Energia, Graditi (ENEA): su idrogeno Italia ha punti di forza

"Sfruttare meglio potenzialità rinnovabili, serve cambio di passo"

APR 12, 2021 -

Roma, 12 apr. (askanews) – Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, in fase di elaborazione, destina 69,8 miliardi di euro (il 31% del totale delle risorse disponibili) alla Missione 2 ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’ che mira a realizzare la transizione verde ed ecologica della società e dell’economia italiane. La Missione comprende tre dei programmi flagship del programma NGEU, uno dei quali riguarda le energie rinnovabili e la produzione e il trasporto di idrogeno. La transizione ecologica è strettamente connessa all’abbandono delle fonti più inquinanti privilegiando quelle rinnovabili e con minor impatto, tenendo presente l’obiettivo europeo di emissioni zero al 2050. Per fare il punto sulla situazione attuale in Italia e sulle scelte necessarie per rispettare gli obiettivi prefissati, askanews ha intervistato Giorgio Graditi, Direttore del Dipartimento Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili dell’ENEA.

Dottor Graditi partiamo da una fotografia del presente. Attualmente il fabbisogno di energia elettrica in Italia è coperto da quali fonti in proporzione?

‘Nel 2020 (dati IEA, Terna, ARERA, Assocarboni) i combustibili fossili hanno contribuito alla generazione di energia per circa il 55% e l’apporto del carbone è stato inferiore al 10%. Il restante 45% è fornito da idroelettrico (17,5%), fotovoltaico (9,2%), eolico (7,2%), geotermico (2%) ed autoconsumo che proviene prevalentemente da cogenerazione e fotovoltaico. L’Italia con i suoi 55 GW installati (21 fotovoltaico, 19 idroelettrico, 11 eolico e 4 bioenergia e geotermico) ha raggiunto il target assegnato al 2020 già nel 2017; tuttavia la potenzialità di sviluppo delle fonti rinnovabili è molto superiore e dovrebbe essere sfruttata appieno. Con l’attuale trend di crescita delle rinnovabili – evidenzia Graditi – gli obiettivi fissati nel Green Deal non potranno essere raggiunti nei tempi previsti; è, pertanto, decisamente necessario un cambio di passo. Secondo uno studio di Confindustria emerge che, se implementato, il Green Deal, per il solo settore elettrico, oltre ad evitare 50 Mt di emissioni di CO2, produrrebbe circa 100 miliardi di euro (50 miliardi per la generazione, 30 per reti e digitalizzazione, 20 per accumulo) di investimenti e creerebbe circa 90.000 nuovi occupati’.

Il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) prevede l’abbandono del carbone nel 2025. È un obiettivo raggiungibile?

‘Con riferimento al carbone attualmente in Italia abbiamo una capacità installata di circa 8 GW distribuita su 8 centrali, 5 delle quali, rappresentanti l’87% del totale, di proprietà di Enel S.p.A e di cui soltanto tre attive (Torrevaldaliga Nord, Brindisi Sud e Sulcis). Enel S.p.A ha espresso la volontà di convertire tale capacità in impianti a gas e rinnovabili, come riportato nel piano strategico 2021-2023. É, inoltre, da evidenziare – prosegue Graditi – che l’Italia non è un paese produttore di carbone, ma importatore. Pertanto, l’obiettivo del phase-out del carbone al 2025 è raggiungibile, ma si tratta di un processo che dovrà essere inserito all’interno di un articolato programma di sviluppo di nuova capacità di generazione e di adeguamento infrastrutturale del sistema elettrico, in modo che tale transizione avvenga in condizioni di sicurezza del sistema. Inoltre, è auspicabile – sottolinea – spingere prioritariamente per una conversione alle rinnovabili piuttosto che per la sostituzione di una fonte fossile con un’altra. Infatti, da uno studio recente dell’Energy Watch Group, emerge che sostituire il carbone con gas in impianti OCGT (Open Cycle Gas Turbine) fa aumentare del 41% le emissioni complessive responsabili dell’effetto serra, a causa delle elevate emissioni cosiddette ‘fuggitive’ di metano. In tale scenario è necessario che la conversione alle fonti rinnovabili sia pienamente realizzata anche nei territori e nelle aree industriali da riqualificare (ad es: Brindisi e Sulcis) che sono, tra l’altro, beneficiari di fondi dedicati derivanti dal Just Transition Fund, istituito proprio per favorire il processo di decarbonizzazione e l’affermazione di un modello economico, energetico, ambientale e sociale sostenibile’.

