Vino, Capaldo (Feudi): export +40% e prevediamo di crescere ancora

"Annata ottima per i vini bianchi, non memorabile per i grandi rossi"

OTT 3, 2022 -

Milano, 3 ott. (askanews) – Fondata nel 1986, Feudi di San Gregorio è oggi la prima azienda vinicola del Sud Italia con oltre 30 milioni di fatturato, un export che copre oltre 50 Paesi nel mondo e un capitale investito di più di 80 milioni di euro. La cantina di Sorbo Serpico (Avellino) è il cuore di un gruppo che comprende anche la biologica Basilisco (Potenza), Campo alle Comete a Bolgheri (Livorno) e Sirch a Cividale, sui Colli Orientali del Friuli (Udine). Alla guida dell’intero progetto c’è il presidente Antonio Capaldo (classe 1977) che askanews ha incontrato in occasione della presentazione dell’opera “Il Canto della Terra” realizzata dal celebre artista romano Pietro Ruffo, entrata a far parte della collezione d’arte della cantina irpina. Dopo l’ottima ripartenza post-Covid e i buoni numeri fatti registrare nel primo semestre di quest’anno soprattutto dalle vendite nel canale Horeca, sul mercato del vino spira il vento della diffusa crisi economica con il rischio concreto di contrazione dei consumi. “Per quanto riguarda il mercato italiano sono preoccupato più per questo trimestre finale che per l’anno prossimo: ci sarà ancora molto turismo e questo aiuta, ma prevedo un trimestre in contrazione” afferma Capaldo che per l’anno prossimo spiega “siamo prudenti, non credo che aumenteremo i volumi rispetto a quest’anno”. Ma se l’Italia è “flat”, il mercato estero (che per Feudi rappresenta tra il 25 e il 30% del fatturato) sembra continuare a crescere e il presidente è fiducioso: “Noi quest’anno siamo in crescita di circa il 40% (con ottime performance in UK e USA) e prevediamo di crescere ancora anche alla luce degli investimenti fatti, ma certamente bisognerà capire, ad esempio, se il mercato Usa continuerà a tirare come adesso”. Comunque vada il mercato a breve, Capaldo continua a guardare avanti e annuncia ad askanews “un piano per prendere un’altra quarantina di ettari in Irpinia e una decina in Toscana” che si aggiungono agli attuali 300 ettari di vigneto, mentre nell’immediato futuro non si profilano acquisizioni di nuove aziende. Di fronte agli aumenti esponenziali di materie prime, energia e trasporti, Feudi di San Gregorio ha contenuto la ricaduta sui consumatori finali. “Per i listini 2022 e 2023 noi abbiamo scelto di aumentare i prezzi netti di un pochino meno di quanto sono aumentati a noi i costi dei materiali, un aumento del 3-4%, molto inferiore all’inflazione reale che si aggira sopra ai 15 punti” ha precisato Capaldo, spiegando che “la scelta è stata fatta anche perché noi abbiamo anche dei prodotti nella grande distribuzione (circa un terzo delle bottiglie complessive prodotte) e abbiamo fatto la scelta di parlare al consumatore che non sempre riuscirebbe a comprendere un aumento del 10%. “Così se su una bottiglia abbiamo avuto dei rincari di 40 centesimi, noi abbiamo aumentato di 30, senza considerare l’aumento del costo dell’energia, di cui al momento abbiamo scelto di farci carico noi” ha precisato, concludendo “riduciamo di un punto la marginalità quest’anno e forse di tre-quattro l’anno prossimo a parità di volumi che dobbiamo per altro ancora fare. Spero che tutti gli attori della catena siano attenti a non mortificare il consumatore finale che questo autunno ha sicuramente meno soldi da spendere”. In piena campagna vendemmiale (finita in Toscana, in via di conclusione in Friuli e in avvio in Irpinia Sannio e nel Vulture), il presidente di Feudi di San Gregorio, Antonio Capaldo si dice soddisfatto per i bianchi e un po’ preoccupato per i rossi. “Complessivamente, nelle