Vaccini, Case famiglia: su caregiver a Roma nessuna indicazione ad Asl

Si potrebbe risolvere questione in venti quattro ore

MAR 31, 2021 -

Roma, 31 mar. (askanews) – “Ad oggi nessuna comunicazione formale e nessun parametro preciso è stato dato alle Asl di Roma per le vaccinazioni nelle Case famiglie, a persone con disabilità o caregiver e questo malgrado un nostro telegramma inviato nel periodo natalizio al presidente Zingaretti e un incontro all’assessorato regionale competente, seguito da rassicurazioni”. Ad affermarlo è Luigi Vittorio Berliri, presidente di “Casa al Plurale”, una realtà che associa circa una sessantina di case famiglia a Roma e nel Lazio. Intervistato da Askanews, Berliri ricostruisce così la vicenda delle vaccinazioni alle persone più fragili e a chi li assiste spiegando che nella missiva ai vertici della Regione Lazio nel mese di dicembre “è stato solo fatto presente che nel piano vaccinale, semplicemente, ci si era dimenticati di includere tra le priorità anche queste realtà rivolte ai più fragili”. D. Ci descriva come si sta vivendo questo lungo periodo di pandemia nelle case che accolgono persone con disabilità o, comunque, fragili. BERLIRI – “Vorrei premettere che le Case famiglie sono realtà nelle quali si aiuta e assiste un largo spettro di persone. Si tratta, fisicamente, di appartamenti normali, semmai in condomini, con al centro persone che hanno bisogno di assistenza in quanto disabili (il cosiddetto ‘Dopo di noi’) dove non c’è più una rete familiare in grado di accudirli, ma anche bambini e adolescenti italiani (sono circa il 50%) o stranieri affidati, per varie ragioni, dai servizi sociali o mamme che vanno sostenute nelle loro maternità perché da sole non ce la fanno. In questi appartamenti, che evitano l’istituzionalizzazioni, si assicura la presenza di uno o più operatori che si turnano tutti i giorni dell’anno. Il periodo della pandemia è stato ed è molto difficile perché, al di là dell’isolamento e del distanziamento, ci sono persone che hanno bisogno di interventi che vanno dal lavaggio e dal dare fisicamente da mangiare, ad interventi più strettamente sanitari. In questo periodo di pandemia hanno faticato di più le persone con autismo o disabilità severa, persone che non riescono spesso neppure a tenere la mascherina ma che se prendessero il covid dovrebbero vivere un periodo di isolamento molto severo in ospedale. Si fa di tutto perché questo non accada con operatori al massimo dei loro sforzi ed interventi. Dopo più di un anno, le assicuro, la cosa è diventata davvero faticosissima…”.

D. – Ma di che numeri stiamo parlando in una realtà come Roma e il Lazio e, quindi, di che platea di potenziali vaccinati? BERLIRI – “Nelle case famiglia, volendo fare una media approssimata, ruotano intorno alle 10-15 persone. Queste realtà solo a Roma sono circa 480 e 600 nel Lazio e tra assistiti e operatori parliamo di circa duemila persone. Lo sforzo vaccinale, a mio avviso, sarebbe stato, quindi, minimo. Le Asl, invece, si stanno muovendo autonomamente e con criteri diversi, per ora non c’è omogeneità mentre il problema potrebbe risolversi in un solo giorno. Parlo di problema perchè, ad esempio, mi si deve spiegare come facciamo a rispettare la norma del metro di distanza quando occorre lavare o imboccare delle persone con tutte le problematiche di cui stiamo parlando”.

D. Quale è stato il grado di contagio nelle vostre realtà? BERLIRI – “Casa al Plurale raggruppa circa 60 case famiglia di Roma e del Lazio, direi il gran numero e, quindi, il nostro punto di osservazione è abbastanza buono. Posso dire che rispetto alle Rsa l’incidenza del contagio è stata molto più bassa ma ci sono stati casi di isolamento. Penso che ciò sia avvenuto soprattutto per due motivi principali, il primo è l’atteggiamento completamene diverso e il modo di lavoro e cura differente da parte dei nostri operatori. So che questi, soprattutto durante la pandemia, hanno fornito un servizio di cura che è andato ben al di là dei loro compiti e con uno spirito davvero ‘familiare’. Poi ci sono proprio le strutture che, ovviamente, hanno numeri e dimensioni completamente differenti rispetto ad una Rsa”. D. Quale spiegazione si dà dei ritardi nelle vaccinazioni? BERLIRI – “La mia analisi è doppia. Innanzitutto penso che questa pandemia, come si è detto da più parti, ha rappresentato anche una occasione per riflettere sulle ‘filosofie’ al centro delle nostre società. Io aggiungerei che ha rappresentato quasi un setaccio che ha portato a galla tante questioni. Una di queste è il concetto di cittadino e cittadinanza. La nostra bella Costituzione ci dà delle indicazioni precise. Ma negli ultimi anni la vera cittadinanza è stata coniugata con l’efficienza e la redditività o la produttività. Anche col Covid è accaduto lo stesso, anzi qualche politico se lo è fatto pure scappare. Allora il ‘bene vaccino’ è meglio darlo prioritariamente, anche secondo molti decisori, a quei cittadini che rappresentano una fonte di produttività. Ricordo solo che questa mentalità, oltre ad essere disumana, era diventata una cultura da diffondere negli anni bui del nazi-fascismo. Poi c’è il fatto che i nostri mondi non vengono ascoltati e presi in considerazione ed esclusi da quasi tutti i diversi tavoli o cabine di regia”. D. – Prospettive per il futuro? BERLIRI – “Che dire. Io sono ottimista per il solo impegno che ho deciso di assumermi. Passi avanti, comunque, negli ultimi vent’anni sono stati fatti. Chissà se proprio il Covid darà una spinta per farne di altri. Semmai a partire, nell’immediato, da una campagna vaccinale estesa”.

(di Giuseppe Cionti)