Criminalità, ridotte schiave e costrette a prostituirsi

Ordinanza in carcere nei confronti di marito e moglie nigeriani

MAR 22, 2021 -

Roma, 22 mar. (askanews) – Marito e moglie aguzzini delle ‘lucciole’. La Polizia di Stato di Modena ha eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip di Bologna su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di due nigeriani. Lui di 53 e lei 43. A loro vengono contestati i reati di riduzione in schiavitù, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e della prostituzione.

A cadere nella rete della coppia sono state di tre giovani donne connazionali, di cui una minorenne. L’indagine, condotta dalla Squadra Mobile – si spiega in una nota – ha permesso di dimostrare che la donna con il marito e con la complicità di altre persone e di familiari in Nigeria, aveva reclutato le tre ragazze per avviarle alla prostituzione a Modena, pagando loro il viaggio dal paese d’origine fino in Italia, attraverso l’utilizzo della cosiddetta “Rotta Libica”.

Una volta arrivate in Italia, per riscattare un debito contratto con la coppia di circa 30mila euro, le ragazze erano state costrette a prostituirsi, sfruttando uno stato di assoggettamento psicologico basato su credenze tribali e riti voodoo e sul timore di incorrere in conseguenze penali se si fossero rivolte alla Polizia.

Tale somma di denaro era pretesa dalla coppia per far fronte alle spese sostenute per il viaggio e l’avviamento al lavoro sulla base di un accordo economico suggellato attraverso un iniziale rito voodoo in patria. Già durante il tragitto dalla Nigeria alla Libia, la giovane era stata costretta a prostituirsi.

Una volta arrivata in Italia, aveva dovuto dichiarare falsamente di essere maggiorenne, come indicatole dalla coppia e dopo alcuni giorni di permanenza nel centro di accoglienza era stata aiutata a fuggire da un uomo, inviato dall’indagata, che l’aveva portata in provincia di Modena. Giunta presso l’abitazione della coppia, aveva poi incontrato le altre due ragazze e aveva scoperto che il guadagno giornaliero per ogni prestazione sessuale doveva essere versato alla “madame” per pagare sia il debito contratto sia le spese di mantenimento (vitto e alloggio).

Le vittime, prima di riuscire a scappare avevano corrisposto alla coppia una cifra complessiva di circa 28mila euro. Nel corso dell’indagine è emerso anche che la donna, con il concorso di alcuni suoi connazionali, aveva trasferito ingenti somme di denaro dall’Italia in Nigeria, eludendo i controlli e le normative in materia e sfruttando le attività commerciale di call center con sede a Modena.