Covid, Cartabellotta: tanti morti? Ritardo temporale e troppi fragili

Ad askanews: "Quarta dose e uso più massiccio di farmaci antivirali"

AGO 4, 2022 -

Coronavirus Milano, 4 ago. (askanews) – Il cosiddetto “ritardo temporale” decessi rispetto ai contagi, una popolazione costituita in larga parte da anziani fragili già alle prese con varie patologie, l’efficacia dei vaccini che “comincia a scemare” nel giro di tre mesi dall’ultima dose e un utilizzo ancor troppo timido di farmaci antivirali. Per Nino Cartabellotta, fondatore e presidente della Fondazione Gimbe (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze) si spiega “mettendo insieme tutti questi fattori” l’elevato numero di decessi da Covid registrato negli ultimi giorni in Italia a fronte di un andamento delle curva epidemica in discesa. “Da un punto di vista quantitativo – spiega Cartabellotta ad askanews – l’ondata di Omicron 5 è iniziata a salire i primi giorni di giugno e adesso si è registrata una flessione, però i decessi continuano a salire e nella settimana 27 luglio 2 agosto sono stati ben 1.165 rispetto ai 1.019 della settimana precedente. Innanzitutto c’è sempre da ricordare il famoso ritardo temporale, cioè i decessi che noi registriamo questa settimana sono frutto di contagi avvenuti circa 2 o 3 settimane prima. In pratica, i decessi sono gli ultimi a scendere”. Ma per il numero uno della Fondazione Gimbe, sono anche altri i fattori che hanno portato portano a questo numero molto elevato di decessi, “peraltro anche superiore – puntualizza – rispetto alle stime che avevamo fatto noi. La prima – spiega Cartabellotta – è di tipo epidemiologico: sappiamo che in Italia c’è una popolazione molto anziana però c’è un dato di cui poco si parla e cioè che in Italia, rispetto al resto dell’Europa e in particolare dei paesi dell’Osce, si vive tanto ma si invecchia male. Abbiamo una popolazione di anziani fragili molto numerosa. Perciò quando un anziano pluripatologico prende il Covid, anche se il virus non determina una grave polmonite interstiziale che fortunatamente oggi è abbastanza rara, è evidente che poi decede”. Ecco perchè, mette in chiaro Cartabellotta, “la domanda da porsi – – non è se il Covid abbia determinato il decesso o se esula dalla causa diretta della morte. Ma, se quella persona non avesse contratto il Covid sarebbe ancora viva? Stando ai dati in nostro possesso, per almeno il 92-93% la risposta è sì. In queste persone anziane, fragili e con patologie multiple, l’infezione rappresenta una concausa di morte che ovviamente per ragioni statistiche viene classificata all’interno dei decessi Covid, perchè in tutto il mondo vengono di fatto classificati con questa modalità”. Non è tutto. Perchè per il presidente del Gimbe, bisogna tenere conto di altri due aspetti importanti dal punto di vista preventivo e terapeutico. “Il primo riguarda la protezione delle 3 dosi di vaccino nei confronti della malattia grave: dopo 120 giorni comuncia a scendere. In Italia c’è un numero molto elevato di persone anziane senza quarta dose e registriamo un numero molto elevato di decessi anche tra le persone che hanno fatto già 3 dosi”. Bisognerebbe poi puntare con più decisione sulle terapie antivirali che, chiarisce Cartabellotta, “devono essere somministrate dal momento della comparsa dei sintomi in Italia non hanno mai avuto un decollo dal punto di vista prescrittivo”. Per Cartabellotta, insomma, non ci sono dubbi: “In Italia abbiamo una popolazione suscettibile molto numerosa, la protezione vaccinale contro la malattia grave scade dopo 120 giorni diminuendo ulteriormente mese dopo mese, e non trattiamo adeguatamente questi pazienti con farmaci antivirali. Mettendo insieme tutti questi fattori, alla fine questa settimana ci troviamo con quasi 1.200 decessi”.