Vino, Cesconi: Fivi convince perché rappresenta viticoltura autentica

Chiude oggi "Mercato" a Piacenza: sabato e domenica 18mila visitatori

NOV 28, 2022 -

Milano, 28 nov. (askanews) – A guardare i circa 18mila visitatori che si muovevano con i carrelli pieni di cartoni di vino tra i banchi degli 871 produttori, che sabato e domenica scorsa hanno affollato i padiglioni di Piacenza Expo per l’undicesima edizione del “Mercato dei vignaioli indipendenti”, sembra difficile pensare ad un settore fermo o peggio alla prese con un rischio di crisi nel 2023. Clienti (di tutte le età e provenienze) soddisfatti, e produttori raggianti, con molti di loro che oggi, giornata di chiusura, rientreranno nelle loro Cantine sparse per tutta Italia con al seguito pochissime bottiglie rimaste. Tra loro, anche il vigneron trentino Lorenzo Cesconi, presidente della Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi), che ogni anno organizza questa importante fiera. Cesconi, subentrato nel marzo scorso a Matilde Poggi che è stata alla guida della Federazine per nove anni ed è attualmente presidente della Cevi, spiega ad askanews che “la Fivi è nata nel 2008 e da allora cresce in maniera costante: oggi rappresenta 1.450 associati ma anche quei vignaioli indipendenti che associati non sono ancora, perché tuteliamo e portiamo avanti gli interessi dell’intera categoria”. Per Cesconi, questa crescita e “i tangibili segni di stima e apprezzamento, un po’ sono perché in tutti i settori, e quindi anche nel vino, c’è un movimento che dà molto più valore e interesse alle produzioni artigianali, e un pò perché Fivi è riuscita nel compito di diffondere lo spirito e gli ideali che sottintendono alla nostra Federazione, una viticoltura autentica, espressione delle culture dei territori”. Il presidente rifiuta la figura di un “vignaiolo tipo” tra gli associati, rimarcando che “non esiste un identikit, anzi, la diversità per noi è ricchezza, è un punto di forza: ci sono aziende molto piccole, di due-tre ettari, spesso appena nate, che hanno intrapreso un percorso di indipendenza, e aziende storiche più strutturate che arrivano a cinquanta ettari”. “La media mi pare sia di circa 9,5 ettari per azienda, ma la media non racconta nulla” precisa Cesconi, che per quanto riguarda la scelta di agricoltura biologica tra i soci precisa “ci aggiriamo intorno al 50%, e molti lavorano in biologico ma senza certificazione: è un dato molto alto e si spiega con l’attenzione alla qualità, al rispetto e alla fedeltà verso il territorio e al trasferimento nella bottiglia di questi caratteri”. Da tempo uno dei temi di dibattito nel mondo vitivinicolo riguarda la sovrapproduzione, con le ipotesi di ridurre le rese, estirpare vigneti e ricorrere alla distillazione di crisi per eliminare le eccedenze ed equilibrare domanda e offerta anche di fronte al calo del potere di acquisto dei consumatori. “Abbiamo assistito fin troppo a lungo alla celebrazione dei grandi numeri, misurando ad esempio solo la quantità prodotta in confronto alla Francia” afferma il 44enne vignaiolo che gestisce con i fratelli e il padre l’Azienda Agricola Cesconi a Pressano (Trento), sottolineando che “la sfida, soprattutto nelle zone più difficili come quelle montane, è creare valore affinché la Denominazione sia solida e abbia un percepito alto nel consumatore, non espandere quantitativamente fino al collasso. Serve guardare un po’ più lontano e non cavalcare l’onda del momento”. Altro tema attuale è quello delle Denominazioni e dei Consorzi. “Le nostre ‘appellazioni’ devono certamente evolvere per enfatizzare maggiormente la piramide qualitativa e questo si può fare anche mettendo mano alla rappresentanza nei Consorzi di tutela, perché fino a quando tutto viene deciso da pochi grandi gruppi, l’attenzione alla qualità e a ciò che rappresenta la parte alta della piramide qualitativa viene sempre in secondo piano” prosegue Cesconi, ribadendo che “è giusto rivedere il peso proporzionale delle rappresentatività in Consorzio e forse anche il sistema delle deleghe: ci sono diverse vie di ponderazione delle quote che possono dare rappresentanza a tutti”. Infine il mercato, con il tema dei rincari dell’energia e delle materie prime che hanno gravato e continuano a pesare sulle Cantine. “Per nostra fortuna le nostre non sono aziende energivore, se togliamo le spese che si concentrano nella fase di vendemmia soprattutto per l’utilizzo di frigo e in cantina, le nostre aziende non consumano tanto, anche nei casi più strutturati e tecnologici” ricorda il presidente Fivi, evidenziando però che “tutto quello che acquistiamo ha subito dei rincari e molti fornitori promettono nuovi aumenti a cominciare dal nuovo anno e non sappiamo dove si finirà. “Noi non possiamo ammortizzare tutti i rincari che subiamo, quindi se a settembre-ottobre potevamo dire che l’aumento dei costi si aggirava attorno al 15%, adesso immaginiamo di essere già al 20%, quindi una parte dell’aumento andrà inevitabilmente trasferito sul consumatore”. Oltre a quella per la rappresentanza in seno ai Consorzi di tutela, un’altra battaglia importante della Fivi è lo “One Stop Shop”, uno strumento per ridurre gli oneri amministrativi relativi al pagamento delle accise nella vendita diretta di vino dal produttore al consumatore finale all’interno del mercato comune europeo.