Babaco market porta a casa frutta e verdura bocciata da supermercati

Giberti: +30% utenti al mese. In Italia 14% prodotti rimane sui campi

MAR 2, 2021 -

Milano, 2 mar. (askanews) – Lo spreco alimentare è un fenomeno che ha a che fare anche con un’idea estetica del cibo. Nella grande distribuzione la dimensione, l’aspetto esteriore di frutta e verdura sono elementi fondamentali perchè possano essere messi in vendita. Questo rappresenta un problema innanzitutto per i produttori agricoli che si vedono rifiutare prodotti di qualità solo per il fatto di non rispettare standard estetici. A dare una seconda possibilità a questi prodotti, che non hanno il calibro giusto o la buccia perfetta, ha pensato Francesco Giberti, già ideatore della app Myfoody contro lo spreco alimentare, ora fondatore di Babaco Market, un food delivery su abbonamento di frutta e verdura rifiutata dalla grande distribuzione.

“Durante il primo lockdown abbiamo visto un grande cambiamento da parte dei consumatori nel rapporto col cibo. Sempre più persone hanno iniziato ad acquistare online e a provare servizi che prima non avevano mai provato. Da lì abbiamo pensato di lanciare Babaco market e di provare a risolvere un problema che mi sta molto a cuore: quello degli sprechi che si creano a livello produttivo in agricoltura – ha detto ad askanews – Per via degli standard di mercato, tanta frutta e verdura non viene accettata dai canali della distribuzione moderna perchè non rispetta standard estetici: parliamo di prodotti troppo piccoli o troppo grandi piuttosto che di difetti sulla buccia o prodotti con forme strane. In Italia questo problema è molto importante: si stima che circa il 14% dei prodotti coltivati in un anno non venga distribuito a livello di grande distribuzione”.

Una quantità enorme di cibo che i produttori si vedono rifiutare dalla gdo e che sempre più trova nuovi canali per arrivare sul mercato. Come quello di Babaco, che nel nome richiama un frutto della famiglia della papaya, dalla forma irregolare che assomiglia a un peperone ma ha il sapore di una fragola. Un progetto che già nel nome invita ad andare oltre le apparenze anche in fatto di cibo. “Per noi è assurdo che in questo momento storico si discriminino prodotti in base al loro aspetto estetico: all’estero c’erano già aziende che lavorano su questo problema, sopratutto negli Stati Uniti, e abbiamo pensato di lanciarlo in Italia – ha raccontato Giberti – Abbiamo iniziato su Milano e notato che effettivamente tantissime persone apprezzano il concetto di non discriminare i prodotti per il loro aspetto e valutarli per il loro gusto”.

Partiti a maggio del 2020 “il primo anno abbiamo salvato 40 tonnellate di cibo e come box siamo intorno alle 2.500 al mese consegnate su Milano, Monza e una parte dell’hinterland”. Ma questi dati sono destinati a crescere e il bilancio, su meno di un anno di attività, dà ragione all’idea imprenditoriale di Giberti: “C’è un riscontro oggettivo da parte dei consumatori: cresciamo più o meno del 30% mese su mese come utenti e quindi come box consegnate. Quest’anno amplieremo sicuramente il bacino: ci sarà Torino e qualche città più piccola. Stiamo facendo un test anche nell’hinterland di Milano che sta rispondendo molto bene anche se è un hinterland molto particolare. Qust’anno ci concentriamo sul Nord poi negli anni prossimi guarderemo al centro sud”.

Per questo 2021 l’obiettivo di Babaco market è di chiudere a circa 1,5 milioni di fatturato e soprattutto di recuperare 200-250 tonnellate tra frutta e verdura che altrimenti non troverebbe mercato. Ma come funziona Babaco Market? Attualmente sono in 12 a lavorarci e tutto inizia dall’ufficio acquisti che “ha come obiettivo quello di andare a scovare quelle realtà che hanno prodotti invenduti per questi motivi. Noi compriamo direttamente dal singolo produttore: ad oggi abbiamo una ottantina di fornitori da tutta Italia”, che producono prodotti bio o anche presidi Slow food. La merce viene così raccolta in un “magazzino appena fuori Milano dove creiamo le box che vengono consegnate a domicilio”. La formula scelta è quella dell’abbonamento a una tra due tipologie di box, di cui il consumatore conosce il contenuto solo quando riceve la consegna: “C’è una più piccola che si chiama bonsai da 6 chili e una più grande da 10 che si chiama jungle. Ogni settimana, in base all’abbonamento scelto, i nostri clienti ricevono a casa la propria frutta e verdura di stagione coltivata solo da produttori italiani, quindi non ci sarà mai il pomodoro in inverno o il mandarino a giugno e non ci sarà mai la banana perchè la banana non viene coltivata in Italia. L’idea è anche quella di aiutare le persone a riscoprire la ricchezza a livello di varietà che l’Italia può dare in ambito agricolo”. Nella filosofia di Babaco Market anche la formula dell’abbonamento è un aiuto per ridurre gli sprechi “perchè ci aiuta a pianificare meglio gli acquisti. Se non ci fosse l’abbonamento bisognerebbe stockare i prodotti e ci sarebbe una quota parte che andrebbe invenduta e quindi buttata”.

Ogni tanto, riferisce Giberti, gli utenti “ci chiedono come mai il prezzo della box non è stracciato visto che sono prodotti di recupero. Il motivo è che noi a questi produttori vogliamo riconoscere il giusto per il lavoro che hanno fatto: che la carota nasca storta o dritta, dietro il lavoro è sempre lo stesso da parte dell’agricoltore e sarebbe opportunistico chiedergli di vendercelo a quasi zero. Cerchiamo sempre di garantire a chi produce un prezzo equo, è una cosa a cui teniamo parecchio”.