Quello che c’è da sapere sulla variante Mi e quanto preoccupa

L'epidemiologo Massimo Ciccozzi rivela i dati preliminari di uno studio che sta conducendo

SET 16, 2021 -

Coronavirus Roma, 16 set. (askanews) – Una lettera dell’alfabeto greco dopo l’altra, il Sars-Cov-2 è arrivato alla variante conosciuta come Mu, che chi sa il greco corregge in Mi. Rilevata per la prima volta a gennaio 2021 in Colombia, l’Oms la tiene sotto osservazione, classificata fra le Varianti di interesse (Voi); dal Sudamerica è arrivata negli Stati Uniti, poi in Europa i primi casi, con l’Ema che l’ha giudicata “potenzialmente preoccupante”. E’ arrivata sempre più vicino: qualche decina di casi a inizio settembre sono stati contati in Svizzera. Ma quanto c’è da preoccuparsi (davvero) per la nuova variante? Lo spiega ad Askanews Massimo Ciccozzi, responsabile dell’unità di statistica medica ed epidemiologia della facoltà di medicina e chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma, che con il suo team sta propio studiando questa variante. E ci rivela alcuni dati preliminari. “L’Oms la prende sotto osservazione – e non come variante di preoccupazione – per due motivi: 1) perché è diffusa solo in Colombia e in Ecuador, ha una percentuale del 39% in Colombia e del 13-14% in Ecuador; 2)perché nell’ultimo mese è aumentata in maniera importante nei due Paesi sudamericani. Il ragionamento è semplice: se è aumentata, forse è molto contagiosa, quindi andiamo a vedere le mutazioni che ha. Lo stesso regionamento che fatto dal mio gruppo di ricerca e così è partito lo studio”, spiega Ciccozzi, che qui già sottolinea una premessa importante per capire quanto sia davvero più contagiosa la variante Mi: “E’ particolarmente diffusa in Colombia, e in quel Paese i vaccinati con doppia dose ad oggi sono solo il 28% della popolazione, quindi ci sono molte persone non protette. Probabilmente quindi l’aumento percentuale dei casi di questa variante osservato, in realtà è dovuto alla scarsa vaccinazione, e ai comportamenti non adeguati per contrastare la diffusione del virus, come mancato rispetto delle distanze, scarsa igiene, non utilizzo della mascherina”. A questo proposito “i dati preliminari degli studi che stiamo conducendo ci fanno vedere molte cose interessanti”. Ovvero la nuova variante “ha molte mutazioni comuni alle altre varianti. Ha la 501Y tipica delle varianti inglese, brasiliana e sudafricana, che riguarda la contagiosità. Ha la E484K, la mutazione che dà un po’ fastidio al sistema anticorpale, riducendo di pochissimi punti percentuale l’efficacia del vaccino. Ha la variante D950N, che ha anche la Delta. I dati che abbiamo fino ad esso ci dicono che la nuova variante non è assolutamente più contagiosa della delta. La delta ha una contagiosità dalle 6 alle 8 volte maggiore rispetto al ceppo di Wuhan che ormai non esiste più. L’R0 della variante Delta è uguale a quello della varicella, e la variante Mi è sicuramente meno contagiosa”. E per la temuta capacità di sfuggire al vaccino? “L’escape vaccinale non è dovuto ad una nuova nutazione, ma è sempre legato alla E484K. Nulla di nuovo. Un recente studio giapponese afferma che la nuova variante dia molto fastidio ai vaccini. Ma nell’esperimento è stato usato uno pseudo virus, un virus creato in laboratorio non un vero virus. E i risultati non possono essere precisi perché è un costrutto. La variante Mi del Sars-Cov-2 in realtà ha la stessa capacità (pochi punti percentuali) di sfuggire ai vaccini della Delta, condividendo la stessa mutazione E484K. In più ha un’altra mutazione che può dar fastidio, la D950N che però ha anche la Delta. Quindi più o meno ha le stesse caratteristiche della Delta, ma è meno contagiosa”. Questo nuovo sito N in cui sta mutando il Sars-Cov-2 è qualcosa, sebbene senza particolari timori, da osservare: “La capacità di inficiare (molto poco) l’efficacia degli anticorpi non è tanto data dalle mutazioni della proteina Spike, nel tradizionale sito di Rbd (receptor-binding domain) ma dalle mutazioni sulla parte N terminale del virus, la parte più laterale