esistenza precedente, tranne che possedeva dei trulli ad Alberobello di cui, però, non gli interessava molto. Oltretutto Nancy non è mai riuscita a rintracciare un suo parente. Purtroppo, dopo qualche tempo zio Mimmo si è ammalato e poco tempo dopo è morto a causa di un tumore alla prostata. “E’ venuto a mancare il 19 marzo di quattro anni fa, proprio nel giorno della festa del papà. Un segno, per me”, afferma Nancy. Perché in quegli anni lui mi aveva aiutata come avrebbe fatto un parente molto stretto o un padre. “Lui diceva sempre che bisognava aiutare le persone, perché il bene che fai ti torna indietro tre volte e ci dava sempre degli ottimi consigli. Per me che ero una donna separata di 29 anni e che necessitavo di avere una persona accanto che mi aiutasse a non perdermi, Mimmo fu un vero regalo dal Cielo. Era, come detto, anche una figura di riferimento per i miei figli”. Adesso i bambini sono diventati grandi, uno vive a Rho, uno a Venezia e anche la ragazza sta per partire, ma tutti si portano dietro il bagaglio pieno degli insegnamenti che lo zio Mimmo gli ha fornito. “Quando lo abbiamo accolto in casa, contro il parere di tutti, credevamo noi di fare del bene a lui ma se devo essere sincera, è stato lui che ci ha reso la vita migliore. Più ricca”. Ora, a distanza di molti anni da quando è accaduta questa bellissima storia, Nancy ha deciso di raccontarla per la prima volta. “Ho deciso di farlo perché ho un grande desiderio: voglio che la nostra storia diventi un film, per poter rendere omaggio a quest’uomo straordinario” E, proprio per questo, Nancy lancia un appello alle case di produzione cinematografiche: “vorrei realizzare un film sulla storia di questo ‘zio tutto mio’ perché è bene che i media si occupino anche di storie positive che fanno bene al cuore e che siano di insegnamento per tutti. Dopo tanti sacrifici e anche grazie all’aiuto di zio Mimmo, sono diventata una professionista affermata proprio perché quest’uomo ci ha migliorato la vita. Quello che ho imparato è che, paradossalmente, abbiamo ricevuto più noi da lui che non viceversa. Bisogna solamente imparare a essere più generosi e meno diffidenti verso il prossimo perché la vita ci può regalare dei grandi doni. La mia storia potrebbe capitare a chiunque. Sono tante le persone che affianchiamo ogni giorno, persone che spesso sono cadute ma che possono rialzarsi. Dobbiamo imparare a non voltarci mai dall’altra parte. Il bene si insegna e si propaga. Ecco perché vorrei che la nostra vicenda diventi un film. E’ un insegnamento per tutti”.