Surgelati al ristorante: quell’asterisco usato solo in Italia (e Cipro)

Per 64% italiani non è un problema. Iias: tempi maturi per toglierlo

NOV 30, 2021 -

Enogastronomia Milano, 30 nov. (askanews) – E’ ancora utile l’asterisco nel menù dei ristoranti, quello che ci dice se in un piatto sono presenti uno o più ingredienti surgelati? Le varie associazioni di categoria lo hanno da tempo bocciato come anacronistico ed equivoco, eppure da oltre quarant’anni questo simbolo sta lì ad indicare un discrimine tra un alimento fresco e uno conservato sotto zero. Non esiste per la verità una legge che lo impone ma una giurisprudenza penale che di fatto lo rende obbligatorio e, altro aspetto svantaggioso, siamo gli unici in Europa insieme a Cipro a indicarlo. Di fatto l’asterisco nella ristorazione è visto come una penalizzazione per un comparto dell’industria alimentare che progressivamente è cresciuto in termini di gradimento da parte degli italiani: se nel 2020, complice anche la pandemia, abbiamo tagliato il traguardo dei 15 chili procapite annui di alimenti surgelati (dati Rapporto Iias 2020), anche al ristorante, i due terzi dei consumatori (64%), nella scelta dei piatti, non sembrano condizionati dall’asterisco (lo considerano alla stregua di un simbolo) come emerge dalla ricerca di Bva-Doxa per l’Istituto italiano alimenti surgelati. Un segnale dell’aumento della reputazione che negli anni è andato di pari passo con un incremento dell’offerta da parte dell’industria, sul cui fatturato la ristorazione pesa per circa un terzo, eccezion fatta per lo scorso anno quando la quota si era ridotta a un quarto gravata dal crollo del 37% delle vendite per il fuori casa. “I tempi sono maturi per togliere l’asterisco dai menù – ha detto Giorgio Donegani, presidente di Iias, in occasione dell’evento organizzato a Milano proprio su questo tema – anzi sarebbe un’operazione che faciliterebbe tutta una serie di situazioni di difficile gestione proprio per la presenza di questa discriminazione dei surgelati che sono stati un’àncora di salvezza per la ristorazione nell’anno della pandemia e non una salvezza al ribasso della qualità ma proprio per garantire l’alto livello di qualità che la ristorazione deve tenere”. “Quello che occorre sottolineare – ha detto Marco Ferraresi, sociologo e studioso di consumi e comunicazione – è che il prodotto surgelato è un prodotto fresco che poi viene surgelato per essere conservato fresco. E questo è un patrimonio dei millennial e dei giovani più che dei consumatori in età meno veloci ad accettare questa realtà”. Oggi anche quando siamo “fuori casa”, stando alla ricerca Bva Doxa, scegliamo i surgelati perché consentono di superare la stagionalità o la disponibilità dei prodotti freschi (37%), aiutano a combattere gli sprechi alimentari (36%), sono sicuri e tracciabili (21%) e hanno, per il 19%, la stessa qualità dei prodotti freschi. Ma se da un lato cresce la consapevolezza dei consumatori rispetto a questi prodotti, dall’altro la giurisprudenza continua a penalizzare il ristoratore che non contrassegna con un asterisco l’eventuale presenza in un piatto di uno o più ingredienti congelati o surgelati. “Se per la normativa amministrativa (per altro di derivazione europea) non è necessario indicare con un asterisco ogni piatto trattato con prodotti sottozero, per la giurisprudenza penale italiana è obbligatorio farlo per ogni singolo piatto, pena una condanna che prevede una reclusione fino a due anni o la multa fino a duemila e sessantacinque euro – lamenta il direttore generale Fipe, Roberto Calugi – Una confusione che complica la vita agli operatori del mercato e che, è bene sottolinearlo, è decisamente più dannosa delle regole stesse”. Se l’asterisco da un lato nulla ha a che fare con la sicurezza igienico-sanitaria dell’alimento, garantita a prescindere, dall’altro oggi quel simbolo suona come un giudizio sulla qualità dei prodotti surgelati mentre proprio nella ristorazione il surgelato diventa in alcuni casi l’unica tecnica di conservazione possibile per portare in tavola prodotti fuori stagione o provenienti da aree lontane. Senza contare i casi in cui l’abbattimento è l’unico modo, igienicamente sicuro, per poter portare in tavola un piatto (è il caso del pesce crudo). “Chiediamo di togliere l’asterisco accanto ai surgelati dei menu ristorativi, poiché crea diffidenza o addirittura rifiuto da parte dei clienti – ha ribadito Alessandro Circiello, portavoce della Federazione italiana cuochi – I prodotti surgelati sono assolutamente sicuri, mantengono tutte le proprietà nutrizionali e soprattutto concorrono in modo fondamentale ad evitare lo spreco alimentare e a far conoscere il buono dell’Italia nel mondo”. E nei mesi della pandemia, con le aperture a singhiozzo, hanno garantito flessibilità nella gestione delle preparazioni e un contenimento di costi oltre che degli sprechi. L’asterisco interpretato come uno strumento per la trasparenza nei confronti del consumatore oggi a detta degli operatori del comparto rischia al contrario di creare un cortocircuito informativo. “Alla base c’è un problema di comunicazione non solo nei confronti dei consumatori ma anche dei decisori politici – ha concluso Donegani – perchè effettivamente non c’è quella conoscenza profonda della materia per comprendere un discorso di buon senso. Quindi occorre intervenire coi decisori politici ma è importante anche la forza che possono avere i consumatori nel determinare l’orientamento della politica”.