Le fonti rinnovabili in che misura contribuiscono al fabbisogno di energia elettrica dell’Italia? Quali sono gli obiettivi di sviluppo al 2030?

‘Nel 2020 (dati IEA e Terna), in Italia, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è stata di circa 120 TWh per una capacità installata di circa 55 GW. La proposta della Commissione Europea di ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 impone di allineare il PNIEC a tale obiettivo. La percentuale di rinnovabili sui consumi lordi di energia – spiega Giorgio Graditi – dovrebbe passare dal previsto 30% al 40%, mentre l’apporto delle rinnovabili elettriche dal 55% al 70%. Pertanto, si dovrà raddoppiare la capacità installata (Studio Elettricità Futura) con un forte contributo del fotovoltaico (passando da 21 GW a 71 GW), seguito da eolico (da 11 a 24 GW), idroelettrico (da 19 a 20 GW), bioenergia e geotermico (da 4 a 5 GW) e con un significativo incremento dell’accumulo (almeno 10 GW). Con riferimento al fotovoltaico è necessario, per il perseguimento del target di crescita previsto, un suo sviluppo non soltanto in ambito residenziale, ma anche in zone improduttive, in aree contaminate da riqualificare, discariche e siti di proprietà della pubblica amministrazione. Dovranno, inoltre, realizzarsi anche impianti fotovoltaici galleggianti che, unitamente a quelli eolici offshore, potranno contribuire al raggiungimento dell’obiettivo. La transizione verso la decarbonizzazione del sistema energetico – sottolinea – sarà efficace se sostenuta anche da un processo di semplificazione ed armonizzazione degli iter autorizzativi necessari all’installazione di nuovi impianti, e dal coinvolgimento attivo e proattivo dei territori e dei cittadini attraverso una adeguata campagna di informazione e formazione per aumentare l’accettabilità sociale delle tecnologie innovative’.

Capitolo idrogeno. Che cosa può rappresentare questa filiera per la transizione energetica?

‘L’Europa, con il Green New Deal, si è candidata a diventare nel 2050 il primo continente al mondo ad impatto climatico zero. Per raggiungere tale obiettivo sarà necessario affrontare sfide ambizione, compiere scelte coraggiose, investendo su un sistema energetico integrato, più efficiente e interconnesso, in grado di valorizzare le caratteristiche ed i benefici di ciascun vettore. In questo scenario – spiega Graditi – l’idrogeno è al centro del dibattito politico, energetico e industriale, e tutte le agende strategiche Europee e Nazionali sono concordi nel riconoscergli, insieme alle fonti rinnovabili, il ruolo di miglior candidato per garantire la sostenibilità energetica e promuovere lo sviluppo economico sostenibile. Lo scorso 8 luglio la Commissione Europea ha lanciato la strategia europea per l’idrogeno, con un duplice obiettivo: da un lato, favorire ed estendere l’uso dell’idrogeno in sostituzione ai combustibili fossili, e dall’altro decarbonizzare la produzione, dando priorità all’idrogeno verde (ossia prodotto da energia rinnovabile), ma considerando anche altri processi produttivi a basso contenuto di carbonio. Infatti, l’idrogeno può contribuire in modo significativo a processi industriali più sostenibili e puliti, alla realizzazione di una mobilità a zero emissioni, alla riduzione delle emissioni generate dal riscaldamento domestico, a garantire la sicurezza e la flessibilità del sistema energetico grazie alla sua capacità di fungere da elemento di congiunzione tra il settore del gas e quello elettrico’.

Come si posiziona il nostro Paese?

