L’eCig come strumento per la riduzione del danno da tabacco

Il punto della ricerca scientifica a Roma

FEB 24, 2021 -

Roma, 24 feb. (askanews) – 80mila morti in Italia e 700mila in Europa ogni anno, ancora oggi sono questi i numeri che dimensionano l’impatto del tabagismo sulla società. Non ci sono più dubbi in merito all’incidenza del fumo sulla salute e alla correlazione con cancro, malattie cardiovascolari e altre gravi patologie. Ben nota anche la riduzione dei rischi causata dalla disassuefazione, che riduce del 20-25 volte la possibilità di incorrere in malattie. Tuttavia, abbandonare la sigaretta continua ad essere ancora oggi una sfida per molti tabagisti, un scoglio quasi impossibile da superare. Attualmente, uno dei temi più caldi al centro del dibattito scientifico è il concetto di “less risk”, basato sull’abbandono dell’approccio tradizionale “quit or die” a favore di nuovi metodi oggi disponibili, che consentono una gestione graduale del processo di cessazione, attraverso anche l’utilizzo dei così detti prodotti a rischio ridotto. Se ne è discusso durante l’evento digitale “La sigaretta elettronica come strumento di riduzione del rischio. Stato dell’arte della ricerca scientifica”, che ha coinvolto numerosi esperti e figure istituzionali in un confronto che ha toccato diversi aspetti della questione. La sigaretta elettronica è capace di ridurre i danni legati al fumo del 90-95%, un dato che, secondo gli scienziati intervenuti, dovrebbe fare orientare, secondo criteri scientifici, le scelte delle organizzazioni della salute pubblica e portare al riconoscimento delle eCig come uno strumento fondamentale in materia di riduzione dei danni da tabacco.

Tra i relatori dell’evento, anche il Prof. Fabio Lugoboni Responsabile Medicina delle Dipendenze – Università di Verona, secondo cui “l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il tabagismo una ‘dipendenza’, ed ecco perché smettere di fumare è spesso molto complicato. La sigaretta elettronica è al momento lo strumento più utilizzato per raggiungere tale obiettivo, tuttavia è necessario contestualizzarla/inserirla in un percorso più ampio nel quale il paziente ha bisogno di sostegno”.

Durante l’appuntamento è stato coinvolto anche il Prof. Fabio Beatrice, professore presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Torino e fondatore del Centro Anti-Fumo dell’ospedale San Giovanni del capoluogo piemontese, da sempre sostenitore della necessità di un approccio scientifico basato sulla riduzione del danno per contrastare gli effetti negativi del fumo sulla salute, del fallimento dell’approccio tradizionale “quit or die” e dell’importanza di considerare il rischio relativo di ciascuna categoria di prodotti alternativi al fumo tradizionale, descrivendone le differenze e i punti di contatto. Il Professore ha dichiarato: “In un quadro caratterizzato da una drammatica resistenza alla cessazione da parte dei fumatori e dal sostanziale fallimento delle attuali proposte di contenimento del tabagismo, si inserisce pragmaticamente la questione del fumo digitale, oggi prevalentemente rappresentato dalle sigarette elettroniche e dal tabacco riscaldato: modi diversi di inalare nicotina cercando di evitare le sostanze tossiche generate dalla combustione. Il dibattito sulla dannosità del fumo digitale è molto acceso e complesso. I decisori hanno difficoltà a comprendere come stanno veramente le cose: in uno studio dell’Istituto Pasteur di Lille finanziato dal National Cancer Institute, però, i ricercatori hanno esaminato l’aerosol derivante da sigarette elettroniche, device a tabacco riscaldato e tabacco combusto. Fatto 100 il danno causato dalle sigarette tradizionali, quello causato dalle eCig era pari a 1 mentre il danno da tabacco riscaldato è risultato pari a 23. È essenziale che, riconosciuta a monte la valenza di questi strumenti in termini di riduzione del danno da fumo, al diverso impatto sulla salute di tali prodotti corrisponda un trattamento regolatorio e fiscale proporzionale, al fine di supportare gli obiettivi di salute pubblica nazionali ed europei in modo equilibrato”.

A intervenire durante il confronto anche il Prof. Pietro Paganini – Presidente Competere, che ha presentato lo studio “Percezione e utilizzo della sigaretta elettronica fra i consumatori italiani”. “I consumatori hanno raggiunto un elevato livello di consapevolezza in tema di sigarette elettroniche, considerandole a pieno titolo potenziali strumenti di riduzione del danno da tabacco combusto. Un italiano su 3 utilizza l’eCig come strumento di parziale disassuefazione dal fumo e ben uno su 4 per smettere di fumare del tutto. Dati che fanno riflettere sul potenziale contributo dell’eCig alla lotta al tabagismo. Le istituzioni nazionali ed europee dovrebbero considerare tali dati per elaborare regole che ne incentivino l’utilizzo rispetto alle sigarette tradizionali”.

A confermare le parole del Prof. Paganini è stato anche l’intervento di Carmine Canino – Presidente ANPVU, Associazione Nazionale Consumatori di eCig: “È necessario ribadire che le sigarette tradizionali, così come i prodotti a tabacco riscaldato, contengono tabacco, mentre le sigarette elettroniche no e quindi queste ultime andrebbero regolate diversamente, anche perché in alcuni casi non contengono neppure la nicotina. Vanno abbandonati i preconcetti delle istituzioni italiane ed europee che vedono le sigarette elettroniche ed il tabacco combusto sullo stesso piano di dannosità, adottando invece un approccio basato sulle evidenze scientifiche, oggi rimarcate da autorevoli scienziati, che dimostrano il potenziale, in termini di riduzione del danno da fumo, delle sigarette elettroniche.” “La ricerca scientifica ha prodotto oramai studi affidabili e di qualità sugli effetti del vaping sulla salute umana e due dati risultano chiari: il vaping rappresenta un’alternativa meno dannosa al tabacco combusto e la sigaretta elettronica e l’uso esclusivo delle eCig sono utili per mantenere i fumatori lontani dall’utilizzo delle sigarette” ha dichiarato il Prof. Lamberto Manzoli, Direttore del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Ferrara, che ha aggiunto: “La ricerca scientifica non deve mai arrestarsi su questo tema ma le autorità nazionali ed europee dovrebbero prendere in considerazione i dati disponibili ad oggi per considerare una legislazione che tenga conto delle caratteristiche peculiari di tale prodotto”.