regioni in cui noi siamo presenti non mi pare ci sia un problema di quantità. Per il Friuli è una bella annata e lo stesso dovrebbe essere in Campania per i bianchi, mentre per l’Aglianico si intravede una situazione difficile sia per la quantità che per la qualità e, come tempo anche per quello nel Vulture, credo che quest’anno le riserve non le faremo”. “A Bolgheri in Toscana non credo sarà un’annata memorabile, anche se nei vigneti in collina la qualità sarà buona” ha proseguito Capaldo, chiosando: “Per i grandi vini rossi, come succede spesso nelle annate difficili, tranne sorprese, sarà un problema garantire le quantità della giusta qualità dei vini più importanti”. Pur avendo avuto un impatto a macchia di leopardo, a pesare sono stati il caldo e la siccità prolungati registrati quest’anno. Una situazione di fronte alla quale è fondamentale non solo la capacità dei produttori ma anche quella di resilienza dei vitigni. “A Taurasi in Irpinia abbiamo 400 piante prefilosseriche che hanno tra i 150 e i 180 anni, alte tre metri, su cui noi non interveniamo perché hanno un loro equilibrio e sono gli apparati fogliari che resistono meglio al cambiamento climatico” rivela Capaldo, spiegando che “stiamo portando avanti un progetto con l’Università di Napoli che sta appurando scientificamente come le forme di allevamento più antiche, dove l’apparato fogliario copriva meglio il grappolo, sono le migliori per affrontare i cambiamenti climatici in atto, anche se sono un po’ meno pratiche perché non meccanizzabili”. “Noi stiamo sperimentando diverse forme di allevamento: se lasci libera la pianta, se non le imponi delle tecniche di potatura intensive e moderne, in periodi con un caldo come quello di quest’anno, lei si gestisce molto meglio e produce esattamente come in un anno ‘normale'”. Divenuta “Società benefit” nel maggio 2021 dopo l’ottenimento della certificazione Equalitas nell’agosto 2021 e aver aderito nel maggio scorso a “Co2alizione Italia”, nel giugno di quest’anno Feudi ha ottenuto la certificazione “B Corp” che misura e premia le imprese sulla base delle loro performance sociali e ambientali, di trasparenza e responsabilità, e che si impegnano verso i dipendenti, la loro comunità e l’ambiente. “Quello della sostenibilità è un lavoro incrementale e ci sono quattro cose che mi piacerebbe fare entro il 2030: innazitutto anticipare al 2025 la ‘carbon neutrality’, ce la faremo ma non è banale perché la fermentazione stessa del vino produce CO2” spiega Capaldo, continuando “quindi realizzare un impianto a biomasse in Irpinia per le aziende del primario: è un progetto ambizioso perché noi abbiamo il 7-8% di quello che serve e cioé le vinacce che oggi diamo fuori Regione e di cui non recuperiamo l’energia. Quindi dobbiamo far confluire le coltivazioni come la castagna e la nocciola, e il letame degli allevatori, creando un impianto che sia davvero frutto di tutta la filiera”. “Il terzo obiettivo è riuscire ad ospitare una collezione d’arte contemporanea sempre più importante, il che vorrebbe dire che la Fondazione Comunità di San Gennaro (fondata da Feudi) diventerebbe ricchissima e farebbe molte cose belle, e che l’azienda diventerebbe ancora di più un museo a cielo aperto, un luogo d’incontro, un laboratorio d’idee, arte e cultura” ha proseguito il presidente, aggiungendo che “poi, con la Fondazione mi piacerebbe aprire qui una sede della scuola del fare sui mestieri della vigna: noi teniamo già corsi di potatura ma vorrei riuscire a fare in modo che i nostri ragazzi restino sul territorio e che il lavoro di agricoltore diventi attraente”. “Nel primario – ha concluso – ci sono molte opportunità di inserimento per personale specializzato formato”.