della proteina Spike. La proteina Spike, che aggancia le cellule umane, ha due sub unità, s1 e s2. La prima è una regione molto flessibile dove si trova il sito di binding (Rbd, receptor-binding domain, ‘dominio che lega il recettore’), il sito di aggancio attraverso il quale il virus è in grado di riconoscere e legare il recettore Ace2, la porta di ingresso del virus nelle cellule umane, dove abbiamo osservato finora tutte le mutazioni principali. Nella subunità S2 c’è una piccola regione chiamata FP, che è la chiave attraverso il quale il virus riesce ad aprire ed entrare nella cellula bersaglio agganciata e qui parte l’invasione e la replicazione. Nel sito N-terminale di questa chiave è stata osservata nella variante Mi una mutazione particolare: sembra che perda un pezzetto del suo Rna. Come se ad un certo punto il virus tendesse un poco a perdere quegli epitopi che sono riconosciuti dagli anticorpi, per scappare alla loro caccia. Questa mutazione non ha ancora la forza di sfuggire agli anticorpi ma è sempre il solito problema: il virus circola ancora troppo”. In conclusione, “che la variante Mi sfugga ai vaccini è presto per dirlo, anzi, i primi dati non rivelano un peso tale da inficiare i vaccini. Però ci fanno vedere nuove mutazioni che si trovano sulla parte Ntd (N-terminal domain) della spike. Le mutazioni sul sito Rbd di aggancio sono le stesse della Delta. La variazione del campo elettrostatico è inferiore e l’interazione con l’Ace2 diminuisce rispetto alla Delta, quindi è meno contagiosa”. E qualche cosa di particolare c’è rispetto alla Delta: “Sembra che la mutazione vada a sostituire un amminoacido con un altro e il nuovo è più grande, quindi provoca un ingombro sterico che sembra possa diminuire l’affinità per alcuni anticorpi”. Se “prima le mutazioni si concentravano sulla forma ed efficacia dell’aggancio del virus, ora sembra si inizi a interessare l’affinità degli anticorpi”, come se a cambiare sia la toppa della serratura dove la chiave-anticorpi deve entrare per contrastare il virus. Ancora il cambiamento è molto lieve, quindi la protezione dei vaccini resta, così come con la Delta, che resta altissima per la malattia grave e la morte. Secondo l’ultimo report Iss dell’11 settembre la protezione per chi è completamente vaccinato, doppia dose, è 77% per l’infezione, 93% per l’ospedalizzazione, 96% per i ricoveri in terapia intensiva e per i decessi. E quello che succede in Colombia, non dipende dalla contagiosità della nuova variante bensì dalla scarsa protezione vaccinale della popolazione. Ciccozzi non ha mai smesso di dirlo, confermandolo ad ogni nuova variante scoperta (come prevedibile viste le caratteristiche del virus a Rna Sars-Cov-2): “Se il virus circola molto ha più possibilità di fare mutazioni, ogni volta che si replica c’è la possibilità che faccia un errore, e quando fa un errore evolutivamente più congeniale se lo tiene stretto. E’ la strategia evolutiva del virus: contagiare di più e scappare dal sistema immunitario”. In altri termini, “più il virus circola, più aumenta il rischio di mutazioni. Più si vaccina una popolazione, meno si fa circolare il virus, meno mutazioni e varianti (comprese quelle potenzialmente pericolose) si hanno”. Con un corollario non da poco, finora sottovalutato: “E’ importante avere una adeguata e bilanciata copertura vaccinale in tutti i Paesi, altrimenti la pandemia non la fermi più. Tutti i Paesi europei devono avere la stessa copertura vaccinale per poter dire: abbiamo bloccato la pandemia. Ma in Africa la copertura vaccinale è al 2%, c’è una circolazione endemica dove il virus continua a infettare, e fa mutazioni. Nessuno può garantire che un domani faccia una mutazione così importante da saltare un vaccino. Nessuno può impedire che un virus contagioso come questo non arrivi dall’Africa in Europa”. Quindi “occupiamoci anche della vaccinazione in Africa. Bisogna essere epidemiologicamente altruisti, che in questo caso significa semplicemente far uscire il virus dalla porta e non farlo entrare dalla finestra”. (di Giovanna Turpini). Gtu