‘L’Italia può posizionarsi strategicamente in tutti i settori di riferimento della filiera idrogeno: produzione, logistica, trasporto e distribuzione, usi finali nella mobilità, nell’industria e nel residenziale. Inoltre, grazie al suo status di seconda nazione manifatturiera d’Europa, l’Italia potrà consolidare una filiera che già oggi la vede tra i primi due produttori continentali di tecnologie termiche e meccaniche e di impianti e componenti potenzialmente utilizzabili per l’idrogeno. Alcuni settori e comparti sono più pronti e più maturi da un punto di vista tecnologico, altri – sottolinea Graditi – necessitano di adeguati sforzi ed investimenti di ricerca e sviluppo. La maturità tecnologica da sola non è sufficiente, è necessario intervenire contestualmente anche sugli aspetti normativi, regolatori ed incentivanti per traguardare i target del PNIEC e del Green Deal europeo. Il nostro Paese potrà giocare un ruolo fondamentale in questa partita, contando su una filiera industriale e centri di ricerca di rilevanza internazionale, dove risulterà centrale un indirizzo politico che sappia valorizzare le diverse tecnologie secondo il principio della neutralità tecnologica e all’interno di un’azione nazionale coordinata e integrata. La realizzazione di dimostratori su scala significativa (Hydrogen Valley) – prosegue Graditi – è senza dubbio un’azione necessaria e prioritaria. A riguardo, ENEA svilupperà nel proprio centro di ricerche della Casaccia, alle porte di Roma, una Hydrogen Valley la cui realizzazione sarà finanziata dal MiSE nell’ambito dell’iniziativa internazionale Mission Innovation. Si tratta di un insieme di infrastrutture hi-tech per la ricerca, l’innovazione e la sperimentazione lungo tutta la filiera dell’idrogeno: dalla produzione alla distribuzione, dall’accumulo all’utilizzo come materia prima per la produzione di combustibili puliti e come vettore energetico, per ridurre le emissioni di CO2 nell’industria, nella mobilità, nella generazione di energia e nel residenziale. L’obiettivo – spiega – è dar vita ad un incubatore tecnologico nazionale per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno, in collaborazione con imprese, università e istituti di ricerca, per dare la possibilità alle aziende di fare innovazione, sperimentando e validando tecnologie, prodotti e servizi in un ambiente dedicato ed integrato per favorire lo sviluppo di un ecosistema basato sull’idrogeno’.

Per rispettare l’obiettivo europeo di neutralità climatica al 2050, in Italia come dovrebbe essere suddivisa in termini percentuali la produzione di energia tra le diverse fonti di cui abbiamo parlato?

‘Per raggiungere l’obiettivo – spiga Graditi – si deve agire su più fronti attraverso azioni integrate e sinergiche: ridurre significativamente la domanda di energia soprattutto nel settore civile tramite la deep renovation e nella mobilità privata con una drastica diminuzione dei ‘viaggi a vuoto’; attuare un cambio radicale nel mix energetico a favore delle fonti rinnovabili; compensare le residue emissioni di gas a effetto serra, aumentando gli assorbimenti garantiti dalle superfici forestali e dall’eventuale ricorso a forme di stoccaggio geologico e riutilizzo della CO2 (CCS-CCU); accelerare lo sviluppo di un ecosistema ad idrogeno; favorire lo sviluppo delle comunità energetiche e la partecipazione attiva del cittadino; etc.. La transizione verso le rinnovabili deve essere anche accompagnata da una profonda elettrificazione degli usi finali e dalla produzione di idrogeno, da usare tal quale o trasformato in altri combustibili, anche per la decarbonizzazione degli usi non elettrici. Inoltre, va sfruttata al meglio la potenzialità delle comunità energetiche, in cui sono i cittadini e le imprese a produrre e condividere energia ed attuare modelli di gestione virtuosi. La produzione elettrica deve più che raddoppiare rispetto a quella attuale ed attestarsi intorno ai 600-700 TWh con una copertura da fonti rinnovabili compresa tra il 95% e il 100%, a seconda che si adotti o meno l’ipotesi di abbandono completo delle fossili sia nella generazione di elettricità che nell’industria energy-intensive. Quindi, – conclude Graditi – oltre all’eolico ed al fotovoltaico, che potrebbe raggiungere una capacità di 300 GW, tale obiettivo sarà raggiungibile soltanto anche attraverso il ricorso a tecnologie sinora poco sfruttate, innanzitutto il fotovoltaico e l’eolico off-shore, il solare termico a concentrazione e l’energia marina, investendo anche in ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico’. (Luciana Papa)