Cala consumo antibiotici ma ancora troppe prescrizioni inappropriate

Il Rapporto Aifa sui dati del 2020

MAR 10, 2022 -

Farmaci Roma, 10 mar. (askanews) – Nel 2020 il consumo complessivo, pubblico e privato, di antibiotici in Italia è stato pari a 17,7 dosi per die ogni mille abitanti, in forte riduzione rispetto al 2019 (-18,2%). Con 692,1 milioni di euro gli antibiotici hanno rappresentato il 3% della spesa e l’1,2% dei consumi totali a carico del SSN. E’ quanto evidenziano i dati del Rapporto Nazionale Aifa sull’uso degli antibiotici in Italia. “Quasi l’80% delle dosi totali (13,8 dosi/1000 abitanti die) – si legge – è stato erogato dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), con una riduzione del 21,7% rispetto al 2019; questo dato comprende sia gli antibiotici erogati in regime di assistenza convenzionata (dalle farmacie pubbliche e private) sia quelli acquistati dalle strutture sanitarie pubbliche”. “Nel 2020 il 26,2% (nel 2019 era il 40,9%) della popolazione italiana fino ai 13 anni di età ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici sistemici, con una media di 2 confezioni per ogni bambino trattato, in forte diminuzione rispetto al 2019”. “Il maggior livello di esposizione si rileva nella fascia compresa tra 2 e 5 anni, in cui circa un bambino su tre riceve almeno una prescrizione di antibiotici. Il tasso di prescrizione è superiore nei maschi rispetto alle femmine soprattutto nella fascia 0-1 anno”. Inoltre, “quasi il 45% della popolazione ultrasessantacinquenne ha ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici sistemici, con il Sud che registra i valori di esposizione maggiori (56,5%), seguito dal Centro (46,8%) e dal Nord (33,4%)”. “Nel 2020, a livello nazionale, il consumo ospedaliero di antibiotici è stato pari a 92,1 DDD/100 giornate di degenza, con un aumento del 19,3% rispetto al 2019. Le categorie di antibiotici più utilizzate a livello ospedaliero sono, in ordine decrescente, le cefalosporine, i carbapenemi, i monobattami, le penicilline e i macrolidi”. “Dall’analisi dei dati della Medicina Generale sulle prescrizioni ambulatoriali di antibiotici per specifiche patologie infettive è emersa una prevalenza di uso inappropriato che supera il 25% per quasi tutte le condizioni cliniche studiate (influenza, raffreddore comune, laringotracheite, faringite e tonsillite, cistite non complicata). Nel 2020 le stime osservate sono tutte in aumento rispetto all’anno precedente, in modo più evidente per la cistite non complicata nelle donne, a eccezione delle infezioni delle prime vie respiratorie, per le quali si osserva una riduzione della prevalenza di uso inappropriato”. “Nel 2020 – infine – il consumo territoriale si è mantenuto superiore alla media europea, nonostante la marcata contrazione rispetto all’anno precedente. Il consumo di antibiotici in ambito ospedaliero è stato di poco superiore alla media europea e in leggero aumento rispetto al 2019”. Un’analisi particolare ha riguardato la pandemia. Sottolinea il Rapporto: “La mancanza di specifiche terapie per il trattamento dei pazienti affetti da COVID-19 ha indotto, soprattutto nella prima fase della pandemia, un frequente utilizzo di antibiotici nei pazienti più gravi, considerati a maggior rischio di sviluppare infezioni batteriche secondarie, potenzialmente fatali. Una meta-analisi ha però evidenziato come tale ricorso agli antibiotici sia stato spesso eccessivo: infatti, nonostante solo il 7% dei pazienti affetti da COVID-19 presentasse una infezione batterica, nel 70% dei casi è stato prescritto un trattamento antibiotico. Questi risultati evidenziano un rischio particolarmente elevato di inappropriatezza prescrittiva in corso di pandemia e di aumento delle resistenze”.