Interessi, startup e capitali dietro la carne artificiale

In Italia il libro inchiesta di Luneau. De Castro: tema insidioso

DIC 17, 2021 -

Agroalimentare Milano, 17 dic. (askanews) – Li ha definiti “surrogati della carne” e ha invitato fare chiarezza prima di tutto sulle parole per affrontare un tema controverso, che vede in campo grossi interessi e ingenti capitali, che promette di essere una soluzione per l’inquinamento ambientale ma che spezza un legame non solo naturale ma anche antropologico tra l’uomo e il resto del Pianeta. Parliamo di cibo sintetico e le parole citate sono di Gilles Luneau, l’autore del libro Carne artificiale? No, grazie, pubblicato in Italia da Castelvecchi editore, che ha condotto un’inchiesta fra Stati Uniti ed Europa sulle startup attive in questo campo, i loro finanziatori e i legami con il movimento vegano. Secondo i dati del Good Food Institute, l’organizzazione no-profit che promuove alternative vegetali e cellulari ai prodotti animali, riportati nel libro, in due anni dal 2017 al 2018, gli investimenti in società di sostituti della carne, del latte e delle uova a base di piante hanno raggiunto i 14 miliardi di dollari. Mentre quelli per la carne coltivata, benché essa non sia ancora commercializzata, tra il 2015 e novembre del 2019 hanno superato i 150 milioni di dollari di investimenti. “A fine 2020 ci sono 800 aziende nel mondo che fanno prodotti alternativi alla carne a partire da cellule vegetali, 90 lavorano su cellule in vitro, alcune sono attive solo da un anno ma hanno già iniziato la fase di assaggio – ha detto durante la presentazione online del volume – In inglese si dice ‘plant based meat’ ma questi surrogati non sono a base di piante, ma a base di proteine vegetali estratte dai vegetali, oppure prodotte artificialmente tramite modifica genetica. Per quello che concerne la carne artificiale, poi, questa viene prodotta in un laboratorio chimico”. A parlare del tema in un dibattito online anche Paolo De Castro, coordinatore del Gruppo S&D alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo, che ha particolamente apprezzato il lavoro di Luneau invitandolo a parlare al Parlamento europeo: “La narrativa intorno alla carne sintetica è molto avvincente: oggi gli animalisti sono una lobby molto forte nel Parlamento europeo – ha detto De Castro – in questo modo non ci sarebbero più animali che vengono allevati e trattati male in risposta alle sensibilità animaliste e ambientali ma questo è un tema molto insidioso, occorre far capire gli interessi che ci sono dietro”. E a tal proposito ha espresso insoddisfazione per la risposta del commissario Janusz Wojciechowski a una sua interrogazione proprio su questo tema: “Ho notato una certa superficialità da parte del commissario – ha osservato – la sua risposta non è stata rassicurante alla mia domanda sul perchè l’Ue usi fondi europei per la ricerca per finanziare questa ricerca. Mi ha risposto che è importante andare avanti con la ricerca perchè magari ci offre la soluzione ad alcuni problemi”. L’attenzione in Italia al tema è alta come dimostrano le parole di Ettore Prandini, presidente di Coldiretti. “Ci auguriamo che mai la carne sintetica possa sostituire la carne tradizionale. La crescita degli investimenti che ha riguardato in questi ultimi anni i prodotti a base di sintesi, prodotti fatti in laboratorio e non figli invece di una fase di coltivazione o allevamento, è esponenziale, non ha eguali in nessun altro settore produttivo e questo ci deve portare a riflettere perché è accompagnato anche da una mancanza di attenzione delle istituzioni in questo caso a livello europeo”. Nel dibattito è intervenuta anche Susanna Bramante, agronoma e consulente per la nutrizione che ha affrontato il tema da un punto di vista nutrizionale affermando nella carne sintetica “mancano tutte le sostanze nutritive che si possono trovare nella carne vera perché perchè la carne una matrice complessa di sostanze nutritive che interagiscono tra loro e molte delle quali ancora non sono conosciute quindi non si possono riprodurre artificialmente – ha affermato – tutta questa complessità viene data dal vissuto dell’animale che manca nelle cellule artificiali e questa perdita di complessità si ripercuote in modo negativo sulla salute del consumatore”. Ma c’è anche un altro aspetto che Prandini ha sottolineato e che ha a che fare con il ruolo di “custodi dei territori” di agricoltori e allevatori: “Se viene meno la zootecnia viene meno comunque un presidio del territorio soprattutto nelle aree interne, collinari e montane che senza zootecnia non riuscirebbero a sopravvivere, che porterà un’esponenziale crescita dei costi che andranno a gravare proprio sulle persone più fragili e le fasce sociali più deboli”. La riflessione che Luneau lancia con questo libro-inchiesta però si estende anche all’aspetto antropologico di questo cambiamento: “Rischiamo una rottura antropologica – ha avvertito – le società si sono costruite su agricoltura e allevamento non solo per nutrirsi che è un atto sacro ma tutte le nostre culture si sono basate su questo anche la religione. Non possiamo costruire la nostra identità con alimenti in laboratorio”.